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Persone o macchine da medaglie

Il nuovo scandalo del doping nell’atletica e il dubbio che il prossimo vincitore del Tour de France sia dopato rappresentano fatti e domande che portano alla distruzione dello sport. Noi appassionati guardiamo i “nostri” atleti, per un attimo facciamo il tifo per loro ma subito dopo ci chiediamo se ciò che guardiamo è vero o se stiamo guardando dei truffatori. Forse è per questo che ci siamo tanto entusiasmati per le paralimpiadi Londra, perchè dentro di noi non concepiamo, ancora, la possibilità che siano dopati. Che fare allora? Sostenere che bisogna abolire la lotta al doping come alcuni dicono? No di certo! Una prima risposta potrebbe essere di non lasciare soli i giovani che fanno sport, soli con allenatori, genitori, medici o dirigenti che possono convincerli a fare scelte sbagliate. Parlerei con questi giovani e gli direi di parlare di questo grande problema che è il doping e di quali sono le ragioni per cui si può cadere in questa trappola e che cosa gli serve per essere convinti che si può vincere anhe senza farsi del male. Bisogna parlare e parlare e parlare senza lasciare mai lasciare sole le persone con i propri fantasmi e con le suggestioni che persone disoneste possono prospettargli. Sono convinto che nessuna organizzazione dello sport abbia mai agito in questo modo, perchè per loro è solo importante dire non dopatevi perchè fa male alla salute e perchè incorrete in un reato penale. Ma nessuno che s’interessi delle paure dei giovani e dei fantasmi che li agitano. Continuiamo pure con questa visione solo biologica dell’atleta ma non possiamo più nasconderci dietro il “te lo avevo detto” perchè come diceva De André “continuate pure a credervi assolti siete per sempre coinvolti”.

I nuovi scandali sul doping in atletica

Impresa e atletica si somigliano: non basta andare più forte degli altri bisogna anche avere un’etica. Gli ultimi casi di doping insegnano, leggilo su http://huff.to/12VdYSC

 

Il doping domina nelle notizie di sport

Il doping domina sui media perchè è troppo diffuso nello sport. Solo negli ultimi giorni le notizie più clamorose:

  • condanna di 3,6 anni al marciatore Schwazer,
  • richiesta di pagamento di una multa di 150 milioni di dollari da parte del Ministero della Giustizia americano a Amstrong
  • lo sprinter olimpionico americano Crawford è stato sospeso per due anni dalle corse
  • 15 cavalli dello sceicco Maktoum sono stati trovati positivi al doping e il loro allenatore, Al Zarooni, è stato squalificato per 8 anni
  • lo Spelman College ha abbandonato lo sport agonistico anche a causa della diffusione del doping e della corruzione

Il doping è un inganno sociale

Il doping può essere definito come un inganno nei confronti della società, perchè è un comportamento diretto a ledere con l’inganno un diritto altrui, che è quello di competere alla pari. Distrugge lo sport rendendo inutile l’applicazione delle regole e il valore dell’impegno personale.

Non ci sono più pasti gratuiti

“Non ci sono più pasti gratuiti” titola il Corriere della Sera. Non abbiamo mai pensato che questa è proprio la regola dello sport? “Se non sei grado di competere è meglio che stai a casa”. Detto così è brutale, ma è la realtà. Anche nel nostro sistema tanto criticato, però vi è un’organizzazione, il Coni, che spinge per mettere gli atleti nella condizione di vincere, cioè di essere competitivi. Sono il primo a dire che questo ruolo potrebbe essere svolto in modo migliore. Però c’è e si chiama Preparazione Olimpica che fornisce finanziamenti a progetti che hanno lo scopo di realizzare programmi che promuovono i nostri talenti nel mondo delle prestazioni agonistiche di livello mondiale.

Nello sport non ci sono pasti gratuiti: o vinci o perdi, sarà duro ma è così e devi combattere anche contro quelli che scelgono le scorciatoie: il doping. Nella politica la regola è invece diversa: si vota sulla promessa (toglieremo l’IMU, daremo posti di lavoro) e molti ci credono e si fiondano a votare per quel partito. I nostri partiti dovrebbero imparare dallo sport, finanziando idee e progetti che promuovono la competitività. Devono dire cosa vogliono fare per i giovani che sono disoccupati, per le aziende che non hanno credito dalle banche e che non sono pagate dalle banche e così via.

Lo sport ci insegna che le proposte devono essere percepite come semplici e realizzabili e non difficili e burocratiche. Ogni persona deve percepirle come realizzabili anche se non ha la raccomandazione, perché verrà valutato per le sue competenze e non per le amicizie. Competenze e imprenditorialità sono alla base della competitività. Familismo e raccomandazione sono invece le regole che conducono alla corruzione. I partiti devono decidere da che parte stare. Usino le regole dello sport e avranno la soluzione a questo dilemma, con la consapevolezza che si sta facendo di tutto, vedi doping, per distruggerlo.

Doping che in economia è un modo di procedere noto da tempo immemorabile, e che comporta il fare apparire per vero (ad esempio la riduzione delle tasse o i falsi in bilancio) ciò che nella realtà è falso. Vi prego non promettete ma dite quello che farete per aumentare la competitività dell’Italia, perché il problema non sono le tasse, ma come guadagnare i soldi per vivere in benessere.

(da http://www.huffingtonpost.it/alberto-cei/la-competitivita-e-assente-lo-sport-puo-insegnarla_b_2648227.html?utm_hp_ref=italy#comments)

Le regole del successo nel caso Amstrong

Circa 50 anni fa due illustri studiosi Jurgen Ruesch e Gregory Bateson parlando del significato del successo nella cultura nordamericana hanno scritto:

“Il fine giustifica i mezzi, e il successo assolve le azioni malvagie e disoneste. Se si profila una possibilità, essa viene automaticamente avvertita come una sfida, anche se rispondere a questa sfida potrebbe portare a trasgredire la legge; ma se un individuo viene colto sul fatto mentre si serve di scorciatoie illecite è considerato un fallito. L’importante quindi non è ciò che fa ma il fatto che gli altri gli permettono di farla franca” (La matrice sociale della psichiatria, 1976, p.136).

E più avanti:

“Il popolo americano possiede una ricca mitologia di persone che hanno ragiunto il successo: i miti di Ford, Rockefeller e Carnegie idealizzano la libera iniziativa e la possibilità della pesona povera di diventare ricca e potente. Questa ammirazione per il successo va però di pari passo con la condanna delle attività disoneste dei furfanteschi magnati dell’industria. Il pubblico è tuttavia pronto a chiudere un occhio sui discutibili modi di agire di una persona di successo se il suo comportamento è in seguito temperato da opere buone, offerte per beneficenza, stanziamenti per fondazioni e altre istituzioni pubbliche”. (p.137)

Quindi si truffa o nel caso di Amstrong ci si dopa perchè c’è l’opportunità. L’importante  è non essere presi e lui c’è riuscito per tutta la sua carriera. Ora per non essere considerato un fallito (e magari fallire anche finanziariamente) ha deciso di ammettere quanto aveva negato sino a quel momento. Non c’è nessun ravvedimento in questa confessione fatta nell’intervista televisiva, solo la constatazione pubblica di quello che ha commesso e di quanto la condanna gli è costata (75milioni in un giorno). Neanche i suoi sponsor sono stati interessati a sapere se era un ciclista pulito, perchè per loro ciò che contava era il ritorno dell’investimento (vedi articolo di Claudio Gatti: http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2013-01-15/caso-armstrong-doping-213438.shtml ). Anche per loro l’importante è che il loro atleta vinca, se poi verrà scoperto potranno anche fare bella figura mostrandosi indignati.  Forse l’unico momento in cui Amstrong è in difficoltà è quando sta con i suoi figli a cui ha dovuto dare spiegazioni che coinvolgono gli affetti personali e verso i quali ha la responsabilità del padre che deve per primo seguire le regole se vuole che anche loro imparino a rispettarle.

http://www.repubblica.it/sport/ciclismo/2013/01/21/news/i_miei_anni_con_armstrong_brutta_favola_del_ciclismo-50962378/?ref=HRERO-1

Bettini: bisogna rifondare il ciclismo

Il ct della nazionale di ciclismo Paolo Bettini ha detto in un’intervista a Eugenio Capodacqua (pubblicata oggi La Repubblica) che lascerebbe questo ruolo per un altro che gli consentisse di lavorare bene con i giovani. In sostanza afferma che i giovani sono nauseati da allenamenti non adeguati a loro, da genitori ossessionati dai soldi e dalle organizzazioni sportive che chiedono di raggiungere risultati a ogni costo. Mi sembra evidente come questo approccio non sia altro che l’anticamera del doping e che nel contempo allontana dal ciclismo quei giovani che non accettano questo tipo di cultura sportiva. Bettini esprime il suo pensiero con molta chiarezza: “Non si può obbligare un ragazzino a fare allenamenti di 4 ore e mezza e poi palestra, sacrifici, privazioni. Ho visto tabelle junior uguali a quelle di un prof. Il risultato? La nausea”.

E’ altrettanto chiaro sulle proposte da realizzare: “Le cose da fare si sanno: la scuola, il reclutamento, l’avvio graduale, il rifiuto del risultato ad ogni costo. Ma al momento di metterle in pratica c’è sempre qualcuno che si oppone e dice – perché cambiare se abbiamo fatto sempre così? −”. Troppo facile replicare a queste persone che è proprio perché si è fatto sempre in questo modo che il ciclismo è diventato uno degli sport meno puliti.

Complimenti a Bettini per avere detto che ai giovani serve altro e che il ciclismo italiano deve cambiare. Gli psicologi dello sport saranno certamente al suo fianco nel sostenere questa battaglia di cultura sportiva.

Nevrosi e sport

Mi è stato chiesto come nasce la nevrosi da sport. Come ogni comportamento e stato d’animo anche quelli che limitano in modo significativo la vita di una persona derivano dalla distanza che si percepisce tra le proprie aspettative e le caratteristiche della situazione che si deve affrontare. Se la convinzione personale è ridotta e si deve “per forza” fornire una determinata prestazione per essere efficaci, allora a questo punto è possibile che insorga un disturbo psicologico. L’ha scritto Thorpe, il nuotatore, di odiare l’allenamento ma nel contempo era costretto a cercare dentro di sè la convinzione per allenarsi con l’intensità necessaria a vincere nuovamente le olimpiadi. L’ha scritto molto bene Agassi, quando durante le partite decideva che avrebbe perso perché non era più in grado di continuare a giocare bene, perché odiava il tennis. L’ha detto Schwazer, quando ha affermato di essersi dopato perché non ce la faceva più a reggere il ruolo che aveva e che tutti si aspettavano che continuasse a svolgere. Questi sono i rischi a cui vanno incontro coloro che vivono lo sport come unica forma di realizzazione, una situazione estrema che li allontana dagli altri, con cui spesso non condividono le loro paure. Così si isolano e la loro mente diventa una prigione e doping, alcool e droghe possono diventare con troppa facilità gli unici amici.

Huffington Post Italia

Oggi è uscito il primo post su L’Huffington Post Italia, argomento  ”Il sistema Lance Amstrong per vincere dopandosi”: http://www.huffingtonpost.it/

 

Amstrong: il sistema-doping

Kathy Lemond, moglie dell’ex ciclista americano Greg Lemond è tra le persone che hanno accusato il team di Armstrong. Sotto giuramento ha dichiarato che la Nike avrebbe dato 500.000 dollari nel 2006 a Hein Verbruggen, ex-presidente dell’Uci (Unione ciclistica internazionale), per coprire la positività di Armstrong in un test antidoping. Kathy Lemond ha riferito che Julian Devries, un meccanico del team del texano e un tempo amico del marito, le avrebbe detto del versamento di mezzo milione di dollari diretto a Verbruggen, tramite un conto bancario svizzero. L’accusa sostiene che i soldi servirono a impedire la diffusione dei risultati di un test antidoping del 1999 al quale Armstrong era risultato positivo. Questa notizia è stata pubblicata ieri dal New Daily News (http://www.nydailynews.com/sports/i-team/protesters-demand-nike-cut-ties-disgraced-armstrong-article-1.1185339#ixzz29Xv4o5zT).

Nello sport, il doping si è affermato proprio a causa dell’approccio secondo cui la ricerca della vittoria giustifica l’utilizzo di qualsiasi mezzo per ottenerla, e chi fosse contro questa idea: “vuol dire, allora, che non vuole vincere”.  Per vincere però non basta la volontà di un singolo (Amstrong) disposto a organizzare la truffa, serve costruire un’organizzazione che si muova nello stesso modo e che condivida l’uso del doping come sistema per vincere.  Naturalmente maggiore è il carisma e l’autorevolezza dell’atleta,  maggiore sarà la sua influenza su tutta l’organizzazione e più difficile sarà per i suoi compagni di squadra  astenersi dal doping.  Per consolidare questo sistema servono delle forti alleanze e collaborazioni con altre organizzazioni, ad esempio quelle sportive o del business sportivo. Ecco allora che la notizia dell’eventuale coinvolgimento della Nike e dell’ex-presidente dell’Uci potrebbero costituire questo ulteriore pezzo del puzzle. Amstrong non era solo in questa sua avventura e ora stiamo finalmente scoprendo chi erano i suoi alleati.

Per saperne di più sulle truffe: Alberto Cei, I Signori dei tranelli. I meccanismi della frode finanziaria e sportiva.  www.francoangeli.it/Ricerca/Risultati_ricerca_avanzata.ASP