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Come il pensare in positivo può distruggere le proprie prestazioni

Quante volte abbiamo sentito dire che bisogna essere ottimisti, che bisogna crederci che si può vincere, o che “con tutto quello che hai fatto ti meriti proprio di raggiungere un grande risultato”.

Apparentemente non c’è nulla di sbagliato a pensare in questo modo , “è così che ci si carica” dicono in molti. Dicono anche “che dovrei dirgli: di perdere? Nessuno entra su un campo per uscirne sconfitto e, quindi, si deve iniziare la gara con la volontà di vincerla, perché se neanche lo pensi come farai a ottenerla?”.

Insomma, “pensa in positivo e vedrai che accadrà quello che vuoi”.

Ebbene tutti questi bei pensieri sono sicuramente inutili e possono diventare dannosi, poiché alle prime difficoltà ed errori durante la gara, l’atleta non sarà pronto a reagire immediatamente poiché si aspetta di vincere, è cioè focalizzato sul risultato e non su quello che deve fare per ottenerlo.

“Ero pronto … e poi le cose non sono andate come avevo previsto”. Queste sono spesso le parole di chi entra con un atteggiamento troppo fiducioso e poi al termine della prestazione attribuisce a qualcosa fuori di sé il risultato, senza assumersi la responsabilità di quanto è successo.

Questi pensieri, che rappresentano le aspettative dell’atleta sulla sua gara, possono realmente considerarsi come i killer della prestazione. Sono stupiti dai loro stessi errori e dalle difficoltà che incontrano in gara e non si sono preparati un piano per reagire efficacemente a queste situazioni.

Dopo il terrore di Boston, come riprendere a correre insieme?

La maratona è un evento sportivo che unisce le persone, spettatori e atleti, nel desiderio di trascorrere una giornata di festa. Per molti correre la maratona è la realizzazione di un sogno, è l’espressione della loro vitalità, un’impresa carica di significati personali che in quella di Boston si uniscono alla celebrazione del Patriot’s day, l’inizio della guerra d’indipendenza delle colonie americane dall’impero britannico.

Leggi l’articolo su: http://www.huffingtonpost.it/alberto-cei/dopo-il-terrore-di-boston-come-riprendere-a-correre-insieme_b_3092934.html?utm_hp_ref=italy

   

http://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=pgYY5UrBcOs

 

 

 

Pistorius può andare a gareggiare all’estero?

Inizia la nuova stagione dell’atletica e il mondo dello sport è di fronte a un nuovo problema etico: Pistorius potrebbe gareggiare in un meeting se venisse invitato?  Sappiamo che è accusato dell’omicidio della sua fidanzata e che lui si difende sostenendo che pensava fosse un ladro. Da punto di vista legale il giudice che segue il caso ha detto che può uscire dal Sud Africa purchè presenti il piano di viaggio. Qualcuno lo inviterà per fare pubblicità al suo meeting? Pistorius vuole gareggiare? Il suo manager, Van Zyl, sostiene che la prossima settimana parlerà con lui e il suo allenatore del suo futuro.

Mi auguro che si faccia prima il processo.

La parabola di Pistorius da eroe a omicida

In questi anni lo sport è stato spesso fonte di illusioni e delusioni, perchè la piaga del doping e della corruzione hanno determinatola caduta di tanti campioni, evidenziando un mondo in cui spesso l’idea di “vinca il migliore” l’avevano solo gli appassionati mente i diretti interessati, gli atleti, sapevano che non era vero, perchè qualcuno  stava truccando il gioco. Ieri  a questo quadro negativo si è aggiunto un nuovo e terribile episodio che riguarda l’uccisione a colpi di pistola da parte di Oscar Pistorius della sua fidanzata, Reeva Steenkamp. Ha sparato ben quattro colpi pensando che fosse un ladro che era entrato in casa.  Da dove nasce questo istinto omicida? Perché non si sparano quattro colpi se non si vuole uccidere e lui lo ha fatto al primo sospetto; ha sparato per ammazzare, non certo per spaventare il presunto ladro. I casi di femminicidi non arrivano inaspettati, all’improvviso, ma sono preceduti da una serie di comportamenti che costituiscono altrettanti segnali di rischio e quindi possono essere analizzati e riconosciuti per mettere in moto meccanismi di prevenzione e protezione. Pistorius era molto geloso e vi sono racconti sui suoi comportamenti alterati quando è ubriaco, ma sinora non erano stati considerati così rilevanti da potere essere considerati come predittori di quanto è avvenuto. “E’ uno sport che si decapita da sé”, ha scritto Emanuela Audisio. Pistorius è finito ma è stato l’artefice del suo destino e si è  rovinato con le sue mani, mentre Reeva Steenkamp ha perso la vita per niente, a causa di un uomo che non ha voluto autocontrollarsi.

Parlare a se stessi nel tennis

Il dialogo con se stessi nel tennis è uno dei fattori che possono fare vincere o perdere una partita. Infatti, è molto frequente vedere tennisti sconsolati anche solo avere perso qualche punto, sguardi increduli sul punto dove la pallina è andata fuori e parole e parole usate per trasformarsi nel killer di stessi. Il tennis è un gioco punto su punto, in cui ambedue i contendenti sbagliano ma alla fine uno commetterà un errore di troppo che ne determinerà la sconfitta. Ogni game è un duello da cui uno dei due esce leggermente ferito; per questo effetto chi subisce di più ne esce distrutto. Ci vuole quindi una grande tenacia e forza mentale per resistere alla tentazione di mollare, questo è il bello del tennis, una lotta corpo a corpo in cui si deve lottare.