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Juventus: il fallimento del progetto della dirigenza

La Juventus attuale diventerà un caso di studio. Servirà spiegare come si può passare dal vincere 10 scudetti consecutivi, essere finalista in Champions League alla situazione di oggi in cui la squadra non riesce più a vincere una partita.

Il piano strategico sviluppato dal dopo Allegri degli scudetti consecutivi è stato evidentemente sbagliato. I propositi erano di cambiare l’atteggiamento della squadra verso una formazione più propositiva e più simile a quello dell’élite europea. Non si è affrontata però la questione in modo razionale e sistematico. Capisco che non sia semplice ma lo si deve pretendere da professionisti che guadagnano milioni di euro per svolgere questo lavoro. Chi è stato il manager del progetto e quali erano le sue proiezioni a 3 anni in base all’impostazione di questo cambiamento?

I giocatori sono, a mio avviso, l’ultimo problema. Il primo dovrebbe essere come valorizziamo le risorse che la società mette a disposizione per questo cambiamento? Quanto tempo daremo all’allenatore che verrà di guidarlo? Quali sono gli errori che dovremo evitare sin da subito? Cosa potrebbe andare storto e per quali cause?

Sono convinto che questi passaggi siano stato saltati e che le risposte della società siano state dominate dalla paura di non raggiungere i risultati previsti e di trovare di volta in volta il capro espiatorio. Di questo un’azienda fallisce.

Quale calcio per i nostri figli?

Per insegnare e allenare si deve partire dalle caratteristiche di chi fa lo sport (i bambini) e non da quello di chi lo insegna gli allenatori (per cui è più facile lavorare per come loro pensano il calcio), i genitori (che vorrebbero veder fare dai loro figli le azioni della squadra di cui sono tifosi) e i dirigenti (che vogliono vincere i tornei e considerano i bambini come “piccoli calciatori”).

Si ripropone l’eterno dilemma tra preferire l’uovo oggi o la gallina domani!

Peccato che a subirne le conseguenze siano dei bambini a cui viene vietata l’opportunità di crescere come persone attraverso lo sport, mentre impareranno che ciò che conta è la vittoria a ogni costo e che loro sono solo un mezzo per realizzare gli obiettivi degli adulti che li circondano, che vorrebbero educarli e che dicono di amarli.

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1% del salario dei calciatori per iniziative di responsabilità sociale

Lo psicologo dello sport nella Scuola Calcio… è d’élite

La Federazione Italiana Giuoco Calcio era tra le uniche che imponeva la presenza di uno psicologo dello sport per tutte le società che volessero rendersi qualificate o d’elite, come vengono definite attualmente. Ora non è più cosi e questo passo indietro richiede un’altrettanta significativa reazione e organizzazione degli psicologi dello sport impegnati nel calcio giovanile. L’attuale comunicato ufficiale tra i requisiti a scelta indica: “Sviluppo di un progetto formativo continuativo nel corso della stagione sportiva, realizzato attraverso la collaborazione con uno “Psicologo dello Sport” di provata esperienza con specifica qualifica ed iscritto al relativo albo professionale, quale esperto dello sviluppo delle relazioni umane.

L’apporto di tale professionalità dovrà identificarsi nell’attuazione di progetti di supporto riferiti in particolare alle figure che partecipano al percorso educativo del bambino (staff, genitori, etc)”.

Lo psicologo sarà quindi una scelta opzionale delle società, non è più obbligatorio e allora, dovrà rendersi necessario. Lo psicologo clinico spesso s’improvvisa nelle società organizzando improbabili sportelli con i genitori che, però, con la psicologia dello sport non hanno niente a che fare. Allora cosa fa e cosa propone lo psicologo dello sport nella Scuola calcio per rendersi realmente uno strumento d’élite?

Attraverso la mia esperienza nel calcio giovanile posso definire alcune linee guida essenziali che caratterizzano un progetto di psicologia dello sport nella Scuola calcio, tra queste: l’adeguatezza del metodo adattato all’età delle bambine e dei bambini, al territorio e al contesto organizzativo; l’utilizzo di strumenti psicologici specifici; la continuità dei tempi, il monitoraggio e la verifica costante; la programmazione di obiettivi psicologici specifici, ma anche trasversali alle altre aree interessate (tecnica, tattica, motricità), la progettazione di interventi operativi che permettano il raggiungimento degli obiettivi condivisi.

Di seguito alcune proposte da sviluppare e adattare al contesto in cui si opera:

  • Formazione dei tecnici
  • Osservazione in campo, restituzione e condivisione di quanto rilevato
  • Riunione operative con i genitori precedute da un analisi dei bisogni, calendarizzate e svolte non secondo uno schema di insegnamento frontale, ma attraverso tecniche didattiche interattive
  • Progetti integrati, riguardanti tematiche chiave all’interno della società e del territorio
  • Laboratori operativi psicologo e tecnico
  • Studi-ricerca su particolari aspetti del calcio giovanile

Queste sono solo alcune delle tante proposte operative che uno psicologo può proporre all’interno di una scuola calcio.

In ultimo, vorrei ricordare sia agli psicologi, sia a chi si trova a collaborare con loro che uno psicologo dello sport nella Scuola calcio non può prescindere da un’attività fondamentale: scendere in campo. Un giorno, dopo aver ascoltato la mia esperienza, un responsabile di Scuola calcio mi chiese stupito: ma quindi lo psicologo scende in campo?

Lo psicologo dello sport scende in campo e non esiste professionista dello sport che non tocchi il rettangolo verde e questo è ancor più vero quando parliamo di bambini e di calcio.

Le attività che possono essere svolte sono molteplici e possono, se ben organizzate, incidere fortemente sull’andamento prestativo, organizzativo e relazionale della Scuola calcio. Se siete psicologi dello sport, o operatori (tecnici e dirigenti) di Scuola calcio, non esitate a contattarmi per approfondire gli argomenti affrontati.

(di Daniela Sepio)

Un giorno No

Oggi è una giornata No per via di questi numeri:

15%  sono i dirigenti italiani laureati

37%  sono i dirigenti che ha terminato solo la scuola dell’obbligo

38% sono i calciatori italiani del campionato di Serie A

5.000 sono i giovani laureati della Sicilia che sono andati all’estero

72% sono i diplomandi disposti ad andare all’estero

Abbiamo altre difficoltà ma l’ignoranza dei dirigenti e la fuga dei giovani sono a mio avviso devastanti per qualsiasi nazione. I calciatori rientrano nella categoria dei giovani su cui in Italia non si vuole investire, in questo caso si risolve comprando stranieri spesso mediocri.

 

 

Non danneggiate lo sport indiano

I principali atleti indiani hanno intrapreso una battaglia a favore di una gestione trasparente dello sport in India guidata da dirigenti capaci e onesti.  Per saperne di più leggi questo articolo di Rajyavardhan Rathore, medaglia d’argento ai Giochi di Atene.

Percorsi europei per donne dirigenti nello sport

Per la prima volta in Italia viene organizzato un percorso di formazione sul tema “Il valore della differenza nella gestione dell’attività sportiva” di 224 ore, tra formazione in aula e stage, riservato a 18 partecipanti organizzato a Roma dall’ Università di Tor Vergata in collaborazione con Federculture e Sportlink.

Il corso si propone di preparare futuri quadri e dirigenti donne, attraverso il trasferimento di conoscenze e competenze che consentano alle partecipanti di inserirsi nel mondo del lavoro dello sport con funzioni di responsabilità manageriale nei vari ambiti della progettazione, organizzazione, gestione e valutazione di servizi e strutture per le attività motorie e sportive, da quelle ricreative a quelle professionali. Il percorso affronterà tematiche complesse, quali il management strategico, gli aspetti di marketing e comunicazione, le nozioni di diritto, contrattualistica e fiscalità, i principi di controllo di gestione, oltre all’ottimizzazione della pianificazione e dei costi di esercizio, agendo sui principi di risparmio energetico e aumentando le fonti di ricavo. Al tempo stesso, il corso si propone di creare una figura professionale innovativa, trasferendo competenze specifiche di project management di eventi sportivi a supporto degli Enti locali, soprattutto se di medie e piccole dimensioni che non hanno nel loro organico risorse umane competenti nella realizzazione di eventi sportivi, in tutte le loro fasi.

Il corso è riservato a candidati  in possesso dei seguenti requisiti:

  • 12 Donne e 6 Uomini
  • Età compresa tra i 25 e i 49 anni
  • Diploma di maturità e di scuola media superiore oppure Qualifica professionale post-diploma oppure Diploma universitario o laurea di base
  • Inoccupati, Disoccupati o Lavoratori Autonomi
  • Residenti nella Regione Lazio

Il corso è GRATUITO poichè finanziato dal Fondo Europeo e sono previste delle indennità di frequenza per tutti i partecipanti. Per partecipare consulta il Bando e scarica la Domanda di partecipazione nella sezione  Bandi di http://impresasport.wordpress.com/.

Nell’ambito del Progetto Percorsi Europei per lo Sport sono previste anche attività di accompagnamento per la creazione d’impresa

Perché molti atleti scelgono di non doparsi

Allenatori, dirigenti sportivi e genitori devono sviluppare sempre più la loro capacità d’identificare, comprendere e rispondere alle esigenze dei giovani di cui godono la fiducia. Perché non devono più accadere esperienze come quella di Alex Schwazer.

Leggi l’articolo su http://www.huffingtonpost.it/alberto-cei/perche-molti-atleti-scelgono-di-non-doparsi_b_3161051.html?utm_hp_ref=italy

Le parole e gli errori di Rossetto

Claudio Rossetto ct italiano della Federnuoto e allenatore degli azzurri Filippo Magnini e Federica Pellegrini, parla in un’intervista a “Chi” in edicola questa settimana. “Merito un’insufficienza piena. Ho le mie colpe. Ma ognuno deve prendersi le proprie responsabilità. Ho sottovalutato la situazione. Pensavo che tante teste, tanti campioni, avrebbero potuto convivere insieme. Invece non è stato così. I media troppo ambiziosi, in cerca di risultati per i titoloni in prima pagina, e a loro volta gli atleti pompati da chi si occupa di sport e anche di gossip. La verità? L’Italia del nuoto è una squadra vecchia. La stessa Federica, nonostante nuoti da otto anni, è già una di lunga esperienza. Ora bisogna ricominciare”. Ok, inutile sottolineare ulteriormente l’errore, però perchè nessuno fra i dirigenti del nuoto si è posto con professionalità questo problema relativo alla opportunità di gestire  molti atleti. Personalmente penso che questa scelta sia stata fatta perchè non vi sono dirigenti ma solo allenatori, la cui presunzione li ha portati a sottovalutare le difficoltà. Soprattutto non avevano capito che alle olimpiadi non vi una seconda chance, o va bene o va male.

Servono dirigenti e non eroi

Come la maggior parte dei genitori ho spiegato a suo tempo a mia figlia le ragioni per cui non doveva accettare caramelle da sconosciuti. Non ho aspettato che succedesse per sgridarla e dirle di non farlo più. Nel calcio è avvenuto lo stesso. Calciatori, allenatori e dirigenti hanno truffato a spregio dell’etica e delle leggi e trattandosi di persone adulte sono responsabili delle loro azioni. Nel contempo chi si è rifiutato di cedere, come Farina, è stato cosiderato un eroe. Ora l’eroe è un individuo che compie un gesto eccezionale, fuori dell’usuale; in Italia chi è onesto è quindi un eroe. Infatti si dice che “ogni giorno si alza un fesso e un furbo” e nessuno vuole fare la figura del fesso. A questo punto serve che vengano dimostrate le accuse ma servirà soprattutto che le organizzazioni del calcio dalla FIGC alle associazioni dei calciatori e degli allenatori agiscano concretamente per eliminare la cultura dell’omertà e del “tanto lo fanno tutti” che uccide non solo il nostro calcio, ma nega che lo sport sia un luogo in cui vince il migliore e non il più furbo. Se si affermasse fra di noi in modo definitivo questa idea, i suoi effetti sulla collettività sarebbero uguali a quelli del terremoto di questi giorni.