La gestione degli errori: perchè è così difficile

In molte culture sono presenti modi di dire che ricordano quanto sia importante imparare a reagire alle situazioni negative e agli errori. Si dice, ad esempio: “Quando si chiude una porta, si apre un portone” mentre gli americani amano ripetere: “Non importa quante volte cadi, ma quanto in fretta ti rialzi” e i giapponesi affermano: “Cadere sette volte, rialzarsi l’ottava”. Queste affermazioni mettono in evidenza che per avere successo si deve sviluppare una piena consapevolezza di quanto sia frequente commettere degli errori e di quanto sia altrettanto rilevante reagire in modo costruttivo.

Non ci sono scorciatoie, poiché gli errori non possono essere eliminati; bisogna per forza sbagliare, come durante un percorso a ostacoli in cui si è consci in ogni momento che è possibile commettere errori, rallentare, fare una grande fatica per superare un ostacolo anche se si è ben preparati e si conosce il percorso. Allora se questa è la strada da percorrere, bisogna impedire che gli errori diventino alibi utilizzati per confermare a se stessi l’impossibilità di superare i propri limiti attuali, con l’effetto di determinare una riduzione dell’impegno, poiché  “Tanto non c’è niente da fare” oppure “Sì, ci sarebbe tanto da fare, ma non ho abbastanza talento o sono sfortunato”. Bisogna quindi costruire, attraverso l’attività quotidiana, una cultura del lavoro che consideri l’errore come parte integrante del processo di miglioramento.

D’altra parte lo sport è un contesto in cui la presenza di errori è una costante di ogni prestazione, molto spesso anche di quelle vincenti. Nel tiro al piattello, il record del mondo, colpire 125 su 125 è stato realizzato 12 volte negli ultimi 25 anni. In ogni altra occasione, i tiratori hanno sempre commesso degli errori. Negli sport di coordinamento del corpo nello spazio sono molto rare le volte in cui un atleta, maschio o femmina, ha ottenuto il massimo punteggio.

Nel basket, Michael Jordan ha detto: “Nella mia vita ho sbagliato più di novemila tiri, ho perso quasi trecento partite, ventisei volte i miei compagni mi hanno affidato il tiro decisivo e l’ho sbagliato. Ho fallito molte volte. Ed è per questo che alla fine ho vinto tutto”. Sempre nel basket, in EuroLeague solo l’8,5% dei giocatori ha realizzato il 90% dei tiri liberi, il 35% ne ha messo a segno l’80%, il 32% il 70% dei tentativi e il 24% ne ha realizzati meno del 70% (Cei 2018). Nel calcio, tutti sbagliano i rigori da Roberto Baggio nella finale di calcio dei mondiali del ’94 agli ultimi sbagliati da Messi, Modric e Ronaldo a questi Mondiali in Russia.

Nonostante questi dati, molti atleti non accettano la possibilità di commettere errori, anzi talvolta ne rimangono addirittura stupiti: “Perchè tutto stava andando così bene” o “Perchè mi sentivo così in forma che pensavo che non avrei mai potuto sbagliare” mentre altre volte la difficoltà ad accettarli emerge quando l’atleta si trova nella situazione opposta, per cui pensa: “Peggio di così non poteva andare, quell’errore mi ha colto all’improvviso e non ho saputo reagire, mi sono confuso pensando a cosa fare di diverso e da lì è stata una rovina”. Ambedue queste situazioni, una positiva e la seconda negativa, riportate dagli atleti abbastanza di frequente, evidenziano la difficoltà ad accettare l’errore e il non avere pianificato in precedenza un modo per affrontare ciò che avrebbe potuto influire negativamente sulla prestazione.

Di questo e di altro parleremo durante l’Open Day dedicato alla gestione degli errori, mercoledì 29 settembre dalle 19 alle 20.30.

0 Risposte a “La gestione degli errori: perchè è così difficile”


  • Nessun commento

Contribuisci con la tua opinione