Archivio mensile per marzo, 2025

Come lo sport potrebbe essere un modello per i giovani

La crescente crisi della mancanza di modelli di riferimento per i giovani uomini è stata evidenziata nella serie Netflix Adolescence, nel Regno Unito dal rapporto Lost Boys del Centre for Social Justice e dall’ex manager della nazionale inglese di calcio  Sir Gareth Southgate. Ha sottolineato l’importanza della resilienza e della fiducia per i giovani, suggerendo che lo sport possa offrire un’alternativa ai modelli negativi diffusi da alcuni influencer. Tuttavia, perché lo sport sia davvero efficace in questo ruolo, deve innovarsi e concentrarsi su un’esperienza più significativa per tutti i partecipanti.

Gli allenatori devono evolvere da semplici esperti tecnici a veri educatori giovanili, capaci di supportare i ragazzi nella crescita personale. Iniziative come Greenhouse Sports e il True Athlete Project dimostrano che un approccio più empatico e consapevole può trasformare vite, creando ambienti in cui i giovani si sentano valorizzati e motivati. Questo cambiamento richiede una formazione mirata e una maggiore collaborazione tra istituzioni sportive e comunità.

Lo sport deve andare oltre il concetto di successo legato solo alle vittorie e alle medaglie, ponendo al centro il benessere e lo sviluppo umano. Serve un impegno coordinato per mappare le opportunità esistenti e garantire che nessun giovane venga escluso dall’attività fisica. E’ necessaria una visione collettiva e strategica per colmare le lacune esistenti e rendere lo sport un motore di cambiamento sociale duraturo.

Il calcio: un’opportunità di crescita per i giovani con autismo

Per molto tempo si è pensato che gli sport di squadra, e il calcio in particolare, non fossero adatti ai giovani con autismo, a causa di difficoltà motorie, scarsa consapevolezza del proprio corpo, ipersensibilità agli stimoli e difficoltà nelle dinamiche di squadra. Tuttavia, esperienze recenti dimostrano il contrario: con il giusto approccio, il calcio può diventare un’importante occasione di crescita e benessere.

A differenza delle attività scolastiche o terapeutiche, spesso strutturate e prevedibili, il calcio si svolge in un ambiente dinamico, all’aperto, con stimoli sempre diversi. Affrontare il movimento, il contatto con i compagni e le situazioni impreviste può inizialmente rappresentare una sfida, ma con il supporto di istruttori e psicologi, questi ragazzi imparano a gestire meglio le proprie emozioni e a sviluppare abilità motorie e sociali.

Il neuropsichiatra infantile Roberto Rossi sottolinea come, grazie allo sport, molti giovani abbiano fatto progressi sorprendenti non solo dal punto di vista fisico, ma anche nella comunicazione e nelle relazioni con gli altri. Il calcio offre loro uno spazio di divertimento e soddisfazione, permettendo un’integrazione positiva con i coetanei e un miglioramento della qualità della vita.

Su queste basi si è svolta in questi 10 anni l’attività di Accademia Calcio Integrato che ha portato a formulare un sistema innovativo di insegnamento del calcio per giovani con autismo, ora riportato nel libro Autismo e Calcio, a cura di Alberto Cei e Daniela Sepio, con il contributo di allenatori e psicologi, logopedista e  medici.

Vivicittà, la corsa che dal 1984 travalica i confini

Manca meno di una settimana alla partenza di Vivicittà 2025, l’evento nato nel 1984 vedrà runner di ogni età percorrere le strade di numerose città italiane all’insegna della pace, della tutela ambientale, dei diritti e dell’Europa. L’appuntamento è fissato per domenica 6 aprile alle 9.30, quando la corsa prenderà il via simultaneamente in tutte le località coinvolte.

Vivicittà è una corsa che abbatte confini, proprio come le strade che collegano luoghi e persone. È un’esperienza di scoperta e di incontro, simboleggiata da Piazza Transalpina di Gorizia, che unisce Italia e Slovenia, rappresentando la fine di ogni barriera. Anche quest’anno l’evento si svolgerà in diverse nazioni: alcune gare si terranno in Francia e Bosnia, mentre la versione non competitiva raggiungerà perfino il Giappone, con tappe a Osaka e Yokohama.

Un altro aspetto distintivo di Vivicittà è il legame tra l’interno e l’esterno, tra il centro e la periferia. Per questo motivo, la manifestazione si svolgerà anche all’interno di venti istituti penitenziari, trasformando questi luoghi in spazi di partecipazione e inclusione. Con lo slogan “Porte Aperte”, Vivicittà promuove attività sportive nei penitenziari durante tutto l’anno, grazie all’impegno dei Comitati territoriali Uisp che collaborano con le direzioni carcerarie per organizzare discipline come pallavolo, calcio, ginnastica e danza.

Questa corsa è anche un simbolo di integrazione tra culture, perché lo sport è di tutti e per tutti. Non esistono distinzioni tra atleti professionisti e appassionati: chiunque può essere protagonista, indipendentemente dall’età o dalle abilità. Non ci sono esclusi, né stranieri, perché Vivicittà celebra l’uguaglianza nello sport. Grazie a un sistema di compensazione dei percorsi, tutti partecipanti entrano in classifica, rafforzando l’idea di una competizione che unisce anziché dividere. Dai grandi centri urbani come Torino e Palermo fino ai piccoli borghi ricchi di storia e fascino, Vivicittà è un viaggio attraverso paesaggi e culture.

Ogni partecipante può scegliere il proprio modo di vivere l’evento: c’è il percorso competitivo di 10 km per i più allenati, ma anche passeggiate ludico-motorie di 3 o 4 km per famiglie e scuole, che animeranno piazze e parchi con i colori della pace, simboleggiati dalla maglietta ufficiale multicolore. L’anno scorso, migliaia di persone hanno scelto la versione non competitiva: 6.000 a Reggio Emilia, 5.000 a Bra, 1.600 a La Spezia, solo per citarne alcune.

Partecipare a Vivicittà significa anche prendersi cura dell’ambiente. In molte città, tra cui Bari, Cagliari, Palermo e Torino, sono previste iniziative di sensibilizzazione sulla raccolta differenziata e sul corretto smaltimento della plastica, in collaborazione con Uisp e Corepla, il Consorzio Nazionale per il Riciclo degli Imballaggi in Plastica.

“Vivicittà è una sorta di staffetta, un testimone che passa di mano in mano, attraversando città e realtà diverse – ha dichiarato Tiziano Pesce, presidente nazionale Uisp – È un simbolo di pace, inclusione e sostenibilità ambientale. Questo è il valore dello sport che vogliamo promuovere, insieme ai 40.000 partecipanti che prevediamo quest’anno. Ancora una volta, Vivicittà unirà centri storici e istituti penitenziari, quartieri difficili e parchi cittadini, dimostrando che lo sport può davvero creare connessioni e abbattere barriere”.

Recensione libro: Autismo e Calcio

Autismo e Calcio

Una nuova metodologia d’integrazione e d’insegnamento

Alberto Cei e Daniela Sepio (a cura di)

Torgiano: Calzetti & Mariucci

2025, 150 pagine

Dall’esperienza didattica promossa dall’Accademia di Calcio Integrato, è nato un innovativo modello tecnico d’integrazione, illustrato in questo manuale imperniato su attività volte allo sviluppo dei giovani con disabilità intellettiva. Nello specifico l’obiettivo è di integrare il giovane con disabilità intellettiva, promuovendo il calcio di base come strumento relazionale e riabilitativo,

Il modello di lavoro proposto è organizzato in team e propone metodologie didattiche e d educative elaborate su misura da esperti tecnici del calcio giovanile, psicologi dello sport. logopedisti e medici.

Aspetto non secondario il positivo impatto sociale che può avvenire attraverso la collaborazione con la scuola, gli insegnanti di sostegno  e ovviamente le famiglie, da coinvolgere durante gli allenamenti dei figli a condividere esperienze e partecipando quindi attivamente al progetto educativo.

La gioia di fare le cose giuste

 

Modi pratici per essere positivi: quanti li praticano quotidianamente?

Essere positivi verso di sè e convinti di fornire una prestazione efficace si basa sul mettere in atto alcuni comportamenti che permettono di passare da una prestazione sino a quel momento insoddisfacente a una efficace. Queste semplici azioni riguardano:

  1. Dopo un errore fare un respiro profondo e immaginare immediatamente cosa si deve fare nell’attimo successivo.
  2. Quando si è troppo preoccupati per la competizione che si deve iniziare, bisogna immaginarsi una prestazione passata positiva e lasciarsi sentire le sensazioni che si hanno mentre si fa questo esercizio.
  3. Durante il riscaldamento bisogna trovare il feeling con l’attrezzo o mezzo sportivo che si usa, (pallone, racchetta, arma, imbarcazione, sci, bicicletta) bisogna sentire che quell’oggetto è proprio il nostro e fa parte di noi.
  4. Durante il riscaldamento bisogna anche avvertire che il corpo si sta preparando alla gara e trarre piacere da quelle sensazioni che dicono che ci stiamo preparando bene.
  5. Bisogna mentalmente immaginarsi, se si tratta della corsa di sentire che le gambe girano come mi aspetto che sia o se le sento troppo rigide insistere negli allunghi in modo da sciogliere le tensioni muscolari inutili. In relazione ad altri sport bisogna identificare quali siano gli esercizi che meglio mettono in luce se siamo pronti, e dedicarsi a sentire le sensazioni per noi giuste prima dell’inizio della gara.
  6.  Invece di preoccuparsi di fattori esterni (come le condizioni atmosferiche o la forza degli avversari), è importante concentrarsi su ciò che è nelle proprie mani, come la preparazione e la strategia di gara.

Sono solo alcuni esempi concreti di cosa possa fare un atleta per imparare a guidare se stesso a mettersi nella condizione mentale ottimale prima e durante la gara. Seguendo queste indicazioni ognuno può costruirsi il suo percorso di preparazione fisica, tecnica e mentale pre-gara. Tutti li conoscono ma quanti si esercitano con continuità ad acquisirli, trasformandoli in routine efficaci?

Come trasformare una piccola difficoltà in un grande problema

Nel mio lavoro con gli atleti mi accorgo che i problemi che gli atleti incontrano nella loro quotidianità fatta di allenamento e gare provengono dalla loro vota quotidiana sportiva ed extra-sportiva ma vengono ingigantiti dal non avere qualcuno con cui condividere e parlare dei queste situazioni. Per cui, a mio avviso, le crisi derivano dal non avere accanto accanto qualcuno con cui condividere i propri stati d’animo e paure, in questo modo non si risolvono subito ma diventano pensieri fissi che portano a vivere giornate negative e prestazioni insoddisfacenti.

Soprattutto per i più competitivi questa difficoltà a fornire prestazioni può portare ad allenarsi ancora di più nella speranza di risolvere il problema. E’ ovvio che questa soluzione ha il sapore della punizione: “Giacchè non stai riuscendo, allora lavora di più”.

Quando i problemi irrompono nella vita il primo passo è di accettarli, considerandoli una parte vitale della propria esperienza. Capita lasciare o essere lasciati dal partner, capita avere dei dubbi sulle proprie capacità sportive, capita pensare di non avere amici, capita sentirsi soli. Sono certamente momenti spiacevoli ma capitano a tutte le persone ma vanno accettati come si accetta una strada con le buche. Accettare di essere in difficoltà è necessario per passare al punto seguente: come ne posso uscire.

Solo dando valore alla difficoltà ci si motiva per trovare una soluzione. Se invece si pensa che non sarebbe dovuto succedere, sarà più facile intraprendere un percorso in ci si passa dalla lamentela verso di sé al convincersi o che si è sfortunati o che queste cose succedono perchè si è incapaci di evitarle.

Pensateci!

Il valore dell’empatia nel calcio

In questi giorni si è parlato molto della mancanza di empatia di Thiago Motta e di come questa assenza abbia rappresentato uno dei problemi che ne hanno determinato il licenziamento dalla Juventus, visti i scarsi risultati della squadra in questa nuova stagione agonistica.

L’empatia è una qualità fondamentale per un allenatore di una top squadra di calcio, perché gli permette di comprendere a fondo i suoi giocatori, motivarli e creare un ambiente positivo e vincente. Ecco perché è così importante:

  1. Gestione dei giocatori e leadership
    In una squadra d’élite, ogni calciatore ha una personalità e un ego spesso sviluppato. L’allenatore deve saper entrare in sintonia con ciascuno, capirne i bisogni e trovare il modo migliore per motivarlo, senza creare tensioni nello spogliatoio.
  2. Gestione delle pressioni e dello stress
    Le squadre di vertice vivono sotto un’enorme pressione mediatica e aspettative altissime. Un tecnico empatico sa riconoscere i momenti di difficoltà dei suoi giocatori e fornire loro il supporto necessario, sia a livello umano che sportivo.
  3. Comunicazione efficace
    L’empatia migliora la comunicazione tra allenatore e squadra. Un mister che sa ascoltare e comprendere il punto di vista dei suoi giocatori può trasmettere le sue idee tattiche in modo più chiaro ed efficace.
  4. Motivazione e spirito di squadra
    Un allenatore empatico sa cosa dire nei momenti cruciali per ispirare la squadra. Riesce a creare un forte senso di appartenenza, spingendo i giocatori a dare il massimo, non solo per sé stessi ma per il gruppo.
  5. Gestione dei momenti di crisi
    Sconfitte, infortuni e problemi personali possono influenzare il rendimento di un giocatore. Un allenatore con empatia sa quando intervenire, come sostenere il suo atleta e come aiutarlo a ritrovare fiducia e motivazione.
  6. Relazioni con staff e media
    Un allenatore non si relaziona solo con i giocatori, ma anche con lo staff tecnico, i dirigenti e la stampa. L’empatia lo aiuta a creare rapporti solidi e a gestire al meglio le situazioni di tensione, evitando conflitti inutili.

In sintesi, un allenatore di una top squadra non deve solo essere un grande stratega, ma anche un’eccellente guida di uomini. L’empatia gli permette di trasformare un gruppo di talenti in una squadra

Stili di allenamento degli allenatori

Pitt, T., Thomas, O., Lindsay, P., Hanton, S., & Bawden, M. (2020). A framework of single-session problem-solving in elite sport: A longitudinal, multi-study investigation. Frontiers in Psychology11, 566721.

Nell’ambiente dell’allenamento sportivo, è riconosciuto che lo sviluppo dell’autonomia e delle capacità di problem-solving degli atleti sia cruciale per supportare uno sviluppo olistico e garantire prestazioni ottimali. Tuttavia, esistono poche informazioni su come gli allenatori utilizzino e valutino i diversi metodi di insegnamento durante l’allenamento e su come gli atleti percepiscano e valorizzino tali metodi.

Questo studio mirava a esaminare le percezioni degli allenatori e degli atleti sull’uso e il valore dei metodi di insegnamento riproduttivi, produttivi basati sul problem-solving e produttivi iniziati dagli atleti. A tal fine, è stata applicata la Coaches’ Use of Teaching Methods Scale, convalidata per l’uso sia da parte degli allenatori che degli atleti, a 70 allenatori e ai loro 294 atleti appartenenti a squadre giovanili, selezionati intenzionalmente da quattro città in Turchia.

Sebbene siano emerse differenze statisticamente significative tra le risposte degli allenatori e degli atleti riguardo all’uso e al valore attribuito ai diversi metodi di insegnamento durante l’allenamento, entrambi i gruppi hanno indicato un uso frequente dei metodi riproduttivi, un uso occasionale dei metodi produttivi basati sul problem-solving e un uso raro dei metodi produttivi iniziati dagli atleti.

Gli atleti hanno attribuito un valore più alto rispetto agli allenatori ai metodi produttivi iniziati dagli atleti in termini di divertimento, apprendimento e motivazione.

I risultati dello studio indicano chiaramente la necessità di sviluppo professionale degli allenatori nella loro conoscenza pedagogica, in particolare nella percezione del valore e nella capacità di applicare i metodi produttivi basati sul problem-solving e quelli iniziati dagli atleti.

La conoscenza degli sport

Per stabilire un programma di allenamento psicologico avanzato è necessario conoscere le implicazioni psicologiche tipiche di una determinata disciplina sportiva. In termini generali si può affermare che gli sport prevalentemente tattici e situazionali e quelli di precisione richiedono livelli di attivazione più bassi rispetto a quelli caratterizzati da potenza e velocità che richiedono livelli elevati di attivazione. Ciò non è comunque valido per tutti gli sport poiché ad esempio il rugby, sport di squadra, richiede livelli particolarmente elevati di attivazione.

Se si analizzano i vari gruppi di sport si può affermare che:

  • gli sport di lunga durata (per esempio fondo, maratona, marcia, ciclismo su strada, canottaggio, canoa, windsurf, nuoto, sci di fondo) – richiedono di tollerare la fatica fisica e di saperla gestire nei momenti in cui si presenta in gara. Necessitano di una notevole consapevolezza delle sensazioni corporee così da potere riconoscere e anticipare eventuali momenti critici durante la gara.
  • gli sport di precisione (per esempio tiro con l’arco, tiro a volo, tiro a segno, golf, biliardo, curling, bocce) – richiedono di coniugare insieme precisione dell’azione tecnica e velocità, per cui la concentrazione deve essere totalmente orientata all’esecuzione tecnica. Si richiedono livelli intermedi o bassi di attivazione, tanto che prima dell’esecuzione dei colpi la frequenza cardiaca si riduce e l’atleta esegue la sua azione in una condizione di semi-apnea. In questi sport l’unico modo per recuperare da un errore è di attendere che gli avversari sbaglino a loro volta.
  • negli sport di coordinazione del corpo nello spazio (per esempio ginnastica artistica, pattinaggio artistico, danza, nuoto sincronizzato, tuffi, slalom speciale, slalom gigante, snowboard, free climbing) – la prestazione migliore che è possibile fornire corrisponde con l’esecuzione ideale, ma nel contempo l’atleta sa che è quasi impossibile da raggiungere, poiché anche un minimo errore comporta la riduzione della qualità della prestazione nonché del punteggio che la giuria gli attribuirà.
  • gli sport di breve durata (100 e 200 metri, staffette, 400 metri, nuoto, salti, lanci, salto con gli sci, sollevamento pesi) – richiedono una concentrazione totale per l’intera durata della prova. Decisiva è l’abilità a gestire efficacemente l’impulsività e la tendenza ad agire in modo troppo anticipato rispetto allo start di partenza.
  • gli sport di combattimento (scherma, boxe, arti marziali, lotta) – richiedono un livello elevato di reattività mentale e fisica per tutta la durata del combattimento. Notevole importanza ha la capacità di sapere anticipare le mosse dell’avversario. Data la brevità dello scontro è decisiva l’abilità a sentirsi in gara e efficaci sin dai primi istanti del combattimento.
  • negli sport di squadra (calcio, pallavolo, pallacanestro, pallamano, pallanuoto, rugby, hockey, football americano, baseball) si richiede lo sviluppo del pensiero tattico in un contesto di collaborazione con i propri compagni di squadra e di livelli di attivazione di moderata intensità.
  • gli sport individuali di opposizione a prevalenza tattica (tennis, tennis tavolo, badminton) esigono lo sviluppo di un pensiero tattico adeguato alle competenze personali dell’atleta e alle caratteristiche del suo avversario. Necessitano di livelli elevati di attivazione per l’elevato numero di scambi e la rapidità delle azioni di gioco.