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Il problema di Higuain: un’opportunità di miglioramento

Il problema di Higuain è che da un po’ di tempo non segna e la domanda che di certo si sta ponendo riguarda come uscire da questa situazione e andare nuovamente in rete. Espressa in questa maniera, la questione sembra facile: cosa fare per prepararsi a effettuare più tiri in porta efficaci. Se fosse una macchina il problema sarebbe di facile soluzione poiché sarebbe sufficiente modificare alcuni parametri (rapidità, precisione, timing, tipologia di tiro) per ottenere il risultato sperato. Trattandosi invece di un essere umano la difficoltà si lega alle aspettative del giocatore, della squadra e dell’ambiente, alla difficoltà ad accettare che un fuoriclasse possa trovarsi in questa difficoltà, alla tendenza del calciatore a reagire allontanandosi dal gioco o a muoversi in modo impulsivo, al subire l’influenza dei compagni di squadra che invece continuano a segnare.

Sarebbe invece utile, per se stesso e per la squadra, vivere questa momento professionale come un’occasione di miglioramento e non invece come una sorta di sindrome dell’attaccante. Accettare le difficoltà è l’unico modo per superarle. In questo ha ragione Arrigo Sacchi quando sostiene che per vincere non bisogna avere il problema di vincere. Si può parafrasare questo pensiero dicendo che per mettere a segno una rete non bisogna avere l’ossessione di fare goal, perché altrimenti si giocherà sempre sulla difensiva o in modo impulsivo e non si manifesterà un comportamento innovativo ed efficace come invece ci si aspetta da un campione.

Cos’è la motivazione per Arrigo Sacchi

Sentiamo cos’è la motivazione, l’allenamento e avere un sogno per Arrigo Sacchi

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L’allenamento secondo Sacchi

L’intervista di ieri sulla Stampa a Arrigo Sacchi, evidenzia, come sempre quando parla, aspetti su cui gli allenatori dovrebbero riflettere di più. In questo caso ha detto una cosa solo apparentemente ovvia: “il gruppo si forma se tutti parlano la stessa lingua e se ognuno è funzionale al gioco di squadra.” Cita Michelangelo dicendo che la testa viene prima delle mani. Non sono comunque così ottimista come Sacchi si definisce poichè conosco molti allenatori di alto livello che non si preoccupano affatto di queste problematiche. Sacchi mi ha fatto quando era allenatore della nazionale di calcio una domanda che nessun altro mi ha mai ripetuto: “Devi dirmi quante informazioni posso dare a ogni singolo calciatore senza che si confonda.” Alla nazionale avevo somministrato un questionario, il test di stile interpersonale e attentivo, che forniva informazioni proprio su questo tema e poi avevo assistito ad alcuni allenamenti, così sono stato in grado di dargli una risposta. Questo evidenzia il suo considerare l’allenamento come una situazione di insegnamento in cui il maestro vuole comprendere come ragionano i suoi allievi così da poterli guidare nel modo che ritiene migliore. Questo è un piccolo esempio di cosa significa servirsi del linguaggio adeguato, e non pensare solo all’esecuzione degli schemi, come molti suoi seguaci hanno fatto, riducendo il gioco a schema e riducendo l’assunzione di responsabilità del calciatore (che nel calcio consiste nel sapere saltare l’avversario e nel tirare in porta) al solo ambito della esecuzione tattica e della conseguente preparazione fisica.