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Lo sport è un diritto di tutti

E’ veramente sconcertante assistere alle polemiche nate dalla dichiarazione di Roberto Mancini, ct della nazionale di calcio, per avere affermato che bisogna pensare prima di parlare e che lo sport è un diritto come la scuola e il lavoro. Aggiungerei anche che bisogna conoscere prima di parlare.

Bisogna sapere ad esempio che la sedentarietà è la quarta causa di morte e che secondo quanto documentato dalla rivista Lancet, nel nostro Paese i costi diretti di questa inattività motoria sono 906.680.000 milioni di dollari (di cui 707.210.000 a carico del sistema sanitario, 32.267.000 dei privati e 163.202.000 sostenuti dalle famiglie) mentre quelli indiretti sono 498.021.000.  Sono cifre enormi che dovrebbero obbligare la politica italiana a valutare appieno il valore dello sport. Chi ne ha la diretta responsabilità deve essere pienamente consapevole che la mancanza di attività fisica e di sport è ancora oggi un problema misconosciuto, altrettanto grave come lo sono le malattie cardiovascolari, il diabete, il cancro al seno e al colon e richiede un’azione globale a breve e a lungo termine, se non per amore di una buona salute dei cittadini almeno per ragioni di buona economia.

Va aggiunto che lo sport non è una questione collegata alla richiesta di pochi che vogliono svagarsi e a cui è stato sottratto un gioco ma rappresenta il modo per mantenere uno stile di vita fisicamente attivo e sviluppare il benessere individuale e della comunità.

A questo riguardo la sua centralità è stata ribadita da un Memorandum d’intesa firmato a maggio tra il Comitato olimpico internazionale (CIO) e l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), incentrato sulla promozione e la difesa della salute attraverso lo sport e l’attività fisica durante questo periodo.

Inoltre, se volgiamo la nostra attenzione ai giovani in età scolare e a quelli con disabilità è evidente che l’accesso allo sport non deve diventare un ulteriore modo per discriminare alcuni rispetto ad altri. Così come lo è già stato lo scorso anno scolastico per molti studenti, e le loro famiglie, la difficoltà di accesso a internet e il non possedere almeno un computer per seguire le lezioni da casa.

Anche uno studio dimostra che lo sport fa bene all’economia

Si sono appena concluse le Olimpiadi di Rio, la stagione del calcio è già iniziata, siamo alla vigilia dell’inizio dei Giochi Paralimpici e in Tv c’è poco tempo da sprecare per non perdere le migliaia d’ore di sport che vengono trasmesse. Sembra di vivere in un mondo popolato da sportivi, da individui in buona forma psicofisica. Invece, non è così perché lo sport viene molto più visto rispetto a quanto sia praticato. Non a caso la sedentarietà o inattività fisica oggi rappresenta nel mondo la quarta causa di morte, sebbene sin dal 1950 vi siano dati di ricerche che dimostrano i benefici di uno stile di vita fisicamente attivo.
Ora sappiamo anche quanto costa a ogni Stato questo modo vivere. Lancet ha pubblicato a luglio uno studio condotto in 142 Paesi rilevando che il costo globale della sedentarietà è di 67,5 miliardi di dollari. È la prima volta che uno studio economico si occupa di una popolazione così ampia, che racchiude il 93,2 di quella mondiale. Questa stima globale si suddivide in: 31,2 miliardi di spesa sanitaria, di cui 12,9 pagati dai privati (assicurazioni) e 9.7 miliardi spesi dalle famiglie, mentre 13,7 miliardi derivano dalla perdita di produttività. Secondo i dati Coni-Istat del 2014 in Italia i sedentari sono oltre 24 milioni, pari a quasi il 42% della italiani. Percentuale che ha il suo picco al Sud con il 56,2%, mentre al Nord scende al 31,7% e al Centro al 41%. La ricerca appena pubblicata su Lancet rileva che nel nostro Paese i costi diretti sono 906.680.000 milioni di dollari (di cui 707.210.000 a carico del sistema sanitario, 32.267.000 dei privati e 163.202.000 sostenuti dalle famiglie) mentre quelli indiretti sono 498.021.000.
Sono cifre enormi che devono obbligare in Italia a valutare appieno il valore del movimento: nell’elaborare le strategie e le politiche sociali di questo paese, chi ne ha la diretta responsabilità deve essere pienamente consapevole che l’inattività fisica è ancora oggi un problema misconosciuto, associato principalmente alle malattie cardiovascolari, al diabete, al cancro al seno e al colon richiede un’azione globale a lungo termine, se non per amore di una buona salute dei cittadini almeno per ragioni di buona economia. I risultati di questo studio dovrebbero servire a stimolare lo sviluppo nel nostro Paese di una politica di promozione e diffusione dell’attività motoria in ogni età, riducendo così in modo evidente i 24 milioni di sedentari.