Archivio mensile per marzo, 2023

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Sempre, forza Berrettini

Mi è piaciuta l’intervista rilasciata da Matteo Berrettini a Paolo Rossi, su Repubblica.it. Parla di come vive questo momento di difficoltà, dell’amore, dei suoi infortuni e del tennis. Ciò che dice rappresenta la sua realtà e come vive questa fase della sua carriera. E’ aperto e diretto e forse per questo ad altri non piace e allora lo attaccano , per il gusto di criticare. E’ un comportamento diffuso nel nostro paese quello di attaccare con cattiveria le persone che hanno raggiunto il successo grazie alle loro capacità. In questo mare di mediocrità, molti vivono aspettando che i vincitori si trovino in difficoltà per poterne gioire criticandoli.

Sarà banale ma non lo penso affermare che, al contrario, dovremmo essere tutti orgogliosi di essere rappresentati da questi ragazzi che, indipendentemente dai loro successi, sono un esempio di dedizione e impegno e mi auguro di emulazione per molti altri.

Vorrei conoscere le storie di chi critica, per comprendere le origini di queste idee e del desiderio impellente di doverle esprimere in forma pubblica.

Comunque: “Sempre, forza Berrettini”.

 

Ultimo avvertimento sulla crisi climatica

Scienziati:  ”ultimo avvertimento” sulla crisi climatica.

  • Crescenti emissioni di gas serra = mondo sull’orlo di danni irrevocabili, necessaria solo azione rapida e drastica.
  • Conoscenze crisi climatica: otto anni di lavoro, centinaia di scienziati, migliaia di pagine = unico messaggio, agire ora, o sarà troppo tardi.
  • Segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres:  ”Questo rapporto è una chiamata a gran voce per accelerare in modo massiccio gli sforzi per il clima da parte di ogni Paese, di ogni settore e in ogni momento. Il nostro mondo ha bisogno di un’azione per il clima su tutti i fronti: tutto, ovunque, in una volta sola”.
  • Il mondo è già devastato:. condizioni meteorologiche estreme causate dai cambiamenti climatici hanno provocato un aumento delle morti per l’intensificarsi delle ondate di calore in tutte le regioni, milioni di vite e case distrutte da siccità e inondazioni, milioni di persone che soffrono la fame e perdite sempre più irreversibili negli ecosistemi vitali.
  • L’ultimo capitolo di lunedì, chiamato rapporto di sintesi, sarà quasi certamente l’ultima valutazione di questo tipo finché il mondo avrà ancora la possibilità di limitare l’aumento della temperatura globale a 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali, la soglia oltre la quale i nostri danni al clima diventeranno rapidamente irreversibili
  • Kaisa Kosonen, esperta di clima di Greenpeace International: “Questo rapporto è sicuramente un ultimo avvertimento su 1,5C. Se i governi continueranno a seguire le politiche attuali, il budget rimanente per le emissioni di carbonio sarà esaurito prima del 2030″.
  • 3 miliardi di persone vivono già in aree “altamente vulnerabili” ai cambiamenti climatici e metà della popolazione mondiale soffre di una grave carenza d’acqua per almeno una parte dell’anno. Gli estremi climatici stanno “sempre più determinando lo sfollamento” di persone in Africa, Asia, Nord, Centro e Sud America e nel Pacifico meridionale.
  • Questi effetti sono destinati ad aumentare rapidamente.
  • Speranza di rimanere entro 1,5°C. Hoesung Lee ha dichiarato: “Questo rapporto di sintesi sottolinea l’urgenza di intraprendere azioni più ambiziose e dimostra che, se agiamo ora, possiamo ancora garantire un futuro sostenibile e vivibile per tutti”.
  • Guterres: i governi devono attuare azioni drastiche per ridurre le emissioni ,investire nelle energie rinnovabili e nelle tecnologie a bassa emissione di carbonio e raggiungere emissioni nette di gas serra pari a zero “il più vicino possibile al 2040″, senza aspettare la scadenza del 2050 che la maggior parte di essi ha sottoscritto.

“Scalare il Monte Everest è un lavoro per superuomini”

Il 18 marzo del 1923 un articolo sul New York Times intitolava “Climbing Mount Everest is work for supermen“.

In special modo, l’articolo si chiedeva quale fosse la ragione per scalarlo, visto anche i tentativi falliti del 1921 e del 1922. La domanda venne posta a George Mallory, che aveva partecipato ad ambedue le spedizioni e che si apprestava a fare parte del gruppo che nel 1924 avrebbe effettuato un terzo tentativo. La risposta fornita dall’esploratore è diventata famosa e continuata a esserlo anche oggi a distanza di esattamente 100 anni. Infatti, Mallory risposte “Because it’s there”. Gli venne anche chiesto, se non erano sufficienti i risultati scientifici ottenuti. “Sì … ma lei pensa che Schackelton andò al Polo Sud per effettuare osservazioni scientifiche? Usò le osservazioni che fece per finanziare il viaggio successivo. Talvolta la ricerca scientifica è una scusa per l’esplorazione. Penso che raramente ne sia la ragione. L’Everest è la montagna più alta del mondo e nessun uomo ne è mai arrivato in cima. La sua esistenza è una sfida. La risposta è istintiva e credo sia parte del desiderio dell’uomo di conquistare l’universo”.

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Come si motivano i maratoneti

Alcuni maratoneti sembrano servirsi maggiormente della consapevolezza del lavoro svolto. Ripensano agli allenamenti che hanno effettuato e da questo traggono fiducia e motivazione.

  • Cerco di ripensare al lavoro che ho effettuato in precedenza, al fatto che ho lavorato bene e che quindi non devo temere di fallire.
  • Innanzi tutto essendo consapevole che i momenti difficili si presentano ad ogni stagione e che sono sempre in agguato. Dopo di che, so come procedere, cioè identifico gli errori commessi, li valuto e cerco di lavorare sodo per correggerli.

Per altri le strategie di scelta degli obiettivi sono alla base della loro esperienza e della loro abilità a motivarsi.

  •  Sicuramente spicca in me la pazienza, la precisione e la forte determinazione. Se mi pongo un obiettivo non c’è nulla che possa distogliermi dal lavorare per raggiungerlo. Forse ho sempre avuto tale capacità, ma poi l’ho anche affinata con l’allenamento e in generale con l’esperienza. Tra le persone che mi hanno aiutata a sviluppare tali caratteristiche ci sono prima di tutto mia madre ma poi anche il mio allenatore e mio marito, che nel mio caso coincidono.

Per altri ancora sembra dominare maggiormente la componente emotiva nel trainare la motivazione.

  • Trovo le maggiori spinte emotive pensando a quanto sia importante e piacevole raggiungere l’obiettivo. Il raggiungimento dello scopo rappresenta il mio maggiore stimolo motivazionale.
  • I momenti positivi  sono la testimonianza che ho le risorse e le capacità per farcela, dunque sono dei momenti per ricaricarsi e per puntare ad un prossimo obiettivo. 

Cos’è la maratona

Oggi si corre la maratona di Roma. In occasione di eventi come questi molti mi chiedono cosa sia la maratona e che piacere vi sia nel percorrere tutti quei chilometri.

Questo pensiero di Mauro Covacich, scrittore e runner, è una delle possibili spiegazioni.

“La maratona è una sorta di credo permanente: basta averla corsa una volta soltanto per sentirsi maratoneti a vita. Un po’ come per la psicanalisi. Sì, la considero una forma di arte marziale, una disciplina interiore. Lo è intrinsecamente. Per gli allenamenti che richiede, per il modo in cui ti porta a percepire l’ambiente, per lo sforzo che esige dal tuo corpo. Il maratoneta è un samurai con le scarpette al posto della spada: è estremamente severo verso se stesso, non si perdona mai, è costantemente in lotta contro i propri limiti… Sbaglia chi pensa alla maratona come a una scelta sportiva, è una disciplina massimamente estetica. È proprio una visione del mondo: non sono solo quei quarantadue chilometri da correre nel minor tempo possibile, è l’idea di resistere, di andare oltre…”
(Mauro Covacich)

Il sistema sportivo non sostiene l’attività dei master

Inizia la nuova stagione delle grandi maratone nelle capitali europee e in tutto il mondo. Questa occasione riporta in evidenza un tema poco trattato nella ricerca scientifica e nel mondo dello sport, che si riferisce all’allenamento degli adulti (gli over35) e in particolare dei Master che costruiscono il gruppo più numeroso d’iscritti alla maratone e che racchiudono ogni fascia dell’età adulta sino a oltre gli over80.

E’ la già ampia fascia di età di praticanti sport racchiusa in un periodo che copre più di 50 anni. Esistono convinzioni consolidate legate all’età, che si possono sintetizzare nel seguente concetto: gli adulti non migliorano e si limitano a praticare attività sociali e di fitness nel tempo libero. E’ stato riscontrato che questo convincimento sull’età può portare gli allenatori a credere che non sia necessario allenare gli atleti master. Chiediamo ancora un coaching di qualità se i giovani atleti non diventano olimpionici o professionisti? Sì, certo. Pertanto, un coaching di qualità dovrebbe essere una caratteristica intrinseca dello sport master e dello sport per adulti più anziani.

Di recente Bettina Callary, Editor-in-Chief della rivista International Sport Coaching Journal ha scritto a proposito di questo tema e l’ho sintetizzato nei seguenti punti:

  1. Gran parte della ricerca sullo sport è orientata sulle prestazioni di livello assoluto o alla partecipazione sportiva giovanile.
  2. Il modello dello Sviluppo a Lungo Termine dell’Atleta (LTD) utilizza un diagramma rettangolare per delineare un quadro dei percorsi di sviluppo nello sport e nell’attività fisica. Il diagramma presenta un’ampia sezione dedicata a “Attivi per la tutta vita”, come alternativa al Percorso del Podio verso l’alta prestazione. Questo è un aspetto eccellente, in quanto include il gran numero di persone (compresi gli adulti e gli anziani) che non si trovano sulla traiettoria verso le prestazioni da podio ai massimi livelli dello sport, ma che continuano a praticare sport e attività fisica.
  3. Tuttavia, mentre il modello LTD riconosce gli adulti anziani come un gruppo poco servito e poco supportato all’interno dell’ecosistema dello sport e dell’attività fisica, le informazioni contenute nel quadro stesso sono per lo più associate ai bambini, ai giovani e ai giovani adulti.
  4. Lo sviluppo degli adulti nello sport è spesso incentrato sul diventare allenatori o dirigenti, sull’entrare nel consiglio di amministrazione di una squadra o di un club giovanile, sulla raccolta di fondi e sul volontariato.
  5. Sebbene esistano sport ricreativi per adulti che nella maggior parte dei casi non prevedono allenatori, negli sport master gli allenatori possono svolgere ruoli importanti.
  6. Per sport master si intendono eventi sportivi, campionati e competizioni per adulti di età generalmente superiore ai 35 anni (anche se questa età varia a seconda dello sport e può arrivare fino ai 18 anni). All’interno di questa coorte di atleti adulti con una mentalità più orientata allo sport agonistico, gli allenatori efficaci svolgono un ruolo importante nel soddisfare i bisogni psicosociali degli atleti e nel convalidare la loro decisione di praticare sport.

 

Qual è la parte mentale del riscaldamento?

In relazione al riscaldamento voglio riprendere quanto esprime Jurgen Weineck nel suo libro “L’allenamento ottimale” poiché è un testo noto a tutti gli allenatori (gli psicologi dovrebbero studiarlo). Infatti, illustra chiaramente il ruolo fisico e anche mentale di questa fase dell’allenamento. evidenzia così quanto sia rilevante insegnare ai giovani atleti a utilizzare questa fase di allenamento nel modo adeguato e non semplicemente come esercizi noiosi da effettuare per evitare d’infortunarsi.

“Per riscaldamento s’intendono tutte le misure che, prima di un carico sportivo – d’allenamento o di gara – servono sia a creare uno stato di preparazione psicofisico e cinestesico coordinativo ottimale sia alla prevenzione degli infortuni”.

” Il riscaldamento in sé … può essere passivo, attivo e mentale, oppure realizzato in forma combinata.Nel riscaldamento attivo, l’atleta esegue praticamente gli esercizi o i movimenti, mentre in quello mentale se li rappresenta soltanto … Se viene utilizzato da solo … l’allenamento mentale è poco valido, perché mette in moto solo parzialmente, e spesso con scarsa intensità, i processi di adattamento caratteristici del riscaldamento. Invece, in alcuni sport (ad esempio ginnastica artistica e atletica leggera) se viene combinato con altri metodi di riscaldamento è di grande efficacia”  (p. 547).

“Come si può ricavare da vari lavori vi sono interrelazioni tra riscaldamento, motivazione e l’atteggiamento psichico verso l’attività stessa. Così da un lato, un grado elevato di motivazione e un atteggiamento fortemente orientato verso la prestazione possono rafforzare l’efficacia del riscaldamento – tra l’altro, grazie ai parametri psichici dello stato pre-agara che prepara l’organismo a una prestazione elevata – mentre, dall’altro, un atteggiamento negativo verso di esso ne riduce o elimina totalmente i benefici … il riscaldamento, partendo da una situazione iniziale “neutra”, serve a formare uno stato psichico di disponibilità alla prestazione, evoca uno stato ottimale di eccitazione del sistema nervoso, migliorando così l’atteggiamento verso la prestazione sportiva e la concentrazione su di essa” (p.551).

Nella preparazione alla competizione la fase del riscaldamento rappresenta un’opportunità per prepararsi mentalmente all’inizio della gara, dando il tempo agli atleti di concentrarsi sul compito che li attende. È riconosciuto che molti atleti completano una qualche forma di preparazione mentale prima delle gare. Le strategie tipiche includono:

  1. la visualizzazione della prestazione
  2. la ripetizione di parole chiave
  3. la ricerca dell’attivazione ottimale tramite esercizi fisici e tecnici
  4. la rapidità e precisione
COME TI PREPARI ALLA GARA? AL VIA SEI SEMPRE PRONTO?
HAI MAI PENSATO DI EFFETTUARE UNA ROUTINE MENTALE E NON SOLO FISICA?
VUOI SAPERNE DI PIU’ E ALLENARTI A ENTRARE SUBITO IN GARA?
SCRIVIMI E LO FAREMO INSIEME

Gli errori che derivano da uno scarso allenamento alla consapevolezza

Se i tuoi atleti commettono qualcuno di questi errori, vuol dire che non gli hai insegnato a dare valore a quello per cui s’impegnano in allenamento:

  1. Quando gli chiedi di fare un respiro profondo, sbuffano o sospirano
  2. Senza alcuna ragione variano i tempi e modi del riscaldamento
  3. Dicono: “Ma io pensavo di essere pronto mentre invece…”
  4. Si arrabbiano o si deludono con facilità anche in allenamento
  5. In allenamento hanno obiettivi di risultato e raramente di processo
  6. Sono concentrati sui risultati della loro azione sportiva e non su come realizzarla con efficacia
  7. Non sono consapevoli che è come ti prepari che determina la qualità della prestazione
  8. Pensano che avendo imparato la tecnica, allora sapranno anche gareggiare
  9. S’illudono di fare bene, solo perché l’hanno fatto in precedenza e non sono consapevoli che ogni volta è diverso e l’impegno deve essere costante
  10. Di solito dai loro campioni preferiti prendono solo i comportamenti più superficiali e più di moda

Il tabù verso la psicologia esiste ancora nel calcio

A proposito della crisi del loro migliore giocatore, l’allenatore della squadra ha dichiarato che “stiamo lavorando insieme al calciatore e allo staff psicologico della squadra per risolvere il problema al più presto possibile e vederlo giocare in campo finalmente come lui sa fare”.

Credo non sentiremo mai dire affermazioni di questo genere nel calcio. Questo perchè il vero tabù che resiste in relazione alla valutazione degli aspetti psicologici di ogni giocatore consiste nel considerarli secondo una logica positivo/negativo. O le cose vanno bene oppure ci sono problemi. La stessa parola “problema” associata a un’altra “psicologico” ricorda immediatamente qualcosa che deve essere nascosto, una colpa di cui vergognarsi e che allora pubblicamente si deve chiamare in altro modo per non stigmatizzare il giovane come uno che ha un “problema psicologico”.

Per questo allora i “problemi” mostrati sul campo da Vlahovic, Leao, Donnarumma e tanti altri che non sono citati dai media in quanto non sono famosi vengono spiegati in termini di problemi di gioco, di voglia di strafare,  di problemi legati al contratto, di difficoltà a recuperare dopo un infortunio o di trovare di nuovo il ritmo partita. Ciò che non viene detto è che queste situazioni appena elencate sono il modo in cui il calciatore mostra i suoi attuali limiti psicologici. Se si sostituisce la parola “problema” con “limite attuale” diventa più evidente che parlare di limiti psicologici è analogo al parlare di limiti fisici o tecnico-tattici e che attraverso l’allenamento sarà possibile ridurre questi limiti.

Quindi, riportando la questione a difficoltà tipiche di chi fa un lavoro, quello del calciatore, in cui si dovrebbe sempre essere pronti, sapendo ovviamente che non è possibile, diventa più facile accettare che i limiti psicologici dimostrati in determinati momenti della stagione sportiva sono parte della vita di un calciatore, non vanno perciò nascosti, sono come una contrattura muscolare o un passaggio sbagliato. Quando si manifestano il club deve essere attrezzato come per ogni altra evenienza a trattare il giocatore, tramite gli esperti in psicologia dello sport, allo scopo di ridurre o eliminare questa difficoltà.

Invece, siamo ancora fermi a pensare che il supporto dei compagni e dei tifosi e le chiacchierate con l’allenatore siano sufficienti. Certamente sono importanti ma nessuno penserebbe di risolvere un infortunio con una pacca sulla spalla.

 

Dick Fosbury, leggenda del salto in alto, è morto

Dick Fosbury, leggendario saltatore in alto oro olimpico che ha rivoluzionato l’atletica leggera, è morto domenica a causa di un linfoma, secondo quanto dichiarato dal suo agente Ray Schulte. Fosbury aveva 76 anni.

“È con grande dolore che devo comunicare la notizia che l’amico e cliente di lunga data Dick Fosbury si è spento serenamente nel sonno domenica mattina presto dopo un breve attacco di linfoma”, ha scritto Schulte su Instagram lunedì.

Fosbury ha sfoggiato la sua tecnica caratteristica, il famoso “Fosbury Flop”, con cui si è lanciato all’indietro per primo sopra l’asticella nel salto in alto ai Giochi di Città del Messico del 1968. Fosbury ha battuto i record olimpici e statunitensi con un salto di 2,24 metri e si è guadagnato la medaglia d’oro.

Alla Oregon State University, Fosbury vinse i campionati NCAA indoor e outdoor nel 1968 utilizzando il “flop”. “Sono profondamente rattristato dalla scomparsa di Dick Fosbury, una vera leggenda e un pioniere nel mondo dell’atletica leggera. L’innovativa tecnica di Dick, il ‘Fosbury Flop’, ha rivoluzionato l’evento del salto in alto e ha cambiato per sempre questo sport”, ha dichiarato Max Siegel, CEO di USA Track & Field, in un comunicato. “La sua vittoria della medaglia d’oro alle Olimpiadi di Città del Messico del 1968 non solo ha cementato il suo posto nella storia olimpica degli Stati Uniti, ma ha anche lasciato un segno indelebile nella comunità atletica mondiale. Saremo sempre grati per il suo contributo allo sport e per il suo impatto sulle generazioni di atleti che hanno seguito le sue orme”.

“Il termine leggenda è probabilmente usato troppo spesso”, ha twittato il grande dello sprint Michael Johnson. “Dick Fosbury è stato una vera e propria LEGGENDA! Ha cambiato per sempre un intero evento con una tecnica che all’epoca sembrava folle, ma il risultato l’ha resa uno standard”.

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