Riflessioni sui nostri giovani talenti

Il Roland Garros ha aperto un periodo di grandi emozioni per il nostro sport e ha messo in mostra quanto sono bravi i giovani tennisti italiani, ragazzi di cui essere orgogliosi. Non è finita qui con il tennis perché ci saranno ancora molti tornei prestigiosi in cui mostrare il proprio valore.

Ora iniziano gli europei di calcio e dopo anni abbiamo una squadra unita ed entusiasta, guidata da un leader capace, Roberto Mancini. Il suo merito principale è di avere trasmesso senso di responsabilità e di appartenenza a dei calciatori che non a caso hanno risposto a questo approccio con la qualità del gioco e una impressionante striscia di successi. La coesione è di solito alla base delle vittorie e anche in questo caso, come per i giovani del tennis, si è creato molto interesse ed ottimismo.

Il terzo grande appuntamento dell’estate sono le Olimpiadi di Tokyo. Sono più di 300 gli atleti che compongono la nostra squadra olimpica. Sono i migliori che abbiamo e rappresentano la punta dell’iceberg del movimento sportivo.  Molti sono alla loro prima esperienza come quelli dell’arrampicata sportiva, per la prima volta ai Giochi.

Non sarà un paese per giovani ma ce ne sono molti che sono bravi e competenti. Gli atleti che partecipano a questi eventi sportivi sono i più conosciuti ma accanto a loro ve ne sono molti altri che si stanno impegnando per raggiungere gli stessi risultati per gli anni a venire. Ritengo molto importante che questo si sappia, non è retorico ricordarlo e riguarda giovani che provengono dalle più disparate condizioni sociali. Non sono neanche gli unici, certamente sono i più popolari, ma accanto a loro ve ne sono molti altri competenti in altri ambiti professionali e che svolgono lavori soddisfacenti. E’ altrettanto noto che vi sono per altri giovani notevoli difficoltà di occupazione e spesso i lavori che trovano sono mal retribuiti. La psicologia ha dimostrato che conoscere le esperienze di coetanei che hanno raggiunto risultati positivi grazie al loro impegno e non in quanto figli di e che hanno studiato nella scuola pubblica è un forte stimolo motivazionale a prendere consapevolezza che questi traguardi sono comunque raggiungibili. Al contrario se i media e le molte organizzazioni del lavoro continueranno a parlare esclusivamente della pigrizia dei giovani che non vogliono fare sacrifici e dei problemi causati dall’uso degli smartphone mi sembra abbastanza scontato che nessuna futura legge o incentivo materiale potrà cambiare questo tipo di cultura, basata sul concetto ben espresso nelle parole di Alberto Sordi: “E’ meglio che ti ci abitui da piccolo alle ingiustizie, perché da grande non ti ci abitui più!”.

 


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