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Il calcio come strumento di inclusione

Da tempo, il coinvolgimento e la piena realizzazione delle persone con disabilità, considerate la più ampia minoranza al mondo, costituiscono una priorità di ricerca e di sviluppo a livello internazionale. Grazie anche a studi specifici, si è sviluppata la consapevolezza che lo sport e, più in generale l’attività motoria, siano uno strumento decisivo per promuovere il loro sviluppo psicosociale e motorio. In quest’ottica, le persone con disabilità non sono più considerate persone da aiutare, ma cittadini a cui garantire diritti e scelte. Sviluppare l’attività motoria e sportiva nei bambini con disabilità fisica o intellettiva permette quindi di ribaltare la loro condizione prevalentemente sedentaria, ottenendo grandi benefici a livello fisico, nei processi cognitivi, nella vita affettiva e nelle loro relazioni con i compagni e con gli adulti. Le poche ricerche condotte finora mostrano che, a livello motorio, i ragazzi con disabilità sono molto meno attivi dei loro coetanei con sviluppo tipico e che la percentuale di individui sedentari aumenta con il crescere dell’età. Nonostante le evidenze e nonostante lo sport risulti essere un efficace sostegno alle terapie in cui sono coinvolti, la diffusione di programmi di attività motoria dedicati a loro è ancora marginale.

 Il progetto “Calcio Insieme”

Il calcio è lo sport più amato e praticato dalle bambine e dai bambini di tutto il mondo, ma per i giovani con disabilità intellettiva le opportunità di viverlo come una normale esperienza formativa e di gioco sono rare, se non del tutto assenti. Questa situazione si traduce in un evidente divario nell’accesso alla pratica sportiva: una risorsa vitale, come stabilito dalla Dichiarazione dei Diritti dell’uomo. Alla luce del ruolo fondamentale che l’attività sportiva svolge nello sviluppo fisico e comportamentale dei più piccoli, specie se praticata in squadra, il fenomeno si configura come un fattore di esclusione sociale critico, in particolare se si considera l’ampiezza di questa congiuntura: la pratica sportiva per i giovani con disabilità intellettiva è ancora poco diffusa e studiata, non solo in Italia ma in tutto il mondo. La maggior parte delle esperienze riguarda specifiche attività motorie quali la corsa e le attività in acqua: non esiste invece una pratica analoga nell’ambito dei giochi di squadra e all’interno delle società sportive di calcio. È diffusa, infatti, la convinzione che i giovani con disabilità intellettive fatichino a relazionarsi con gli altri e a essere parte di una squadra. Per questa ragione, finora, si sono privilegiati gli sport individuali.

Con l’obiettivo di cambiare questa prospettiva, nel 2015 la AS Roma ha avviato, in collaborazione con l’Accademia di Calcio Integrato, il progetto “Calcio Insieme”, volto ad affermare il diritto dei ragazzi e delle ragazze con disabilità intellettiva a vivere lo sport come un momento di crescita psicologico, sociale e motorio, esattamente come i loro coetanei. In questi giorni siamo giunti al termine del settimo anno di attività.

Un’attività da pianificare e svolgere in sicurezza e con professionalità

Il successo di un progetto di questo tipo dipende da molti fattori: la competenza dello staff, la specificità del programma didattico, il coinvolgimento delle scuole e delle famiglie, la corretta valutazione della condizione motoria e psicologica all’inizio e alla fine di ogni anno di allenamento. Questo approccio metodologico supera l’idea che offrire loro la possibilità di praticare uno sport sia già di per sé una misura sufficiente. Approcci di questo tipo, uniti alla mancanza di competenza degli operatori, hanno impedito di migliorare la proposta sportiva e di confrontare fra di loro le esperienze sportive di questo tipo.

Per sviluppare un progetto consapevoli dei rischi in termini di sicurezza e salute di partecipanti e soddisfare le esigenze dei ragazzi e delle loro famiglie, AS Roma  e l’Accademia di Calcio Integrato hanno formato uno staff composto esclusivamente da laureati in scienze motorie, alcuni già istruttori della Roma, da psicologi dello sport, un logopedista, un medico, un responsabile dei rapporti con le famiglie e scuole, un direttore scientifico, un direttore tecnico dell’A.S. Roma e un responsabile del progetto e dei rapporti istituzionali. Tutti hanno partecipato a un corso di formazione per conoscere i profili della disabilità intellettiva e per definire il programma di attività sportiva e i criteri di valutazione. Inizialmente il progetto ha coinvolto 30 bambini e bambine tra i 6 e i 12 anni, ma in seguito il numero è cresciuto fino ad arrivare a 80 giovani dai 6 ai 18 anni, suddivisi in gruppi in base alle loro capacità funzionali. Tra questi, 20 ragazzi con problematiche come l’assenza di linguaggio, l’estrema difficoltà a interagire con persone e situazioni nuove, difficoltà motorie gravi e comportamenti oppositivi, hanno un istruttore o uno psicologo dedicati, mentre per gli altri sono stati organizzati dei gruppi.

I risultati di un approccio scientifico

Gli studi condotti sui risultati del programma e pubblicati su riviste scientifiche mostrano un miglioramento significativo nelle abilità motorie di base come camminare, correre, rotolare, saltare in alto, afferrare una palla e stare in equilibrio. Da punto vista psicosociale, al termine del primo anno i giovani con migliori condizioni funzionali hanno dimostrato la capacità di giocare con gli istruttori e i compagni, di condurre a termine le attività e di essere sostanzialmente attivi durante l’intera durata di ogni seduta di allenamento. I bambini con problemi più gravi sono anch’essi migliorati ma hanno mostrato maggiore difficoltà nel concludere le esercitazioni. Hanno imparato a calciare la palla e riconoscono la porta, ma molti di loro hanno necessità di avere sempre accanto il tecnico o lo psicologo e talvolta possono avere crisi che impediscono loro di continuare l’attività.

I risultati raggiunti dallo staff sono testimoniati dagli allenamenti integrati con i ragazzi e le ragazze della Scuola calcio dell’A.S. Roma e dalle partite di calcio a cinque, con ciascuna delle due squadre formate da tre ragazzi con disabilità e due con sviluppo tipico. Queste esperienze sono un momento di grande soddisfazione non solo per i giovani coinvolti ma anche per lo staff, per i genitori e per i ragazzi della Scuola calcio.

Importanti risultati in termini di sviluppo delle capacità motorie e psicologiche sono arrivati anche dai campi estivi e dal gruppo “Lupetti crescono”, che comprende ragazzi e ragazze di 13-18 anni potenzialmente in grado di giocare partite di calcio a cinque e partecipare a tornei giovanili per giovani con disabilità intellettiva.

“Estate Insieme”: calcio per giovani con disabilità intellettiva

E’ iniziato il campo “Estate Insieme” promosso da Roma Cares in collaborazione con Accademia Calcio Integrato con giovani dai 6 ai 18 anni con disabilità intellettiva che giocano a calcio. Seconda giornata, i ragazzi/e arrivano al campo e iniziano a giocare nel campo grande. Ambiente sereno, tirano in porta. Questo avviene in attesa che arrivino gli altri compagni. Poi al completo ascoltiamo e cantiamo l’inno d’Italia tutti insieme.

Inizia l’allenamento con esercizi di coordinazione conduzione della palla, divisi in due gruppi da 5. Ci sono 3 allenatori della Roma che li seguono, fornendo istruzioni tecniche e incoraggiandoli a mantenere un ritmo continuo di esercitazione.

Tiri in porta di diversa grandezza su postazioni, si ruota ogni tot minuti.

Sono giovani che si allenano con noi da molto tempo, alcuni da 6 anni altri da quattro. Il campo estivo è di 5 ore su 5 giorni per settimana (il gruppo in totale è di 90 giovani per 3 settimane) . Il gruppo di 10 di cui sto parlando è composto da giovani con disabilità intellettiva con un buon funzionamento motorio anche se qualcuno ha difficoltà a correre, altri prevalentemente camminerebbero e corrono per pochi passi, altri invece sono molto rapidi. Alcuni hanno più bisogno di altri di alternare minuti di attività con una fase di pausa (in ogni caso fa molto caldo qui a Roma).

Per questi ultimi avere molte ore a disposizione per allenarsi è importante, poiché in questo modo hanno modo di allenarsi comunque per un periodo di tempo complessivamente lungo mentre durante le sedute di allenamento settimanali fermarsi 20 minuti significa perdere quasi il 40% del tempo di allenamento che è di 50 minuti.

Naturalmente vi sono anche momenti di tensione, qualche ragazzo si mostra irrequieto, qualcun altro litiga con un compagno, qualcuno risponde in modo impulsivo o si offende perché non gli passano la palla, altri si stancano e tendono a isolarsi.

Queste difficoltà si risolvono con la pazienza dei Mister che capiscono queste problematiche ma soprattutto grazie anche al fatto che il gioco continua e questi episodi non disturbano quelli che giocano. In tal senso la continuità dell’attività è da stimolo a quelli che si allontanano per ritornare a giocare. Questo perchè in ogni caso, l’obiettivo è mantenere un clima sereno e piacevole che alla fine sovrasta ogni difficoltà che s’incontra.

Con un’immagine si può dire che il fiume scorre, quando un ragazzo/a vive un momento più critico, il suo scorrere aiuta a risolvere i problemi individuali perché il collettivo continua l’attività, quindi tutto scorre e poi si arriva al mare dove tutto finisce.

Gli allenatori svolgono il ruolo ruolo di guida con comprensione e vicinanza ma in modo fermo. Questo loro atteggiamento costituisce il cardine essenziale per cui tutto scorre, nonostante si stia allenando giovani con disabilità intellettiva.

Si lavora molto per dare valore all’allenamento. Ecco quindi la ragione per cui ascoltare e cantare insieme l’inno d’Italia e prima della partita finale quello della Champions League sono momenti che precedono momenti significativi dell’allenamento. E’ ovvio, infine, che vestire la divisa della AS Roma è un altro fattore che unisce, un modo per questi giovani atleti di sentirsi orgogliosi e parte di qualcosa che nella loro percezione è immenso.

Nei prossimi giorni racconterò l’esperienza di altri giovani che partecipano al “Estate Insieme”.

#IncludeUsFromTheStart

Lo sport deve essere sempre più un’occasione per integrare le differenze. L’Accademia di calcio integrato propone insieme alla Roma Calcio un percorso d’integrazione attraverso il calcio delle bambine e bambini di 6-12 anni.

La Giornata mondiale dedicata alle persone con la sindrome di Down deve fare riflettere su quanta strada vi è ancora da fare raggiungere l’obiettivo dell’integrazione.

Scuola calcio per bambini con disabilità intellettive

«AS Roma è lieta di annunciare che, a partire da gennaio 2016, la Società promuove e sostiene il progetto “Calcio insieme”, un programma nato dalla collaborazione tra la Fondazione Roma Cares e l’Associazione dilettantistica “Calcio integrato: i campi di allenamento del Centro Olimpico Giulio Onesti sono stati messi a disposizione di bambini e bambine, tra i sei e i dodici anni, affetti da disabilità psicomotorie di vario livello, sostenuti da un pool di medici, logopedisti e istruttori specializzati.

Obiettivi dell’iniziativa sono lo sviluppo del benessere fisico e psicosociale dei bambini, la riduzione dello stress connesso alla loro condizione di vita, l’aumento della capacità di autovalutazione e l’incremento della motivazione all’attività motoria.

Un team di tecnici dell’AS Roma, accompagnati da psicologi dello sport, ha elaborato metodologie didattiche ed educative su misura, al fine di creare un ambiente sicuro, confortevole e mai noioso.

Tra i risultati perseguiti, vi è lo sviluppo della cultura dell’integrazione e dell’educazione ai valori dello sport attraverso il calcio.

“La Roma rappresenta una grande piattaforma sociale e siamo consci della responsabilità che ne deriva – sottolinea il direttore generale dell’AS Roma, Mauro Baldissoni –. Spero che questo sia uno dei tanti esperimenti che metteremo in piedi con concretezza. Lo sport è da sempre un aggregatore e insieme uno strumento motivazionale per superare i propri limiti, mettere su un campo di calcio bambini affetti da difficoltà intellettive rappresenta per loro una possibilità di miglioramento”.

Gli istruttori sono stati affiancati da un’intera équipe medica, coordinata dal professor Alberto Cei, responsabile scientifico di “Calcio insieme”, che osserva da vicino i progressi dei piccoli atleti, deducendone anche eventuali miglioramenti nella coordinazione dei movimenti, nella coscienza del sé o, più semplicemente, nel vissuto quotidiano.

“Il calcio può essere uno strumento fondamentale per aiutare i bambini affetti da disabilità mentali a sviluppare se stessi – spiega Patrizia Minocchi, presidente ASD Calcio Integrato – . Quello strumento magico che è la palla ha già dato i primi risultati, i bambini stanno imparando a relazionarsi”.»