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Lo psicologo dello sport nella Scuola Calcio… è d’élite

La Federazione Italiana Giuoco Calcio era tra le uniche che imponeva la presenza di uno psicologo dello sport per tutte le società che volessero rendersi qualificate o d’elite, come vengono definite attualmente. Ora non è più cosi e questo passo indietro richiede un’altrettanta significativa reazione e organizzazione degli psicologi dello sport impegnati nel calcio giovanile. L’attuale comunicato ufficiale tra i requisiti a scelta indica: “Sviluppo di un progetto formativo continuativo nel corso della stagione sportiva, realizzato attraverso la collaborazione con uno “Psicologo dello Sport” di provata esperienza con specifica qualifica ed iscritto al relativo albo professionale, quale esperto dello sviluppo delle relazioni umane.

L’apporto di tale professionalità dovrà identificarsi nell’attuazione di progetti di supporto riferiti in particolare alle figure che partecipano al percorso educativo del bambino (staff, genitori, etc)”.

Lo psicologo sarà quindi una scelta opzionale delle società, non è più obbligatorio e allora, dovrà rendersi necessario. Lo psicologo clinico spesso s’improvvisa nelle società organizzando improbabili sportelli con i genitori che, però, con la psicologia dello sport non hanno niente a che fare. Allora cosa fa e cosa propone lo psicologo dello sport nella Scuola calcio per rendersi realmente uno strumento d’élite?

Attraverso la mia esperienza nel calcio giovanile posso definire alcune linee guida essenziali che caratterizzano un progetto di psicologia dello sport nella Scuola calcio, tra queste: l’adeguatezza del metodo adattato all’età delle bambine e dei bambini, al territorio e al contesto organizzativo; l’utilizzo di strumenti psicologici specifici; la continuità dei tempi, il monitoraggio e la verifica costante; la programmazione di obiettivi psicologici specifici, ma anche trasversali alle altre aree interessate (tecnica, tattica, motricità), la progettazione di interventi operativi che permettano il raggiungimento degli obiettivi condivisi.

Di seguito alcune proposte da sviluppare e adattare al contesto in cui si opera:

  • Formazione dei tecnici
  • Osservazione in campo, restituzione e condivisione di quanto rilevato
  • Riunione operative con i genitori precedute da un analisi dei bisogni, calendarizzate e svolte non secondo uno schema di insegnamento frontale, ma attraverso tecniche didattiche interattive
  • Progetti integrati, riguardanti tematiche chiave all’interno della società e del territorio
  • Laboratori operativi psicologo e tecnico
  • Studi-ricerca su particolari aspetti del calcio giovanile

Queste sono solo alcune delle tante proposte operative che uno psicologo può proporre all’interno di una scuola calcio.

In ultimo, vorrei ricordare sia agli psicologi, sia a chi si trova a collaborare con loro che uno psicologo dello sport nella Scuola calcio non può prescindere da un’attività fondamentale: scendere in campo. Un giorno, dopo aver ascoltato la mia esperienza, un responsabile di Scuola calcio mi chiese stupito: ma quindi lo psicologo scende in campo?

Lo psicologo dello sport scende in campo e non esiste professionista dello sport che non tocchi il rettangolo verde e questo è ancor più vero quando parliamo di bambini e di calcio.

Le attività che possono essere svolte sono molteplici e possono, se ben organizzate, incidere fortemente sull’andamento prestativo, organizzativo e relazionale della Scuola calcio. Se siete psicologi dello sport, o operatori (tecnici e dirigenti) di Scuola calcio, non esitate a contattarmi per approfondire gli argomenti affrontati.

(di Daniela Sepio)

Chi non vuole le ragazze calciatrici

Sabato vi è stata a Roma una manifestazione di calcio dedicata alle giovani calciatrici organizzata da Fifa e Figc (www.figc.it) per promuovere il calcio, sport che in Italia non riesce ad aumentare il numero delle iscritte a fronte della grande diffusione nei paesi del nord Europa e nord America. Le bambine si divertono moltissimo a giocare a calcio e fino a 12 anni lo possono fare in squadre miste. Piccoli inconvenienti pratici (obbligo di spogliatoi separati) rendono più difficile per le Scuole calcio l’accoglienza alle bambine, ma è proprio la voglia di giocare che fa stare spesso sola una bambina in mezzo a tanti bambini. Queste bambine devono superare anche altri ostacoli: la diffidenza culturale dei propri genitori che lo ritengono un sport non adatto a loro e, a detta degli allenatori, anche quella dei genitori dei loro compagni di squadra, che non accettano che il proprio figlio lasci il posto in squadra a una ragazzina.