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I numeri da rispettare per eccellere

Lo sport si compone di statistiche che permettono di spiegare il livello di forma di un atleta, piuttosto la qualità del suo gioco e delle su prestazioni. Da psicologo dello sport voglio fornirne alcuni per mettere in evidenza cosa bisogna fare per aspirare a cotruirsi una mentalità vincente:

  • 3 – sono le chiavi del successo: impegno e dedizione, famiglia e amici, allenatori eccellenti.
  • 4 – sono le abilità psicologiche di base: imparare dall’esperienza, rilassarsi, self-talk positivo e ripetere mentalmente.
  • 6 – sono le fasi della carriera dell’atleta: divertirsi muovendosi, imparare a allenarsi, allenarsi ad allenarsi, imparare a competere, imparare a vincere, ritiro e passaggio di carriera.
  • 7 – sono le abilità psicologiche avanzate: goal setting, gestione dello stress, concentrazione, gestione della gara, valutazione delle prestazioni, gestione della vita extra-sportiva, rapporto allenatore-atleta.
  • 700 – sono le ore di allenamento di un atleta junior.
  • 1.200 – sono le ore di allenamento annuali di un atleta di livello assoluto.
  • 10.000 – sono le ore necessarie per diventare atleti esperti.
  • molte migliaia – sono gli errori commessi da accettare.

 

C’è molta eccellenza nello sport italiano

Si parla continuamente dell’eccellenza italiana nella moda, cibo, arte e si parla meno delle eccellenze presenti nello nostro sport. I giornali italiani, a partire da quelli sportivi, sono piegati alla volontà del calcio la cui potenza mediatica partecipa a uccidere gli altri sport. Pagine per il resuscitato Totti, dibattiti se è da nazionale, e poche righe o al massimo una colonna, per Vanessa Ferrari che vince a 23 anni l’argento ai mondiali di ginnastica o per Giovanni Pellielo che vince per la quarta volta il mondiale di tiro a volo a più di quaranta anni. Sono solo gli ultimi esempi di come la cultura sportiva non interessa se non nei giorni delle olimpiadi. Mentre dobbiamo interessarci del calcio impazzito dominato in molte città da tifosi violenti.

C’è relazione tra eccellenza e talento?

Si parla spesso di talento come di qualcosa fortemente collegato all’eccellenza delle prestazioni. Spesso parlare di talento serve invece come criterio per eliminare degli atleti, perchè secondo qualcuno non lo posseggono oppure viene utilizzato per cercare il pelo nell’uovo scordandosi dell’importanza dell’uovo. A questo riguardo il pensiero di un campione come Michael Phelps può servire a riflettere su quanto l’atteggiamento mentale dell’atleta sia l’aspetto decisivo per allenarsi a fornire prestazioni eccellenti.

“Le persone dicono che ho un grande talento, ma la mia opinione è che l’eccellenza non ha nulla a che fare con il talento. Riguarda invece in che cosa scegli di credere e quanto sei determinato a crederci. La mente è più potente di ogni altra cosa”. Michael Phelps

Il perfezionismo positivo

Leggo un’intervista a Spielberg e a Jackson il produttore del film su Tintin dove si afferma: “Probabilmente abbiamo speso due o tre anni di lavoro per realizzare ogni particolare nuance e sottigliezza del volto di Tintin. Steven e io abbiamo avuto lunghe video conferenze con il team dei disegnatori … chiedendo loro “Gli occhi possono essere del 15% più piccoli? Le sopracciglia possono essere un po’ più basse?” Queste sono richieste di perfezionismo del regista e del produttore e che in questo modo sono state soddisfatte. E’ un perfezionismo positivo perchè si è concretizzato in un risultato efficace. Un altro aspetto di questa ricerca è che richiede tempo, bisogna provare e riprovare e poi provare ancora. Nel frattempo si presentano degli ostacoli, ci sono fasi che sembrano insuperabili, poi viene il giorno in cui il puzzle si compone e si giunge alla soluzione. Gli atleti, quelli bravi, fanno lo stesso, ripetono migliaia di volte le stesse azioni con qualche piccola modifica fino a quando “appare” il movimento ottimale per loro stessi. A quel punto ci si allena per ripeterlo, entrando così nella fase chiamata della “disponibilità variabile” in cui l’azione può essere avviata e condotta a termine indipendentemente dalle caratteristiche della situazione agonistica. Solo così si raggiunge l’eccellenza.

L’eccellenza è un’abitudine

Aristotele diceva che “Noi siamo ciò che facciamo costantemente. L’eccellenza quindi non è un atto ma una abitudine.” In semifinale vincerà la squadra che si sarà più allenata a gestire lo stress agonistico e a lottare in ogni momento di gioco fino alla fine, indipendentemente dal risultato parziale che si andrà manifestando.