L’importanza di studiare per un professionista

La psicologia dello sport ha raggiunto un notevole livello di diffusione nel mondo universitario. Ogni anno vengono pubblicati migliaia di articoli che spaziano in tutti gli ambiti di questa disciplina.

Le più importanti case editrici pubblicano con grande frequenza manuali piuttosto che libri dedicati a un singolo tema psicologico o a una disciplina sportiva.

Infine, vi sono i libri divulgativi e non ultimi per rilevanza le biografie degli atleti in cui spesso raccontano come affrontato, subito o risolto le loro sfide mentali.

Abbiamo a disposizione una quantità di informazione in cui è anche facile perdersi. Nel corso della carriera di un persona che ha iniziato a lavorare negli ’80 la disponibilità di notizie è cambiata in modo radicale. La Human Kinetics era nata da poco e due erano le riviste internazionali. Il primo manuale in lingua inglese che ho letto è stato nel 1984 “Psychological foundations of sport” di John Silva III e Robert Weinberg e lo consideravo una specie di messale da consultare settimanalmente su qualsiasi questione mi venisse in mente.

Venendo ad oggi ho l’impressione che gli psicologi che vogliono occuparsi di sport leggano poco e le loro letture sono molto orientate verso libri divulgativi  e poco complessi. Seguono molto gli atleti, sia su instagram che leggendo le loro biografie, e anche questi sono fonti d’informazioni che non restano nell’ambito dell’esperienza di un singolo ma diventano anche un orientamento su cui orientare il proprio lavoro. Lo studio approfondito di un manuale non è considerato abitualmente un’opzione importante. Capisco che possa essere meno avvincente della vita narrata ad esempio da Agassi nel suo libro “Open” ma dovrebbe imprescindibile, per poi restringere l’interesse verso articoli scientifici più specifici a seconda dei propri interessi.

Mi auguro di sbagliarmi e di avere una percezione sbagliata rispetto a questo tema della conoscenza.

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