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Tiger Woods: “Voglio essere meglio”

Dopo la vittoria dell’altro mese al Arnold Palmer Invitational è stato chiesto a Tiger Woods se aspirava a ritrovare il suo tocco speciale. La risposta: “Non voglio diventare bravo come una volta. Voglio essere meglio”.

Tiger Woods: umiliarsi per tornare 1°

Si potrebbe dire che sottolineare la grandezza sportiva di Tiger Woods faccia parte di quella retorica un po’ noiosa che elogia i campioni che  dopo tanti problemi personali ritornano a essere numeri 1.  E’ stato distrutto dal gossip sulla sua vita privata con la pubblicazione degli sms che si scambiava con le sue numerose amanti, ovviamante ha divorziato dando 300 milioni alla moglie, ha avuto problemi fisici, è andato in televisione a scusarsi per i suoi comportamenti scorretti con la moglie, è sceso al 59° posto del ranking mondiale ma ha voluto ricominciare. Ci ha messo 3 anni ma ora è di nuovo il primo. 

Sono convinto che si tratti di un’impresa eccezionale, perchè realizzata in uno sport individuale dove la responsabilità di ogni risultato è solo ed esclusivamente tua. Certamente Woods si era messo da solo in questa terribile situazione, ha ammesso di avere sbagliato, si è umiliato perchè non riusciva più a fare bene ciò in cui prima eccelleva. Ma non ha rifiutato la realtà, che era fatta di prestazioni insufficienti e di un lento scivolare verso il fondo, non ha rinunciato a perdere sotto gli occhi di tutti i suoi tifosi, sponsor, media. Ha dimostrato che non era più il Tiger Woods vincente ma un altro giocatore che non solo non vinceva più un torneo ma che era retrocesso di 60 posizioni. La grandezza sportiva e umana sta proprio in questo, nel non avere rinunciato a umiliarsi e nel non avere rinunciato a allenarsi per ritornare a essere chi era. Questo non è avvenuto in poco tempo, sono stati necessari tre anni, ma ora è di nuovo il numero 1. Adesso potrebbe ritirarsi perchè ce l’ha fatta a resuscitare oppure continuare per battere nuovi record, dipende solo dalla sua voglia di grandezza.

Funziona il Piano di Dan per diventare golfista

Continua con successo l’esperienza di Dan McLaughlin che senza avere mai giocao prima a golf, nell’aprile 2010 ha lasciato il suo lavoro di fotografo per perseguire il suo sogno di diventare un professionista del golf grazie a 10.000 ore di allenamento, che lui raggiungerà a ottobre del 2016. Il bello di questo programma è che si può seguire sul suo sito e attualmente dopo quasi tre anni ha raggiunto 5,9 di handicap. E’ una storia incredibile che mette alla prova la teoria di Anders Ericssson secondo cui sono necessarie 10.000 ore per diventare esperti in qualsiasi attività. E’ una storia così incredibile che Dan nel suo sito propone: “Vuoi imparare come creare il tuo Dn Plan?  Inizia da qui e ti manderemo i cinque passi con cui lanciare il tuo Dan Plan”.  

Mi sembra una grande idea perchè sostiene l’idea che per diventare veramente esperti è solo questione di tempo e di seguire un programma adeguato.

Vai a:  http://www.thedanplan.com/

 

L’allenamento mentale degli adolescenti

In questo ultimo anno ho ricevuto molte richieste di lavorare con adolescenti per prepararli dal punto di vista mentale ad affrontare le gare. Mi sembra uno sviluppo positivo, poichè sta a indicare che in alcuni sport individuali vi è la consapevolezza dell’importannza dell’allenamento mentale anche nell’attività giovanile. Questo è avvenuto in relazione a tre sport: il tiro a volo, il golf e il tennis; discipline in cui i genitori devono per forza investire economicamente sui loro figli se vogliono che facciano esperienze agonistiche e di allenamento efficaci. Basti pensare ai 30 tornei di tennis annuali a cui un giovane deve partecipare, piuttosto che al costo di fucile, cartucce e piattelli nel tiro a volo o al costo per partecipare ai tornei di golf e per allenarsi con un bravo maestro.

Diventa così evidente che percepita da parte dei gentirori l’esigenza del mental coaching, l’investimento economico diventa una delle voci di spesa che i genitori devono affrontare. Dico questo perchè è molto raro che una federazione sportiva, invece, investa sull’allenamento mentale nella fascia d’età juniores (che sarebbero i suoi talenti). Mental coaching che quando si ha 14-17 anni equivale alla formazione di quell’approccio mentale che è utile per fare bene. Ad esempio, imparare in questa età ad avere un dialogo positivo con se stessi è assolutamente più facile che quando si sarà adulti, ed educa mentalmente il ragazzo o la ragazza a sapersi incoraggiare, ad affrontare le difficoltà con maggiorer serenità, o a correggersi in modo positivo e senza insultarsi.

Mi chiedo perchè questa abilità psicologica così importante nella vita di ogni essere umano debba essere insegnata solo in età adulta, e molti poi neanche la imparano. E’ possibile che il limite dei ragazzi sia rappresentato da coloro (dirigenti e allenatori) che dovrebbero essere i loro insegnanti?

La sfida impossibile di Phelps

La sfida impossibile per Phelps è andare alle prossime olimpiadi come golfista. E’ questa l’ultima battuta dell’atleta che ha vinto più medaglie ai giochi olimpici. Non credo che Phelps  voglia veramente sfidarsi su questo terreno. L’impresa potrebbe comunque essere non impossibile. Infatti se Phelps volesse potrebbe allenarsi  e giocare complessivamente per 1500 ore all’anno per il prossimo quadriennio.  Come sappiamo per diventare un atleta di alto livello servono 10.000 ore di allenamento, ma a Phelps potrebbe essere sufficiente un numero minore di ore poiché la sua preparazione fisica e l’abilità a fronteggiare lo stress delle competizioni fanno parte del suo bagaglio di nuotatore e che dovrebbero essere mantenute ma non certo acquisite come novità. In altri termini, il trasferimento di talento da uno sport all’altro consente all’atleta di risparmiare quelle migliaia di ore che sono state necessarie per imparare a allenarsi, per accettare la monotonia di alcuni allenamenti, per imparare a sentirsi fiduciosi anche in situazioni di elevato stress agonistico o per essere in grado di ripetere in gara quello che si è fatto in allenamento. Phelps conosce bene tutto queste situazioni. Il problema è un altro e riguarda la sua motivazione: dopo tutto quello che ha fatto nel nuoto ha ancora voglia di spendere 1500 ore all’anno all’allenamento. Non ultima questione riguarda la concorrenza degli altri golfisti americani, in primis Tiger Woods, riiscirà Phelps a trovare un suo spazio fra questi campioni?

E’ la testa che comanda!

Tiger Woods rappresenta lo spot migliore per gli psicologi dello sport, poichè è l’esemplificazione di quanto la mente sia decisiva per vincere e che la tecnica da sola può solo creare illusioni ma non basterà mai se non è associata all’autocontrollo personale. Non deve esser affatto semplice per un campione come Woods accettare che il crollo della prestazione possa avvenire da un momento all’altro, riportandolo a essere solo un bravo giocatore come tanti altri. Per un fuoriclasse abituato a fare quello che vuole sul campo da golf, con più di 70 tornei vinti, di colpo (in seguito alla storia della separazione dalla moglie) non essere più se stessi può creare anche problemi d’identità, perché non sei più quello che eri. Un po’ come quegli artisti che non sono stati più capaci di ripetere i loro capolavori perché erano diventati alcoolizzati.

Perdere per un colpo

Al torneo  “Johhny Walker” del tour europeo di golf,   l’inglese Mark Foster, dopo essere stato al comando per tutto il giorno e in vantaggio di un colpo su altri quattro giocatori sino alla penultima buca, ha fatto bogey all’ultima. Pertanto in cinque sono andati a pari merito a giocare il playoff. Il primo ad essere eliminato dal playoff, giocato sul par 5 della buca numero 18, è stato Bernd Weisberger. Dopo l’austriaco quindi Pablo Larrazabal, anche lui eliminato da un bogey. Quindi una buca senza eliminazioni (per i tre in gara tre birdie) e l’eliminazione per bogey di Mark Foster. La conclusione del torneo è arrivata quindi alla quinta buca di spareggio, quando un birdie ha consegnato a Thomas Bjorn la vittoria. Per Foster si è trattato di perdere la gara all’ultima buca, un solo colpo sbagliato e si è ritrovato in compagnia di altri quattro. E poi lo spareggio in cui a ogni errore corrisponde l’eliminazione. Questo è il golf, dopo vari gioni di gara per un colpo sei dentro o fuori, primo o quinto, vinci centinaia di migliaia di euro o quasi niente. Sono 8 anni anni che Foster non vince un torneo. Come starà oggi?

Tutti possono sbagliare

Il giovane campione italiano di golf Manassero è partito male all’ultimo torneo con tre bogey e un triplo bogey, cioè con un colpo in più in tre buche e ben tre nella quarta. Questo dato fa emergere in modo evidente che per nessuno è scontato fare bene, anzi come dicono sempre gli atleti “sono più la gare che si perdono che quelle che si vincono”. Questa è buona notizia, nonostante a Manassero non abbia di certo fatto piacere, perchè ancora una volta conferma che nello sport non c’è mai nulla di scontato e che ogni gara è una storia diversa che bisogna sapere interpretare. Meno male altrimenti pensate che noia per loro che giocano e per noi che li guardiamo.

Un nuovo campione italiano

Matteo Manassero, 17 anni, è il più giovane vincitore nella storia del golf di una prova del tour europeo. Gli viene riconosciuta una notevole freddezza durante il gioco, che appare anche nelle dichiarazioni quando dice “non ho l’età per bere, non posso ancora guidare e non mi compro un’auto, e non ho una ragazza a cui fare un regalo”. Complimenti!

Golf e squadra

“Il golf è uno sport individuale, qui invece giochi per la squadra e questo mette una pressione pazzesca” Ha detto McDowell, golfista della squadra europea alla Ryder Cup.