Come ti sei preparato a fare lo psicologo dello sport?

Voglio parlare di un tema importante e spesso sottovalutato in psicologia dello sport: la supervisione. Premetto che questa attività è ormai richiesta e definita dalle principali organizzazioni internazionali di psicologia dello sport fra cui l’associazione mondiale, International Society of Sport Psychology (ISSP) e quella Europea di Psicologia dello Sport (Fepsac).

Ciò a parte spesso mi scrivono psicologi che vorrebbero fare con con me il tirocinio e, come spesso letteralmente scrivono: “vedere come lavoro”. Questo non mi è possibile per il tipo di organizzazione del mio lavoro. Comunque tramite il Master di psicologia dello sport e l’attività dell’Accademia di calcio integrato seguo psicologi per il tirocinio. Al contrario, non mi è mai capitato che uno psicologo dello sport mi chiedesse di supervisionare il suo lavoro. Lascio a voi la spiegazione, forse dovuta al fatto che il tirocinio è gratuito mentre la supervisione ha un costo per lo psicologo; il lavoro è poco pagato per cui si perderebbe il guadagno; il lavoro è semplice e quindi anche un novizio lo può gestire con efficacia; l’area della psicologia dello sport è comunque solo uno degli ambiti in cui si lavora e quindi si è poco interessati a implementare le competenze specifiche; si ritiene comunque che una volta abilitati a svolgere questa professione si è già investito a sufficienza per cui la supervisione è inutile.

Ognuno si fornisca la sua spiegazione e voglio darvi la mia.

All’inizio, quando ho conosciuto Ferruccio Antonelli, nel 1981, mi diede da tradurre gli abstract dall’inglese in italiano dell’International J. of Sport Psychology e poi me li correggeva facendomi notare dove la traduzione non aveva senso compiuto nella nostra lingua. Capii che ciò che contava era farsi capire da lettore. Poi mi diede dei libri da leggere. Tramite lui non ho mai visto un atleta, ma ho letto molto e dopo un anno sapevo chi erano i principali autori a livello internazionale sui principali argomenti della psicologia dello sport. Nel contempo, sempre nel 1981, conobbi Carmelo Pittera, ct della nazionale maschile di pallavolo e grande uomo di cultura e apertura mentale. E anche in questa esperienza, che durò 7 anni, si passava il tempo a studiare l’anticipazione motoria, come allenarla con gli atleti, come trasferire queste conoscenze ai bambini del minivolley e agli insegnanti. Questo approccio permise la produzione di 4 libri di educazione motoria (tuttora validi), un libro sulla psicologia degli arbitri di pallavolo (mai più ripetuto in nessun altro sport di squadra), il mio libro del Mental Training e ricerche pubblicate su riviste internazionali.

Questo per dire che alla base della riuscita vi è la conoscenza specifica, altrimenti saremo come quel medico che s’improvvisa ortopedico o cardiologo. Nel frattempo, in quegli anni ho fatto due scuole di psicoterapia per un totale di 6 anni. Oggi, il mio approccio rimane lo stesso. Nel 1998 ho pubblicato con Il Mulino il manuale “Psicologia dello Sport” e nel 2021 è uscita un’edizione totalmente nuova e aggiornata intitolata “Fondamenti di Psicologia dello Sport”. Questo è tutto.

Voi come vi siete preparati a svolgere questa professione?

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