Domanda: perchè molti giovani laureandi che scrivono la tesi sugli adolescenti ne parlano con le idee degli ’90 mentre non citano che sono cambiati a causa di social e degli smartphone, eppure non ci sono più di 10 anno tra di loro.Molti giovani laureandi che scrivono tesi sugli adolescenti sembrano ancora ancorati alle idee e alle teorie degli anni ’90, nonostante ci siano stati cambiamenti profondi nella realtà giovanile dovuti all’avvento dei social media e degli smartphone.
Ci sono diverse ragioni che possono spiegare questo fenomeno, anche se la distanza tra le generazioni non supera i 10 anni:
- Influenza della letteratura accademica classica: Le teorie e gli studi fondamentali degli anni ’90, come quelli di autori come Erikson, Piaget o Bauman, sono ancora molto citati nelle ricerche accademiche. Questi lavori hanno avuto un’enorme influenza nel delineare le dinamiche dell’adolescenza, e spesso le università tendono a dare molto peso alla letteratura consolidata. Questo può portare i laureandi a riferirsi a concetti ormai “storici”, ignorando il contesto attuale dominato dai social media e dalla tecnologia.
- Formazione accademica: Gli studenti possono essere formati da professori che a loro volta sono stati influenzati da approcci datati e che potrebbero non integrare nel loro insegnamento studi più recenti o concetti legati alla digitalizzazione. Ciò li induce a riproporre una visione più tradizionale dell’adolescenza, trascurando il ruolo di strumenti moderni come gli smartphone.
- Velocità dei cambiamenti tecnologici: L’evoluzione dei social media e degli smartphone è avvenuta in modo talmente rapido che potrebbe risultare difficile per alcuni laureandi capire appieno l’impatto di queste tecnologie sugli adolescenti, nonostante la loro vicinanza generazionale. Mentre la “generazione smartphone” ha caratteristiche molto specifiche (ad esempio, maggiore solitudine sociale, cyberbullismo, difficoltà di attenzione), chi si avvicina alla tesi potrebbe non essere ancora abituato a considerare questi fattori come centrali nel loro lavoro accademico.
- Sottovalutazione dell’effetto dei social: Nonostante molti studenti usino quotidianamente i social e gli smartphone, possono non rendersi conto dell’effetto profondo che questi hanno sullo sviluppo psicologico e sociale degli adolescenti. Spesso la consapevolezza critica di questi temi si sviluppa attraverso un’analisi approfondita, che può mancare se l’indagine è più basata su convinzioni preesistenti piuttosto che su una riflessione aggiornata.
- Difficoltà nell’accesso a studi recenti: Non tutti i laureandi hanno accesso alle ultime ricerche o ai database più aggiornati. Gli studi più innovativi sui social media, l’uso dello smartphone e i loro effetti sugli adolescenti possono essere meno disponibili o meno promossi all’interno di certi percorsi di studio, rendendo più probabile l’adozione di approcci già superati.
- Rassicurante familiarità con il passato: Rimanere ancorati a visioni degli adolescenti degli anni ’90 potrebbe essere rassicurante, perché offrono teorie già accettate e consolidate, che appaiono “sicure” rispetto ai fenomeni più complessi e difficili da studiare, come l’impatto della tecnologia moderna.
In sintesi, nonostante la prossimità generazionale, molti laureandi tendono a rifarsi a paradigmi degli anni ’90 per una serie di motivi legati alla formazione accademica, alla difficoltà di adattarsi ai rapidi cambiamenti tecnologici e al peso della letteratura classica, che ancora domina in molti ambiti della ricerca.
0 Risposte a “Il paradosso generazionale: i giovani laureandi riconoscono poco l’impatto dei social sugli adolescenti”