Archivio mensile per gennaio, 2022

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Master Roma: 26 gennaio Open Day

Come aumentare la pratica sportiva fra le persone con disabilità

10 punti chiave per aumentare la pratica sportiva fra le persone con disabilità. 

Catherine Carty, Hidde P. van der Ploeg, Stuart J.H. Biddle, Fiona Bull, Juana Willumsen, Lindsay Lee, Kaloyan Kamenov, and Karen Milton (2021). The First Global Physical Activity and Sedentary Behavior Guidelines for People Living With Disability.  Journal of Physical Activity and Health, 18, 86-93

10 target areas Actions needed
1. Awareness Tailored awareness campaigns are needed to draw attention to the inequity experienced by people living with disability in relation to physical activity. Emphasis on disability as an interaction between a health condition, personal characteristics, and the environment will help reduce exclusion and point to the broad range of sectors and actions that are needed to cocreate inclusive physical activity solutions.
2. Communication Communication campaigns for promoting physical activity and limiting sedentary behavior need to be targeted at and accessible to people with a wide variety of impairments through a variety of formats and technologies. General communication messages need to avoid ableist language and sentiment and be universally accessible.
3. Environment Inclusive access to local amenities, facilities, and services, including green spaces, blue spaces, and networks, may require new products, technologies, environmental changes, supportive relationships, and inclusive social attitudes. Safe and connected active transport should be made accessible for people living with disability so that they can participate more independently where they live, work, play, or go to school. This will help limit sedentary behavior and increase physical activity among people living with disability.
4. Training Training and education providers need to supply inclusive practitioners across sectors that impact physical activity and sedentary behavior to meet the specific needs of people living with disability. Disability awareness training for a broad range of community stakeholders (professionals to volunteers) would build much-needed understanding and help reduce the disabling impact of the social and physical environment.
5. Partnership Facilitating inclusion in and through physical activity is a whole of society issue. Multidisciplinary partnerships from national policy to local delivery levels are needed to address barriers and facilitators to create opportunities for participation. They must involve disability service organizations and people living with disability. Dedicated disability sport inclusion staff, working with disability organizations, can support the inclusion of individuals with disability in physical activity at community levels.
6. Research Mechanisms to gather disaggregated data on participation in physical activity, sedentary behavior, and disability are essential to monitor progress in participation on all levels—local, national, and international. An increased volume and quality of research exploring barriers and enablers to physical activity and its effects, along the disability continuum and across the domains of functioning (including life activities and participation), are needed to inform effective inclusive policy solutions and public health interventions.
7. Human rights Protecting, respecting, and fulfilling human rights with and for people with disability in and though physical activity are critical, including targeted interventions for those enduring intersectional discrimination. Increased understanding of roles and responsibilities pertaining to human rights is needed and must transfer to inclusive actions, advocacy, and investments across multiple sectors.
8. Programs Community-based physical activity programs need to consider disability-specific accommodations (across fully inclusive to segregated activities) and universal design principles. Facilitating choice in programming is critical, as is the need to provide opportunities to build positive experiences, beginning early in childhood.
9. Investment Investment is needed across sectors to advance disability inclusion in and through physical activity, in line with human rights obligations. It can be tailored according to means through innovative approaches. Appropriate and effective practical measures, or “reasonable accommodations,” such as assistants, carers, and assistive technologies, should be provided to help people living with disability to be active and to limit sedentary behavior.
10. Governance Creating inclusive societies requires significant changes at governance and policy levels. Disability inclusion in public health and physical activity should be mainstreamed through policies and legal frameworks. Partnerships, finance, and all relevant organs of society should be mobilized to address disability inclusion. With broad interagency governance structures, physical activity can be a driver of inclusive action in broader society.

Registro-ISSP per psicologi dello sport

ISSP is pleased to announce that applications to the ISSP-Registry (ISSP-R) and ISSP-Registry of Approved Supervisors (ISSP-S) will be re-opening. Applications will open on Friday, January 21, 2022. Please refer to the ISSP-R section of the website for full details.

Calcio, arbitraggio e psicologia

Sappiamo che lo stress dell’arbitraggio è negativamente correlato con la concentrazione, la fiducia in se stessi e il benessere globale dell’arbitro. Non ci deve stupire poiché ciò avviene in relazione a qualsiasi attività svolta in modo professionale.

Sappiamo anche che così come gli atleti hanno bisogno di competenze psicologiche per eseguire prestazioni di successo lo stesso vale per gli arbitri. Gli ufficiali di gara devono essere in grado di focalizzare la loro attenzione, rimanere freddi sotto pressione, affrontare gli errori e le situazioni avverse con efficacia e fissare obiettivi realistici.

Se questi concetti sono condivisi mi chiedo allora, nel caso degli arbitri di calcio, che cosa viene fatto dall’organizzazione arbitrale per fornire quella preparazione allo stress , in special modo dopo errori gravi, ai suoi associati. Di solito l’arbitro viene tenuto a riposo per qualche turno. A cosa serve questa scelta? E soprattutto in che modo viene aiutato a superare questo tipo di stress? E’ solo il tempo l’unica medicina? E con chi si consulta il designatore, con altri arbitri? E perchè non con uno psicologo?

Domande che non riceveranno una risposta. Un’organizzazione arbitrale quella italiana che negli ultimi 21 anni non ha prodotto una ricerca sugli aspetti psicologici di quest’attività. Al contrario, è un tipo di prestazione molto studiata dai ricercatori delle altre nazioni tanto che su google scholar alla voce referee psychology vi sono almeno cento ricerche sugli arbitri pubblicate in riviste internazionali.

Hasta siempre Gento

Il presidente onorario ha giocato 18 stagioni al Real Madrid ed è diventato una leggenda del calcio mondiale.

Francisco Gento López si è spento all’età di 88 anni. Figura chiave della leggenda del Real Madrid, ha giocato per il nostro club dal 1953 al 1971. Diciotto anni in cui ha ottenuto una lista di onori ineguagliabile. Ha vinto 6 Coppe Europee, il che lo rende un giocatore unico nella storia del calcio. A questi ha aggiunto 12 Leghe, 1 Intercontinentale, 2 Coppe Latine, 2 Coppe di Spagna e 1 Piccola Coppa del Mondo. Il suo contributo al Real Madrid lo ha portato ad essere eletto presidente onorario del club nel 2016.

Con un fisico portentoso e una velocità incredibile, Gento era la migliore ala sinistra del mondo. Ma a parte le sue spettacolari qualità di giocatore, è stato l’anello di congiunzione tra due generazioni leggendarie al Real Madrid: quella delle prime cinque coppe europee e quella della equipe yeyé.

A partire da Di Stefano
Gento è nato il 21 ottobre 1933 a Guarnizo (Cantabria) e si è unito al Real Madrid nella stagione 1953-54 dal Racing Santander. Nella stessa stagione, anche Di Stéfano si è unito alla nostra squadra e insieme hanno trasformato il Real Madrid nel miglior club del mondo.

Nel loro primo anno hanno vinto la Liga e hanno inaugurato un’epoca d’oro per il Real Madrid. I migliori calciatori del mondo hanno indossato la nostra maglia e la linea di attaccanti formata da Kopa, Rial, Di Stéfano, Puskas e Gento è considerata la più importante della storia.

Dalla nascita della Coppa Europa nel 1955, Gento è l’unico giocatore ad aver vinto il trofeo sei volte. Prima fece parte della storica squadra che vinse cinque titoli consecutivi dal 1956 al 1960 e poi fu il capitano della squadra yeyé del Real Madrid che lo vinse nel 1966.

Gento ha vinto le prime sei finali di Coppa Europa del Real Madrid e ha segnato in due di esse. Nella seconda, ha segnato il 2-0 vincente contro la Fiorentina in una finale giocata al Santiago Bernabéu. Fu ancora più decisivo nella terza, quando il suo gol ai supplementari risolse un incontro difficile contro il Milan”.

L’arbitro: un uomo solo con le sue insicurezze

Di nuovo un errore arbitrale a incidere negativamente sul risultato della partita. E’ accaduto in Milan-Spezia dove Serra per un presunto fallo di Bastoni ha fermato l’attacco di Rebic, che aveva servito Messias, il cui tiro sotto l’incrocio era andato a buon fine.

L’arbitro si è subito reso conto dell’errore clamoroso commesso ma ovviamente non ha potuto ritornare indietro. Questo fatto ci dimostra ancora una volta che talvolta sono gli arbitri a influenzare in modo rilevante il risultato della partita. La tecnologia aiuta ma non dispensa dagli errori, che nel calcio ci saranno sempre. Questo nuovo caso mette in evidenza una differenza sostanziale tra gli errori dei calciatori e quelli dell’arbitro. I primi hanno la squadra in cui rifugiarsi mentre il direttore di gara resta solo con il suo senso di colpa per avere commesso un errore, che non avrebbe dovuto avvenire. Tutti concordano nell’affermare che gli errori fanno parte del gioco ma questa convinzione non basta all’arbitro per uscire dall’angoscia che un errore grave determina. L’errore di Serra è come quello di Jorginho che sbaglia il rigore decisivo o del ginnasta che insegue la perfezione della sua prestazione senza riuscirci. Non si parla mai dell’arbitraggio della pallavolo o della pallacanestro, perché raramente le scelte del giudice di gara determinano il risultato finale, sono sport in cui si fanno punti in ogni minuto di gara e il valore delle sanzioni arbitrali incide meno sulla partita. Nel calcio è diverso. Il gol è un evento raro e il gioco è influenzato dalle ammonizioni, fatti importanti per quella partita e quella successiva.

Il calciatore il giorno dopo va al campo e ha i compagni e lo staff con cui condividere i suoi problemi. L’arbitro non ha nessuno, non ha compagni di squadra, ha un capo, il designatore che se da un lato lo può comprendere dall’altro è colui che decide le partite che arbitrerà e se è il caso di fermarlo per qualche turno di campionato. L’arbitro è solo a dover combattere con le insicurezze generate da una scelta sbagliata, e mi auguro che nella sua vita privata abbia persone con cui condividere i suoi sentimenti e i suoi timori, senza essere giudicato ma semplicemente accettato, perché gli errori sono parte di qualsiasi professione.

L’arbitro: un uomo solo con le sue insicurezze

Sostieni i bambini di Sport Senza Frontiere Onlus

Matteo Simone, un caro amico psicologo dello sport, correrà la prossima Maratona di Roma per i bambini, i ragazzi, i progetti di Sport Senza Frontiere.

L’ha fatto già altre volte con coraggio, impegno, determinazione, volontà e amicizia, accanto a tanti altri atleti che si vogliono mettere in gioco con lo sport e per lo sport, condividendo gioie e dolore e correndo non solo per se stessi ma anche per gli altri.

Sostieni l’iniziativa di Matteo Simone per Sport Senza Frontiere Onlus

Perché correrò per Sport Senza Frontiere? 

Perché ho conosciuto da diversi anni alcuni di loro, persone molto sensibili, solidali, speciali, straordinarie e cerco di affiancarmi a loro, per contribuire nella loro risuscita di permettere a bambini e ragazzi in condizioni svantaggiose di fare sport, vivere bene, stare in salute fisica e mentale, fare una vita dignitosa.

Ritengo che lo sport non debba essere considerato solo performance ma anche modalità e opportunità di inclusione, integrazione, solidarietà, aggregazione, quando è possibile.

Il tirocinio è il valore chiave del Master in Psicologia dello Sport

Il valore di un master in psicologia dello sport è dato da molti aspetti fra cui certamente la qualità dei docenti che devono avere svolto attività significative e continuative nello sport e la partecipazione in presenza poiché la nostra è un’attività in cui l’apprendimento professionale è di gran lunga ridotto se avviene a distanza.

Tuttavia, direi che la dimensione più significativa sia rappresentata dal tirocinio presso un’organizzazione sportiva. S’impara attraverso l’opportunità di svolgere esperienze all’interno di un contesto sportivo organizzato in cui lo psicologo è chiamato a proporsi con degli obiettivi e un programma costruito per quella situazione.

  • Nel Master organizzato da Psicosport ciò è possibile poiché i partecipanti sono inviati in società sportive che vengono a loro proposte o, in rare occasioni, suggerite da loro stessi. Quest’anno abbiamo organizzato tirocini che vanno dalla Lombardia, alla Campania e alla Puglia.
  • Un secondo aspetto professionalizzante è che il tirocinio è supervisionato da Daniela Sepio, coordinatrice del Master, e da me. Questo legame permette agli psicologi di avere sempre un confronto continuo sulle loro attività.
  • Terzo, il tirocinio è anche la base per la formulazione del project work finale, che riguarda come continuare l’attività in quella società sportiva una volta terminato il master.
  • Su queste basi, è probabile che la loro esperienza si possa tramutare nel primo lavoro retribuito come psicologo dello sport.
  • Quarto, il tirocinio ha la durata di 5 mesi, per un minimo di 90 ore di pratica, a cui si aggiungono quelle necessarie per organizzare il lavoro sul campo e valutarne gli effetti.
Personalmente, considero questa esperienza lavorativa come l’aspetto formativo che permette di mettere in pratica le conoscenze e le competenze trattate nel master. In tal modo abbiamo integrato teoria e pratica.
Questo è un master per chi vuole tramutare il suo sogno di diventare psicologo dello sport nella realtà di un professionista che conosce e sa applicare le sue competenze. Non è retorica, noi la pensiamo e lavoriamo in questo modo.

Non solo storie di successo

Lo sport non è solo il racconto di grandi storie di successo personale e di squadra.

Emergono anche storie di vita come quella di Djokovic, di Shevchenko e di Dybala. Storie molto diverse che esprimono il non-senso di molte situazioni, che potrebbero sembrare anche comiche se non avessero risvolti sociali importanti come quella di Djokovic e professionali come le altre due storie.

Di Djokovic è stato scritto di tutto e la situazione sembra non avere più segreti. Questa esperienza ci ha riproposto la storia della persona di successo che ritiene di essere oltre le regole e di dover essere accettato per il ruolo raggiunto. Quando ci si percepisce intoccabile, è facile agire con la convinzione che ogni propria scelta sia legittima e debba essere accettata.  Ha sbagliato, finisce lì.

Shevchenko è l’ultimo esempio di come troppo spesso non ci sia professionalità nella scelta dell’allenatore. I presidenti preferiscono buttare via i loro soldi nel mantenere più allenatori a contratto, sono risorse sottratte ad altri investimenti di cui nessuno sembra preoccuparsi.

Dybala e il suo contratto in sospeso da diversi mesi. E’ vero che il nuovo contratto prevede un salto economico importante e il club ha bisogno di tempo per decidere ma allo stesso tempo il protrarsi per mesi di questa condizione non può non esercitare un’influenza negativa sulla serenità del calciatore. Raramente le situazioni che si protraggono senza avere una soluzione sono vissute bene dalle persone, anzi spesso minano proprio la fiducia della persona e il suo sentirsi accettati. Queste esperienze hanno un costo psicologico personale e alla fine danneggiano la squadra.

 

Sai come migliorare la tua attenzione?

Molti giovani non sono consapevoli di cosa intendere per intensità di svolgimento di un esercizio o di un allenamento.

E’ certamente più facile capirlo in quegli sport in cui viene richiesta un’esecuzione con un tempo preciso o comunque con una velocità ben definita.

Ma queste definizioni sono comunque riferite ad aspetti tecnici. Mi sembra invece che sia spesso più ridotta la consapevolezza della qualità ad esempio della loro concentrazione e quanto sia possibile per loro aumentarla anche quando ritengono di essere al massimo del focus su un compito.

C’è poca attenzione anche da parte degli allenatori ad allenare la concentrazione e soprattutto a migliorarla nel tempo anche in coloro che sono concentrati e motivati. Si ritiene che attenzione e motivazione siano un patrimonio che l’atleta deve mettere per conto suo e che l’insegnamento debba riguardare solo la tecnica o la tattica o il miglioramento fisico e atletico.

Naturalmente anche gli psicologi ignorano come potenziare queste dimensioni psicologiche, giacché il loro percorso di studi non prevede queste tematiche. Considero questa carenza piuttosto grave, in un mondo che base tutto sulla velocità di risposta, sulla gestione di più informazioni e sulla riduzione dello stress che queste determinano nella quotidianità.

Come si diventa consapevoli del proprio modo di prestare attenzione e come allenarla per migliorare le nostre prestazioni?