Sintesi, non completa, di cosa dovrebbe saper fare uno psicologo che lavora nel tennis: comprendere gli stati d’animo del tennista in partita e origine degli errori; lavorare per ristabilire alcune funzioni mentali essenziali.
1. Limiti genetici individuali
Ogni atleta ha un potenziale genetico, che determina caratteristiche come:
- composizione muscolare (più fibre veloci o lente)
- capacità cardiovascolare (VO₂ max),
- risposta all’allenamento,
- recupero e resistenza agli infortuni.
Non tutti, pur allenandosi al massimo, hanno il DNA per diventare Bolt o Phelps.
2. Qualità dell’allenamento
Anche a livello internazionale, ci sono differenze in:
- metodologie di allenamento,
- qualità dell staff tecnico,
- infrastrutture (attrezzature, piste, palestre),
- accesso a tecnologie di analisi (GPS, biomeccanica).
Un piccolo errore in programmazione può fare la differenza tra “ottimo” e “leggendario”.
3. Recupero e infortuni
Gli infortuni sono tra i principali ostacoli:
- un infortunio cronico o ricorrente può limitare l’allenamento,
- anche la paura dell’infortunio può influenzare la prestazione.
- il recupero non è sempre ottimale, specie se si gareggia molto.
4. Aspetti psicologici
La mentalità d’élite non è scontata:
- gestione dello stress,
- resilienza,
- motivazione costante,
- capacità di esprimersi nei momenti chiave.
La mente può fare la differenza tra un finalista mondiale e un campione olimpico.
5. Strategie e gestione della carriera
Scelte tattiche e strategiche sbagliate (cambi di allenatore, federazione) possono influenzare l’intera carriera. Anche il calendario gare e i picchi di forma vanno pianificati al millimetro.