Sei appassionato dello sport che pratichi?

Spesso usiamo parole senza fermarsi a comprenderne il valore. E’ il caso di quando parliamo della passione. Cosa intendiamo quando diciamo che siamo appassionati di qualcosa, che gli amatori (oggi più frequentemente chiamati master), ad esempio, sono degli appassionati del nuoto, della corsa o della bicicletta. Ovvero che svolgo illavoro che ho sempre desiderato.

La passione consiste in una motivazione particolarmente forte verso una ben definita attività, è molto utile per comprendere ciò che spinge all’allenamento, allo studio o al lavoro. Un’indagine condotta nel 2019 aveva messo in evidenza che il 55% degli italiani è soddisfatto del proprio lavoro. la soddisfazione si situa a un livello più basso della passione pur se positiva e determinata da esperienza valutate come gratificanti.

La passione emerge in quei lavori che prevedono un certo grado di creatività e che sono percepiti da chi lo svolge come più appassionanti, poiché richiedono autonomia, capacità decisionale e ragionare in modo divergente. Chi valuta necessaria l’introduzione di fattori innovativi nelle proprie esperienze professionali rispetto a chi effettua scelte più conservative, certamente rientra fra coloro che svolgono un lavoro con passione.  Gli atleti che sono riusciti a trasformare la passione per il loro sport in un lavoro rientrano in questa tipologia. Al di fuori del contesto lavorativo, chi è impegnato in attività guidate dal piacere che gli forniscono, da cui non traggono guadagno o riconoscimenti materiali sono individui rivolti a coltivare una passione.

Come ogni dimensione psicologica, anche la passione può essere interpretata in un modo costruttivo e piacevole e in un altro più negativo, in questo caso si può parlare di:

  • Passione armoniosa, si basa su motivi autonomi. il piacere e il sentimento di padronanza.
  • Passione ossessiva, consiste nel sentirsi obbligati o compensare altri aspetti della personalità. Riduce la concentrazione. Ostacola l’autoregolazione.

I bambini che vivono vicino aree verdi hanno ossa più forti

Sleurs H, Silva AI, Bijnens EM, et al. Exposure to Residential Green Space and Bone Mineral Density in Young ChildrenJAMA Netw Open. 2024; 7(1): e2350214.

La massa ossea, una combinazione di dimensioni ossee e densità minerale, è un fattore chiave della forza ossea per tutta la vita. La massa ossea massima viene raggiunta nella prima età adulta e dipende dall’accumulo di massa ossea durante la crescita e lo sviluppo scheletrico. Per questo motivo, un accumulo subottimale in giovane età è altrettanto cruciale per l’insorgenza dell’osteoporosi quanto la perdita ossea legata all’invecchiamento.

Pertanto, interventi mirati all’accumulo di massa ossea nelle prime fasi della vita possono ridurre il rischio di fratture e osteoporosi in età avanzata. Oltre all’influenza esercitata dai fattori genetici, anche i fattori fisiologici, dello stile di vita (ad esempio, alimentazione e attività fisica) e ambientali precoci possono svolgere un ruolo importante nell’accumulo di massa ossea.

Diversi studi hanno riportato i benefici dell’esposizione precoce a spazi verdi sulla neurocognizione e lo sviluppo sociale-comportamentale, nonché sul benessere mentale ed emotivo dei bambini. Inoltre, una maggiore esposizione a spazi verdi durante l’infanzia è stata associata anche a un indice di massa corporea più basso, a un ridotto rischio di sovrappeso o obesità, a una pressione sanguigna più bassa e a un’attività fisica più elevata.

Nonostante le crescenti evidenze sui benefici per la salute dell’esposizione a spazi verdi, gli studi disponibili sull’associazione con la densità minerale ossea sono scarsi. Un ampio studio epidemiologico ha riportato che vivere in un’area più verde era associato a una maggiore resistenza ossea negli adulti, suggerendo che l’esposizione nel luogo di residenzia alla natura possa influenzare positivamente la salute ossea.

Al contrario, uno studio longitudinale condotto su cittadini anziani non ha osservato un effetto protettivo della presenza di spazi verdi sulla salute ossea. In questo contesto, lo scopo di questo studio era investigare la relazione tra l’esposizione precoce alla natura circostante l’abitazione e la densità minerale ossea in bambini di età compresa tra 4 e 6 anni che vivono in un contesto sociale benestante.

Conclusioni e Rilevanza: In questo studio su 1492 bambini di 4-6 anni, una maggiore densità minerale ossea e un minor rischio di avere una bassa densità ossea erano associati a una maggiore esposizione a spazi verdi residenziali durante l’infanzia. Questi risultati evidenziano l’importanza dell’esposizione precoce a spazi verdi nel luogo di residenza sulla salute ossea durante periodi critici di crescita e sviluppo, con implicazioni a lungo termine.

Nulla è impossibile

Tuffiamoci con gioia nello stress

Si dice spesso “Pensa solo a giocare” oppure “Concentrati su quello che sai fare” o ancora “gli errori si fanno in gara, importante non è non sbagliare ma rifocalizzarsi sul compito”.

Naturalmente queste frasi e molte altre vengono dette ad atleti che fanno dello sport la loro professione e che quindi si allenano per molte ore ogni giorno, che sono allenati da allenatori esperti e che partecipano a gare internazionali con l’intento di esprimersi al massimo delle loro capacità.

Tuttavia nonostante molti sforzi è difficile per tutti no  avvertire la tensione che precede l’inizio di quest eventi così importanti, perchè sono queste le occasioni in cui questi giovani giocano il tutto per tutto, sanno che questa è la loro opportunità, ve ne saranno altre comunque questa che viene è una di quelle.

Tutti loro sanno che devono concentrarsi sul compito da svolgere e per il quale si sono preparati. la questione però è che tutto il loro mondo sportivo e sociale si aspetta di vedere se non veramente bravi come si dice o per i più esperti se anche questa volta ripeteranno le prestazioni passate.

Non basta sapersi concentrare, avere sperimentato più volte questa condizione di stress per saperla controllare e anzi farla diventare un’amica fedele che non ti tradisce.

Possedute queste capacità il passo finale è rappresentato dalla voglia di vivere questa situazione di stress, dal piacere che si prova nel sentirsi tesi ma convinti che ci sarà una soluzione quale che sia il problema che si presenterà. Il piacere di vivere questo stress, questo è lo stato d’animo in cui tuffarsi, stare bene  nelle situazioni scomode, desiderare di trovarsi di fronte l’avversario per sfidarlo sino alla fine.

Quindi tuffiamoci nello stress e viviamolo fino in fondo con gioia!

Serve equilibrio tra grinta e pensieri

Quando un risultato è realisticamente raggiungibile è il momento in cui la tensione prima di una gara sale alle stelle. Sembra assurdo ma di solito maggiore è la probabilità di fornire un’ottima prestazione, maggiore è anche lo stress e le insicurezze che si presentano alla mente nel pregara.

Negli anni ho imparato che sapersi mettere nella condizione psicofisica per se stessi ottimale è più facile a dirsi che a farsi.

Quale che sia lo sport l’impegno dell’atleta è rivolto a bilanciare la propria determinazione o grinta con la necessità di avere quei pensieri (semplici) che gli permettono di essere focalizzato sul compito.

Si può eccedere in determinazione rischiando di agire in modo impulsivo così si può diventare troppo riflessivi in modo da manifestare dubbi sulle scelte da fare. In ambedue i casi si aumenta la probabilità di sbagliare, uscendo dalla condizione di bilanciamento fra grinta e pensiero.

Scopo dell’allenamento mentale dovrebbe essere d’insegnare a essere consapevoli dell’importanza di questo equilibrio e permettere l’apprendimento dei modi necessari per rispondere alla prevalenza di un aspetto sull’altro.

Esistono molte tecniche psicologiche per imparare a restare nella propria condizione mentale ottimale, che possono essere imparate attraverso il loro costante allenamento. In ogni caso questo percorso inizia dalla presa di consapevolezza dell’atleta della necessità di mantenere durante la gara questo tipo di equilibrio.

Lo smartphone in classe determina distrazione e prestazioni più negative

Arnold L. Glass & Mengxue Kang (2019) Dividing attention in the classroom reduces exam performance,Educational Psychology, 39:3, 395-408

Quando agli studenti è permesso utilizzare telefoni, tablet o altri dispositivi a fini non accademici durante le lezioni in aula, ottengono risultati peggiori negli esami finali, secondo uno studio della Rutgers University–New Brunswick.

Lo studio, pubblicato in Educational Psychology, ha anche scoperto che gli studenti che non utilizzano dispositivi elettronici in classe, ma partecipano a lezioni in cui il loro utilizzo è consentito, ottengono comunque risultati inferiori, suggerendo che l’uso di telefoni e tablet danneggia l’ambiente di apprendimento di gruppo.

“Molti studenti dedicati pensano di poter dividere la loro attenzione in classe senza compromettere il loro successo accademico, ma abbiamo riscontrato un effetto insidioso sulle prestazioni degli esami e sulle votazioni finali”, ha dichiarato il ricercatore principale Arnold Glass, professore di psicologia presso la School of Arts and Sciences di Rutgers–New Brunswick. “Per gestire l’uso dei dispositivi in classe, gli insegnanti dovrebbero spiegare agli studenti l’effetto dannoso delle distrazioni sulla ritenzione, non solo su di loro, ma per l’intera classe.”

Glass, insieme alla studentessa laureata Mengxue Kang, ha guidato l’esperimento per testare se consentire agli studenti di dividere la loro attenzione tra i dispositivi elettronici e il docente influenzasse le prestazioni nei test svolti durante la lezione e negli esami finali.

L’esperimento ha coinvolto 118 studenti di psicologia cognitiva di Rutgers–New Brunswick durante un semestre del loro corso. I laptop, i telefoni e i tablet erano vietati durante metà delle lezioni e consentiti durante l’altra metà. Quando i dispositivi erano permessi, agli studenti veniva chiesto di registrare se li avevano utilizzati a fini non accademici durante le lezioni.

Lo studio ha rilevato che l’utilizzo di un dispositivo non abbassava i punteggi degli studenti nei test di comprensione durante le lezioni, ma riduceva i loro punteggi negli esami finali di almeno il 5 percento, ovvero mezzo voto. Questo risultato dimostra per la prima volta che l’effetto principale della divisione dell’attenzione in classe è sulla ritenzione a lungo termine.

Inoltre, quando l’uso dei dispositivi elettronici era consentito in classe, le prestazioni erano inferiori sia per gli studenti che li utilizzavano sia per quelli che non li utilizzavano.

Questo è il primo studio effettuato in una classe reale che mostra una relazione causale tra distrazioni da un dispositivo elettronico e le prestazioni successive negli esami.

Non c’è nulla da fare contro lo stress quotidiano?

Parlare di stress è facile, tutti viviamo cambiamenti improvvisi del nostro umore, basta una telefonata, un errore, ma spesso proprio per questa facilità a sentirsi stressati si acquisisce l’abitudine a pensare che non si può nulla contro questa condizione psicologica. Poi ci sono gli paranti ottimisti che vanno dicendo in giro, che non bisogna preoccuparsi tanto a un certo questo fastidio passerà.

Non è solo questione di pensieri perchè lo stato ansioso si trasforma in comportamenti che si mettono in atto, per distrarsi da questo stato psicologico che non piace, i più attivi a questo punto mettono in moto comportanti che vorrebbero allontanarli da questo disagio: per cui alcuni mangiano, altri bevono alcolici, altri ancora vanno a dormire troppo tardi per potersi addormentare subito e dimenticarsi di se stessi, e così via.

Lo spavento domina queste azioni e pensieri e un po’ alla volta si consolida per cui s’impara a convivere con questo disagio psicologico perchè lo si considera inamovibile,  molti si considerano anche sfortunati perchè frequentano altre persone che a loro avviso non soffrono a causa dello stress. Quando questo pensiero magico, la sfortuna, si accoppia con il disagio psicologico, si diventa più remissivi e passivi e si potrebbe cominciare a pensare che non c’è nulla da fare.

Ora la domanda seguente è come fare per uscire da questo tunnel di passività.

La verità è che vivere spaventati o pensare che non ci sia nulla da fare fa male. Il coraggio sta nell’imparare a conoscersi, accettarsi e rinascere.

 

I pensieri di chi vince

Grandi prestazioni richiedono pensieri profondi che conducono all’accettazione della propria ansia e di qualsiasi stato emotivo l’atleta.

Ecco alcuni esempi di grandi campioni italiani.

Giovanni Pellielo (tiro a volo, 4 medaglie olimpiche, 4 ori mondiali)

L’ultima delle serie di selezione è stata la più pesante, ho fatto zero al penultimo bersaglio in prima pedana, ho chiuso con ventitre ed è stata la serie in cui ho sofferto di più perché bisognava fare il risultato in condizioni difficili e con un carico emotivo altissimo in quanto ero comunque l’uomo che aveva vinto due medaglie alle Olimpiadi. Diciamo che in quell’occasione tutti i fantasmi sono arrivati alla mente: è stato difficile chiudere quel risultato ma l’ho chiuso. Poi ho pensato alla finale facendo riferimento al bagaglio di quattro anni d’esperienza e ho rivissuto tutto quello che avevo fatto nell’ultimo anno a livello di preparazione soprattutto psicologica così da affrontare la finale come io volevo e desideravo.

Valentina Vezzali (6 ori olimpici)

Ho un grande rispetto dell’avversario al punto da tremare come una foglia prima dell’inizio di ogni competizione. Quando mancano dieci minuti all’incontro, mi sembra di ritornare all’esame di maturità. Provo la stessa angoscia.

Jannik Sinner (tennis, 1° italiano a vincere un torneo dello slam dopo 48 anni)

Io sotto pressione? Niente in confronto a quella di un chirurgo o di un capofamiglia che deve mettere in tavola la cena. Mantenere una famiglia o non sapere se ti entra un razzo in casa, questa è pressione. Giocare a tennis è un privilegio, una cosa di cui sentirsi onorati.

Incredibile Sinner: “ora mi rimetto a lavorare”

Un amico mi ha appena inviato questo testo che ha mandato ai suoi giocatori e giocatrici.

Ragazzi stampatevelo addosso. Questo ha appena fatto la storia e già parla di come può allenarsi meglio....
Questo è la quintessenza del modo in cui vanno fatte le cose, a prescindere tu sia un tennista o un imprenditore

Infatti Sinner ha risposto proprio in questo modo:

E adesso? Tante cose cambieranno. «Ma che cosa? Io sono sempre lo stesso ragazzo dell’altroieri. Il momento è bellissimo, ma adesso ci tranquillizziamo e ci rimettiamo in riga».

In che senso? «Semplice: c’è tanto lavoro da fare, e non vedo l’ora perché mi piace. Abbiamo realizzato una cosa bella, che ci fa capire che sto facendo le cose giuste. Quindi l’importante è vivere in modo sereno con il mio team e lavorare perché gli avversari ormai mi conoscono, s’è visto a Melbourne e dunque devo migliorare tanto».

Calcio: come eravamo

Non è nostalgia del passato. E’ conoscere da dove veniamo e riflettere dove siamo arrivati oggi nel calcio. Nel Milan di Rocco il genio di cui parla era Gianni Rivera.

60 anni dopo, al netto delle differenze di gioco, gli asini hanno studiato.