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L’alibi della stanchezza

Fatica è una di quelle parole con mille significati, che solo ogni tanto vuole dire essere stanchi, mentre nella maggior parte delle altre serve a nascondere le ragioni di una prestazione non soddisfacente. Durante questo turno di campionato le prime in classifica hanno raccolto due pareggi e due sconfitte e non certo perchè erano stanche, giacchè è la seconda partita dopo un lungo periodo di vacanza. Se ciò è vero le motivazioni sono quindi altre. Forse per la Juve è la mancanza di abitudine a vincere quando è necessario. Per il Milan la partita era difficile ma i tormentoni su Pato non hanno aiutato ed è stato un errore, a mio avviso fare giocare un calciatore sino al giorno prima distratto da altre questioni. Per il Napoli si è posta la questione che Mazzarri aveva sollevato: la necessità di essere più aggressivi in campo. Per l’Udinese si evidenzia la difficoltà a tenere il ritmo avuto sinora, che è anche un ritmo mentale. Queste spiegazioni non centrano nulla con la fatica o con altre spiegazioni tecniche, si tratta come al solito di guardare alla mente della squadra e di sapere come fare per uscire dallo stress che essere le prime della classe comporta. Oggi stavo con due atleti che fra tre giorni hanno una gara molto importante per loro perchè potrebbe qualificarli per la prima volta per le olimpiadi. I loro pensieri erano del tipo: faccio errori stupidi, penso agli avversari, oggi non sono come vorrei. Avrebbero continuato all’infinito in questo loro atteggiamento convinti che non ci fosse nulla da fare. Parlando con ognuno di loro gli ho fatto notare che non era questo il loro problema, che non avevano nessuna importanza i pensieri che avevano e che non si può controllare cosa si penserà fra un istante. Dovevano invece lottare per eliminare questi pensieri, sostituendoli subito con altri utili a fare bene ciò che dovevano fare. Così hanno fatto e le loro prestazioni successive sono state ottime. Questo è il punto, non importa se sono stanco, può essere, ciò che conta è impegnarsi per mantenere la concentrazione su ciò che devo fare in campo, Questo deve fare ogni calciatore, finchè pensa che è stanco non combinerà più nulla.

Il Barcellona ha di nuovo vinto

1. Il Barcellona ha vinto anche il mondiale per club. Il secondo goal è venuto dopo 90 secondi di possesso palla e 33 passaggi, tutto questo dando un’impressione di facilità e normalità. 80% di possesso palla a suo favore.
2. I giocatori del Barcellona sono sempre gli stessi, come mai non subiscono vistosi cali  di prestazione dovuti alle numerose partite; cosa che invece viene continuamente ripetuto per le squadre italiane? Essere dei fuoriclasse non implica per forza giocare bene sempre.
3. Una spiegazione: forse si divertono giocando? Forse sono così concentrati sul loro mantra “Prendi la palla, passa la palla” che non hanno altri pensieri inutili.
4. Forse quando il goal non è tutto e ci si prende del tempo per aspettare il momento per provarci, domina la ricerca della migliore posizione per prendere e passare la palla, in tal modo il tempo trascorre con un’unica idea per la mente e tutti si muovono in modo sincrono, cosicchè la stanchezza viene condivisa e 45minuti sembrano più corti e meno stancanti.                                                                                                                                                                                                                                5. In una finale di mondiale di club come si fa a pensare e, soprattutto a agire, spostando dalla mente l’idea che il goal non è tutto e che bisogna invece aspettare il momento e nel frattempo “prendi la palla, passa la palla”  in modo incessante?                                                                                                                                                                                                                             6. Il Barcellona è la dimostrazione provata di cosa voglia dire, per una squadra che gioca per vincere, essere concentrati sulla prestazione da fornire, come si gioca e non sul risultato da ottenere.

La “seconda onda” nella corsa di lunga distanza

La “seconda onda” è un fenomeno tipico della corsa di lunga distanza, ma che è applicabile a ogni situazione della vita. Si manifesta nelle situazioni in si ritiene di avere consumato tutta l’energia di cui si disponeva e , invece, improvvisamente si trova la forza per continuare. E’ certamente qualcosa che è capitato anche a me quando durante la 100km del Passatore, di colpo a partire dal 75km ho avuto la certezza che avrei terminato la corsa e ho trovato l’energia per correre il più veloce di cui ero capace sino al traguardo, senza preoccuparmi più del percorso. La “seconda onda” è stata per la prima volta descritta nel 1906 William James nel discorso tenuto all’American Philosophical Association e intitolato “L’Energia dell’Uomo”:
“L’esistenza di una riserva di energia che abitualmente non è disponibile ci è molto familiare nel fenomeno della “seconda onda.” Di solito ci fermiamo quando incontriamo questa bugiarda, chiamata, fatica. Abbiamo camminato, giocato o lavorato abbastanza e desistiamo. La quantità di fatica è un ottimo ostacolo … Quando invece una necessità inusuale ci pressa a continuare, succede qualcosa di sorprendente. La fatica cresce sino a un certo punto, poi gradualmente o improvvisamente scompare e noi siamo più freschi di prima. Abbiamo evidentemente stappato un livello nuovo di energia …”

Una bici sana è possibile

Consiglio questo splendido articolo di Eugenio Capodacqua da cui stralcio: “Il sorriso è la gioia di esserci, di partecipare, al di là e al di sopra di noiose ed alienanti classifiche che sottolineano il più delle volte un finto dilettantismo sconfinante facilmente nella farmacia vietata e nell’imbroglio. Perché qui, all’Eroica non conta in “quanto” la fai, ma conta “farla” e basta. Esserci, appunto. Una rarità nell’inferno ultra competitivo delle altre manifestazioni e che, proprio per questo, attira sempre più appassionati. C’è Gianni il meccanico con gli occhiali a forma di bici; c’è Domenico il “professore” noto chirurgo romano, ci sono Gianluca, Giorgio, Giuseppe, Mario agguerriti avvocati capitolini, c’è Roberto il “conte” , ormai più pedalatore che imprenditore, c’è il giornalista, lo studente, l’impiegato, l’operaio. Un mondo intero che attraverso il severo filtro della fatica riscopre valori dimenticati.” Da: http://www.repubblica.it/sport/ciclismo/index.html

Le frasi che contano

Josefa Idem è un mito e una leggenda dello sport mondiale. E questo senza retorica. Questa è una delle frasi di sport più belle che abbia mai letto alla domanda “Si vince con lo spirito?” “Serve ma non basta, il resto è soprattutto fatica. E’ l’altro messaggio che mi onoro di potere diffondere: noi siamo orgogliosi di svolgere bene il nostro lavoro. Ecco, penso che oggi ci sia una mancanza di filosofia del fare al meglio le cose, si sia persa quella fierezza della competenza e dell’impegno di una volta. Inutile rassegnarsi alla crisi economica, meglio attrezzarsi e diventare più bravi degli altri. Etica del lavoro, dico troppo?” (Dall’intervista di A.Retico, la Repubblica, 22/08/2011)

La mentalità delle squadre

Stiamo per pubblicare uno studio sulla mentalità delle squadre di calcio. Questa idea è nata dall’affermazione assai comune secondo cui: “tutte le squadre di tizio giocano in quel modo, hanno quella mentalità”, ma non vi sono studi che abbiano voluto verificare cosa sia questa mentalità. Abbiamo pensato che le reti segnate possano rappresentare un indice valido per mettere in luce questo atteggiamento: è noto che nel secondo tempo vengono effettuate più reti che nel primo, ma anche in questo caso si sprecano le interpretazioni che pongono al centro la fatica ma nessuna parla degli aspetti mentali del gioco. A breve racconterò più nel dettaglio i risultati che stanno emergendo.