Archivio mensile per luglio, 2021

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Calcio, famiglia e nostalgia

Passeranno gli anni ma è inevitabile non provare un pizzico di tristezza ogni volta che vedo una foto di Valentino Mazzola o di un altro calciatore di quel mitico Torino. In questa sta allacciando le scarpe al figlio Sandro di 4 anni.

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Nuovo libro: Fondamenti di Psicologia dello Sport

Fondamenti di psicologia dello sport

Alberto Cei

Il Mulino, settembre 2021, p.296

La psicologia dello sport è una disciplina che ha acquisito sempre più interesse negli ultimi anni e ha saputo ritagliarsi un suo spazio autonomo all’interno della psicologia e delle scienze dello sport e del loro insegnamento. I principali temi che affronta questa materia riguardano otto grandi aree: i processi cognitivi coinvolti nel controllo motorio e nella prestazione sportiva; le abilità psicologiche implicate nei diversi tipi di discipline; i processi motivazionali; il ruolo dell’allenatore e dell’organizzazione dell’allenamento; i programmi sportivi per l’infanzia; il benessere e la salute; le abilità interpersonali e le dinamiche di gruppo; i processi di autoregolazione, i livelli di attivazione e i sistemi per affrontare lo stress agonistico. In questo libro, l’autore illustra le conoscenze che la psicologia dello sport ha acquisito in queste aree principali e fornisce un panorama esaustivo in grado di soddisfare docenti, studenti e quanti sono interessati o vogliono avvicinarsi a questa disciplina.

Indice del volume: Introduzione. – I. I processi motivazionali nello sport. – II. Sport e personalità. – III. Processi di autoregolazione e livelli di attivazione. – IV. L’attenzione: dalla teoria all’applicazione. – V. Dinamiche di gruppo. – Riferimenti bibliografici. – Indice analitico.

Come saranno vissute le olimpiadi di Tokyo?

Le Olimpiadi oscillano da sempre tra due opposti. Da una parte sono una festa di pace tra i popoli. Non a caso sono state spesso un mezzo di pressione e di rivendicazione politica, utilizzate sia dalle nazioni che da singoli atleti. Lo sport non è neutrale, non è vero che l’importante è partecipare, le nazioni si servono dello sport per affermare la loro visione del mondo. Fatto assolutamente condivisibile sino a quando vengono rispettati i diritti di tutti. La nostra cultura dello sport olimpico affonda le sue radici nella Grecia classica per cui lo sport era accanto alle altre forme di sviluppo delle persone. Nel contempo per ogni atleta le olimpiadi rappresentano l’occasione più importante per affermare il loro valore a livello mondiale, è la la massima vetrina a cui un atleta possa aspirare. D’altra parte le Olimpiadi insieme ai mondiali di calcio e al Tour de France costituiscono i massimi eventi mondiali sportivi. Le olimpiadi di Tokyo rappresenteranno qualcosa di diverso da quelle precedenti.

Intanto gli atleti provengono da un anno di pandemia, un anno senza gare e per alcuni sport vi sono state poche opportunità per potersi qualificare (il tenni tavolo ad esempio ha avuto nel 2021 solo due tornei di qualificazione). In qualche modo la selezione dei partecipanti è stata ingiusta e molti degli esclusi si stanno già preparando alle prossime di Parigi 2024 che sono solo distanti poco più di due anni. In secondo luogo, le restrizioni imposte dal Giappone durante la permanenza a Tokyo saranno molto severe e quindi non vi saranno interviste e conferenze stampa prima e dopo le gare e questo penalizza certamente gli sport e gli atleti/e con minore visibilità durante il quadriennio. Infine, non vi sarà il pubblico e abbiamo vissuto tutti la sua assenza durante il campionato di calcio. La mancanza di tifo sarà un aspetto che potrebbe influire negativamente su molte prestazioni, così come il diffondersi dei positivi durante le olimpiadi. Venendo a mancare l’entusiasmo che il pubblico ovviamente determina, gli atleti dovranno fare riferimento alla loro forza interiore per sostenersi in un ambiente silenzioso e naturale ma che determinerà in ogni i vincitori di una medaglia alle olimpiadi, facendo entrare coloro che ci riusciranno nell’élite dello sport mondiale.

Fra pochi giorni sapremo cosa succederà, resta comunque sempre vero che la maggior parte degli atleti/e nonostante queste differenze saranno concentrati nel fornire la prestazione della loro vita.

 

Quanto è difficile diventare un atleta junior di livello internazionale?

Quanto è difficile diventare un atleta junior di livello internazionale?

Negli sport di opposizione in cui si combatte direttamente contro un altro avversario è molto difficile, perchè aldilà delle abilità sportive e di quelle fisiche, l’elemento mentale è quello che determina il successo.

Con questo non intendo dire che vi sia una prevalenza mentale sulle altre due componenti ma che senza la guida mentale e con un grado di agonismo ridotto non sarà possibile per l’atleta esprimere le sue capacità sportive e motorie.

Negli sport di opposizione velocità e precisione sono due aspetti inscindibili della prestazione. E’ evidente che chi si allena per coniugate insieme queste due caratteristiche corre maggiori rischi di sbagliare ma un’altra opzione non è possibile. Se si rallenta troppo si diventa prevedibili e la mancanza di precisione comporta il tirare i colpi in modo casuale.

Allenarsi su questi due aspetti, comporta anche lavorare mentalmente nel mantenere un livello elevato di fiducia anche se all’inizio si commetteranno più errori. Il mantenere elevata la fiducia permetterà però di insistere in questo tipo di allenamento e, di recuperare in fretta dagli errori e di competere con maggiore convinzione.

 

 

Perchè molti non vogliono essere i padroni del loro destino?

Molti oggi citano le parole che Roberto Mancini ha detto alla squadra prima della finale contro l’Inghilterra: “Siamo noi i padroni del nostro destino”.

I commenti le hanno definite parole emozionanti, vero perchè è proprio questo tipo di consapevolezza che troppo spesso determina risposte emotive catastrofiche.

Questa consapevolezza risuona dentro ogni persona nei momenti cruciali della propria vita. E’ un concetto che rivela in che misura un individuo vuole essere autodeterminante  e autonomo nelle proprie decisioni. Sono alla base della teoria dell’autodeterminazione, secondo cui le persone realizzano i loro obiettivi proprio perchè sanno che migliorano grazie al loro impegno.

C’è un ma che spesso ostacola la propria affermazione, consiste nel sapere che pur fornendo la prestazione migliore di cui si è capaci, il risultato finale non è comunque garantito. In altre parole, si deve fare del proprio meglio nella consapevolezza che si può comunque perdere una partita di calcio o, nella vita, non ottenere ciò per cui ci si è impegnati. Perchè ci sono anche gli altri, c’è la difficoltà del compito e talvolta serve anche un pizzico di fortuna.

Non tutte le persone sono disposte a impegnarsi a correre questi rischi e, quindi, riducono il loro coinvolgimento in quello che fanno oppure si comportano in modo impulsivo, agendo senza pensare, mentre altre diventano invece eccessivamente analitiche, ponendosi troppe domande e rallentando la loro azione.

Le persone che non accettano questa sfida, scelgono di rifugiarsi nell’idea consolatoria che hanno fallito perchè non si sono impegnate abbastanza. E’ un modo per non infierire sulla stima di se stessi.

 

Giornata indimenticabile per lo sport italiano

Oggi sarà una giornata indimenticabile per lo sport italiano, ci aspetta la finale di Wimbledon e quella che si giocherà a Wembley. Due luoghi tra i più iconici dello sport mondiale, dove gli atleti italiani saranno protagonisti.

Chi ha raggiunto questi obiettivi, Matteo Berrettini e la nazionale di calcio, hanno affrontato un percorso difficile che hanno raggiunto non solo grazie alle loro capacità sportive ma anche in virtù della loro capacità accettare le difficoltà con cui si sono confrontati e di saperle vincere. Sono un esempio di quanto scritto da  Rudyard Kipling, nella poesia If, di cui due versi significativi sono proprio scritti all’ingresso del campo centrale di Wembley: “If you can meet with Triumph and Disaster / And treat those two impostors just the same” (Se saprai confrontarti con Trionfo e Rovina / E trattare allo stesso modo questi due impostori).

In poche parole, Kipling è stato capace di riassumere il senso più profondo dello sport, rappresentato dalla sfida con stessi, dall’angoscia che questa provoca e dalla capacità di superamento di questo condizione psicologica per giungere alla vittoria.

Ogni giovane, allenatore e genitore dovrebbe ricordarsi queste idee e capire quanto sia difficile l’impresa vissuta dagli atleti. Prendiamoci dei nostri talenti.

 

Camp estivo con giovani disabilità intellettiva

E’ difficile parlare di un campo estivo per giovani con disabilità intellettiva con con disturbi medio-gravi come quelli che abbiamo terminato dopo tre settimane di attività. la difficoltà risiede principalmente dal fatto che l’attività è stata svolta con una relazione 1 a 1, che sta a significare che ogni giovane è stato seguito da un operatore, che poteva essere psicologo o allenatore. Per loro, come per quelli con un livello di funzionamento migliore, l’attività sportiva è stata alternata con quella espressiva per una durata complessiva di 5 ore consecutive.

L’attività sportiva si è svolta all’interni di un campo di calcio-5 strutturato con una sequenza di stazioni motorie così che tutti fossero attivi nello stesso momento senza momenti di attesa. Ciò ha permesso a ogni bambino di potere svolgere l’attività seguendo il proprio ritmo, permettendogli così di fare delle pause in funzione della stanchezza e della loro motivazione a continuare.

L’avere molto più tempo a disposizione per svolgere l’attività, rispetto alla durata abituale dell’allenamento di 60 minuti, ha consentito a ognuno di fare anche delle pause piuttosto lunghe di 15/20 minuti pur continuando a stare sul campo per poi riprenderla avendo a disposizione un tempo di 5 ore. Questo aspetto ha avuto un effetto positivo anche sugli allenatori che hanno lavorato nella consapevolezza di non dovere sollecitare il giovane a svolgere l’attività, come può succedere durante quando il tempo di allenamento è per appunto molto più ridotto.

Va detto anche che ogni settimana i partecipanti sono stati attivi per 5 ore al giorno per un totale di 25 ore, che in termini quantitativi equivalgono 3 mesi di allenamento per due ore settimanali. Inoltre questi ragazzi/e di più limitato funzionamento difficilmente vengono ogni allenamento, per cui non è difficile immaginare che per molti questo numero settimanale può avere equivalso a 4 mesi di allenamento.

Non dovrebbe quindi stupire che alcuni di loro siano di molto migliorati anche solo in una settimana, che per loro ha rappresentato un’esperienza di vita del tutto nuova, con un coinvolgimento personale sconosciuto. Questo risultato è stato spesso ribadito dai genitori che avrebbero voluto continuare per altre settimane questo tipo di attività. Il camp è stato anche allargato ai loro fratelli e sorelle. Ciò ha permesso non solo alla famiglia di sollevarsi del problema del loro collocamento durante questo periodo in altre capi estivi ma i giochi svolti insieme hanno migliorato la loro consapevolezza sul fatto che anche altre famiglie hanno bambini come i loro fratelli/sorelle con disabilità. Hanno scoperto che ci sono delle attività che si possono fare insieme, che i loro fratelli migliorano se svolgono un’attività organizzata con altri della loro età. In altre parole si diffonde fra di loro un’idea di normalità quotidiana che può esistere se si sta in un contesto non escludente ma in cui s’interagisce.

Gli ambienti che di solito frequentano non sono organizzati in questo modo ma il nostro campo estivo dimostra come sia possibile favorire l’integrazione, senza che diventi un’attività pietosa o di finta inclusione, in cui l’unico elemento che unisce è la condizione dello stesso ambiente fisico ma che rea esclusione per i contenuti praticati.

Si vince con la regola del Noi

Per illustrare quello che sta avvenendo in questi giorni durante il campionato europeo di calcio, in cui l’importanza di fare gruppo viene continuamente proposta, voglio ricordare una storia riportata da Pat Riley, allenatore dei Los Angeles Laker a proposito di Magic Johnson.

“Quando giocava nei Los Angeles Lakers si distingueva non solo perché era un campione, ma anche per la sua dedizione totale al gioco di squadra: passava e difendeva anziché pensare solo a fare canestro. E’ stato lo stesso giocatore a raccontare a Riley come si era affermato in lui questo atteggiamento collaborativo verso la squadra. Quando giocava a livello di lega giovanile il suo allenatore gli aveva detto che lui era il più grande, il miglior giocatore della squadra e che avrebbe dovuto tirare in continuazione. Fece in questo modo, segnava la maggior parte dei canestri della squadra che così vinceva ogni volta. Nonostante queste vittorie gli altri compagni di squadra si sentivano incapaci, erano depressi e nessuno lo ringraziava o si mostrava contento per quello che lui faceva. Decise che quella situazione era per lui insopportabile. Da quel momento il suo comportamento in campo cambiò e mise le sue capacità al servizio della squadra. L’umore della squadra mutò completamente, i compagni furono molto più motivati, incrementarono le loro abilità e continuarono ugualmente a vincere” (da Cei, 1998).

Se dovessi scegliere le parole chiave di questo europeo di calcio direi che sono: entusiasmo, crederci e impegno di tutti.

Leggiamo, infatti, che gli inglesi hanno sbattuto contro lo scoglio danese, e gli stessi inglesi a loro volta cantano “Football is coming home”.

La Spagna con i suoi passaggi che coinvolgono sempre  tutta la squadra e Luis Enrique che dice: “Sono felice di quello che ho visto e orgoglioso dei miei ragazzi, in finale tiferò Italia, impossibile non amarla”. L’entusiasmo e la solidità del gruppo italiano è evidente nel gioco, ci sono certamente giocatori di grande qualità ma questa è sempre utilizzata per sviluppare un’idea comune e non l’individualismo di alcuni.

L’aggressività è la chiave per vincere

I campionati si vincono con i gol degli ultimi 15 minuti e anche Italia-Spagna ha confermato questo copione. Morata ha infatti segnato il gol del pareggio all’81° minuto.

Stanchezza fisica e stress mentale sono la causa di questi risultati. La determinazione e l’aggressività di squadra sono i fattori che permettono anche nei supplementari di condurre il gioco che è stato preparato.  Ci vorrà anche fortuna, come sempre, ma la base è che la determinazione di Chiellini sia trasmessa a tutta la squadra.

Rigori. Prima c’è il pathos di tutti che sostengono il portiere, poi i anche i due portieri avversari si abbracciano. E poi c’è solo la solitudine del rigorista.

Alla fine in finale andiamo noi!!!!

Stasera vince la squadra più unita

Cosa ci dobbiamo aspettare questa sera dall’Italia contro la Spagna?

La conferma definitiva dell’importanza della coesione di squadra. Sarà importante questa partita non solo per la scontata rilevanza della vittoria, ma per la storia di questi anni che ha portato a questo incontro decisivo per l’entrata in finale del campionato europeo.

E’ inutile fare finta di niente, si gioca per vincere e l’Italia è abituata a ottenere questo risultato attraverso il lavoro corale dei singoli calciatori. In queste ore, la tensione agonistica cresce e la si può governare credendo nel potere della squadra, da cui deriva il tiro efficace e la parata decisiva.

I momenti a nostro favore si costruiscono, come abbiamo visto nella partite precedenti, attraverso l’impegno di tutti  e questo permetterà il manifestarsi di quelle azioni dei singoli che dovranno portare a ottenere un risultato finale a nostro favore.