Noi siamo fatti così, bisogna darci per spacciati, dobbiamo percorrere una strada di avvicinamento piena di buche come non vincere da più di sei mesi e avere giocatori importanti infortunati (Montolivo, Rossi, Buffon fra gli altri), essere considerati come un calcio di secondo ordine e non più competitivo perché prima vengono i tedeschi, gli spagnoli e gli inglesi. A questo punto noi che non siamo considerati favoriti risorgiamo, siamo i più bravi a toglierci dall’orlo del baratro e a risalire. I nostri avversari non capiscono come ciò sia possibile, perché questo modo di fare apparentemente non è logico, per noi al contrario è un modo di essere. Sappiamo piegarci alle avversità senza spezzarci e quando ci rialziamo siamo pronti a combattere contro chiunque. La strategia consiste nel colpire quando gli avversari meno se lo aspettano. Prandelli ha organizzato una squadra che ha saputo tenere il pallone al piccolo trotto mentre gli inglesi erano più veloci nell’arrivare a rete, con un continuo contropiede sulla destra condotto da Candreva e Darmian e un finale di partita basato sul classico difesa e contropiede. Non eravamo favoriti neanche nei mondiali vinti del 1982 e del 2006 e venivamo anche allora da un periodo di grande difficoltà per il nostro calcio. Al Pacino nel film Ogni maledetta domenica nello spogliatoio dice alla sua squadra che “in ogni scontro è colui il quale è disposto a morire che guadagnerà un centimetro”. E’ una metafora efficace per spiegare la condizione mentale che l’Italia ha saputo dimostrare in questa prima partita del mondiale, uscendo dalle difficoltà in cui si è trovata quest’anno con l’organizzazione e la voglia di vincere. Ottimo, ora si tratta di continuare. Leggilo su Huffington Post.
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