Archivio mensile per maggio, 2021

4 punti chiave della professione di allenatore

La formazione degli allenatori a qualsiasi livello è un tema di cui si parla in modo continuo. Il rischio che si corre è di perdere di vista gli elementi essenziali di questa professione, tendendo a rendere sempre più complesso questo tipo di lavoro per raggiungere livelli di leadership sempre più efficaci. A mio avviso, però, da Pep Guardiola all’allenatore più giovane non si può prescindere da almeno 4 dimensioni che devono essere manifestate dai coach.

Ambiente - L’ambiente dell’allenamento deve essere orientato al compito, l’allenatore di conseguenza fornisce feedback sull’impegno e sull’intensità nonché sugli aspetti tecnico-tattici.

Regole - La condivisione e il rispetto delle regole è un fattore essenziale nella gestione dei gruppi.

Istruzioni tecnico-tattiche - L’allenatore deve insegnare ai suoi atleti fornendo informazioni continue sugli aspetti tipici dello sport praticato.

Incoraggiamento - Se da un lato l’allenatore tende a essere direttivo nell’insegnamento dei contenuti, nel contempo gli atleti devono percepire di essere sostenuti in modo altrettanto evidente.

 

 

I bambini prodigio che giocano a scacchi

La serie televisiva su Netflix The Queen’s Gambit ha rilanciato l’interesse verso gli scacchi.

Interessante documentario canadese sui bambini prodigio che giocano a scacchi, con risultati anche drammatici.

Recipe for genius: How child chess prodigies master the game - YouTube

Osservare è una delle abilità chiave di un allenatore

Per Alex Ferguson, una delle chiavi era osservare da vicino i suoi giocatori.

“Ciò che si può cogliere osservando è incredibilmente prezioso… Vedere un cambiamento nelle abitudini di un giocatore o un calo improvviso del suo entusiasmo mi ha permesso di andare oltre con lui: Si tratta di problemi familiari? Sta lottando finanziariamente? È stanco? Di che umore è? A volte riuscivo persino a capire che un giocatore era infortunato quando pensava di stare bene. Non credo che molte persone comprendano appieno il valore dell’osservazione. Sono arrivato a vedere l’osservazione come una parte critica delle mie capacità di gestione. La capacità di vedere le cose è fondamentale – o, più precisamente, la capacità di vedere cose che non ti aspetti di vedere”.

 

Come vivono gli allenatori di élite del calcio la precarietà del loro lavoro

Come vivono gli allenatori del calcio di élite l’esonero, le vittorie, le nuove panchine è un tema poco conosciuto e per niente indagato data la difficoltà e la riservatezza di questo tema.

Anche se i media ne parlano continuamente non si fanno analisi approfondite, spesso non si va oltre l’analisi degli aspetti più banali (ha fallito, gli è mancato il sostegno della dirigenza, non aveva l’esperienza, la società non aveva un progetto per migliorare la squadra).

Gli atleti vengono studiati dal punto di vista psicologico ma non gli allenatori. Non abbiamo risposte che vanno oltre l’aneddotica di come Max Allegri ha vissuto questi due anni senza lavoro, come Sarri ha interpretato il suo allontanamento dovuto a incomprensioni sul su modo di concepire il calcio, come Antonio Conte rinuncia a guidare l?inter dopo avere vinto il campionato spinto dal desiderio di avere una squadra più competitiva da guidare, come De Zerbi si prepara a essere il leader dello Shachtar, come si preparerà Andrea Pirlo ad allenare una nuova squadra dopo essere stato bocciato dalla Juventus.

Non hanno certo problemi economici e, quindi, la questione riguarda la percezione che hanno di se stessi e il modo in cui questa consapevolezza interagisce e viene influenzata dalle situazioni e dall’ambiente in cui vivono.

Ho descritto più volte le caratteristiche degli allenatori vincenti ma come variano nel tempo in relazione alle loro esperienze professionali? Come gestiscono lo stress derivato da questi cambiamenti, spesso non scelti da loro ma decisi da altri?

L’unica risposta che mi sembra importante, è nel porre l’accento sulla rilevanza che può ricoprire la loro formazione psicologica, e quindi quell’idea di miglioramento personale e professionale continuativo che di solito è alla base del successo degli allenatori più vincenti.

Cos’è “l’errore” nello sport

Avete mai definito gli sport o quello che praticate in funzione degli errori?

Se si prova a farlo abbiamo sport in cui:

  1. l’errore si può sempre recuperare: tennis, tennis tavolo, i salti e i lanci in atletica
  2. l’errore non si può recuperare, a meno che non sbagli l’avversario: tiro a volo, arco, tiro a segno, golf, biathlon
  3. l’errore errore è catastrofico: sport di precisione, ginnastica artistica, tuffi, nuoto sincronizzato, discesa libera
  4. l’errore può mettere a rischio la vista stessa: sport motoristici, alpinismo, sci estremo, apnea
  5. l’errore è determinato dall’incapacità di tenere il passo dei vincenti: corsa, ciclismo su strada, marcia, canoa, canottaggio, sci di fondo, nuoto
  6. l’errore può essere compensato dai compagni: sport di squadra
Ognuna di questa categorie richiede un specifico programma di preparazione psicologica

 

 

 

Il chunking può spiegare la longevità nello sport

Quando rivediamo i risultati dell gare internazionali di molti sport osserviamo spesso l’eccezionale longevità e il continuo successo di atleti non più giovani per il loro sport che continuano a essere a essere dei vincitori seriali. Novak Djokovic nel tennis a Federica Pellegrini nel nuoto,  Tom Brady nel football americano o Gigi Buffon Buffon nel calcio sono solo alcuni fra i tanti campioni che sembrano non invecchiare. Il loro talento è fuori discussione così come il desiderio di continuare a essere vincenti.

Come possiamo spiegare questa loro capacità?

Una ragione per il successo costante di questi atleti potrebbe essere legata alla loro maggiore capacità di integrare mentalmente grandi quantità di informazioni relative alle loro prestazioni: il chunking. Chunking consiste nel prendere singole unità d’informazione,  raggruppandole in un numero minore di insiemi significativi per l’atleta.
In tal modo, le informazioni così raggruppate diventano più facili da conservare, rievocare e mettere in atto in gara. Il chunking è una caratteristica importante della performance. Un esempio di chunking nei giochi sportivi e in quelli individuali a prevalenza tattica è rappresentato dagli schemi di gioco, se ognuno di di questi non fosse memorizzato in un file specifico, questo tipo d’informazione non potrebbe essere rievocata dal giocatore durante una partita nell’arco di meno di un secondo.

E’ quindi realistico ipotizzare che questi atleti abbiamo elaborato un sistema di chunking così efficace da  fornirgli un vantaggio competitivo sugli atleti ugualmente bravi, più giovani ma con meno esperienza di gioco.

Tennis: che fare quando vai sotto

Serie A: La lezione appresa

Si è appena concluso il campionato di calcio di Serie A. A mio avviso la caratteristica che lo ha contraddistinto è rappresentata, rispetto agli anni passati, dalla presenza di un maggior numero di squadre competitive. Almeno 5 squadre si sono giocate i posti più importanti, quelli per entrare in Champions League. Al di là dei loro errori, per cui ad esempio la Juventus avrebbe potuto non trovarsi in questa posizione all’ultima giornata di campionato, se non avesse perso troppo punti con squadre certamente meno forti, ma che in ogni caso grazie alla svogliatezza della squadra hanno vinto partite importanti.

La lezione da imparare è che chiunque ti può battere se non entri in campo determinato a vincere. Se questo approccio è realistico, allora il campionato è competitivo e richiede che le squadre più forti giochino sempre con l’intensità necessaria.

Se questo modo di vivere la partita diventasse l’approccio abituale alle partite di campionato, è molto probabile che anche quelle giocate nelle coppe europee sarebbero affrontate con una maggiore consapevolezza e un equilibrio emotivo migliore.

 

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Atalanta-Juventus: cosa ho imparato

Cosa ho imparato dalla finale di Coppa Italia Atalanta-Juventus.

Pretendere - La Juventus ha finalmente preteso da se stessa di giocare con l’atteggiamento che le è stato proprio negli anni passati di squadra vincente e determinata. Sinora ci si aspettava che succedesse ma non era avvenuto, se non in qualche rara partita. L’autostima di un gruppo dipende dal livello di successo raggiunto, a sua volta questo dipende da quanto una squadra pretende da se stessa. Alle pretese devono corrispondere i comportamenti in campo. Quando ciò non avviene, i comportamenti sono insufficienti, le aspettative diventano limitate o irrealistiche come nel caso della Juve in cui ci si aspettava di vincere, senza manifestare i comportamenti adeguati. L’effetto nel tempo, si evidenzia in pochi successi e una riduzione dell’autostima collettiva. Nella Juve di ieri si sono saldati insieme il pretendere e “chi fa cosa nel momento giusto”. Questa unione determina lo standard di gioco della squadra.

Abitudine – L’Atalanta gioca molto bene e questo in campionato è decisivo poiché si gioca con molte squadre di livello inferiore e il risultato della singola partita non è decisivo per il risultato finale. Nelle coppe invece le singole partite sono decisive e la sconfitta determina l’eliminazione. Partite come queste richiedono un approccio mentale diverso rispetto a quelle di campionato, poiché spesso gli avversari sono almeno di pari livello e vincere questi match è un obbligo se si vuole andare avanti. Non basta essere bravi bisogna anche acquisire l’abitudine a giocare queste partite, e comunque rapidamente sviluppare l’atteggiamento di chi gioca per vincere. Non serve giocare bene se poi si perde, l’accento deve essere posto sul giocare con intensità e concentrazione. La frase che meglio illustra questo concetto è stata espressa da Alex Ferguson quando affermava che non vedeva l’ora che arrivasse il 75° perché sapeva che la sua squadra avrebbe certamente segnato almeno una rete o quando si parla del quarto d’ora del Grande Torino, quando Valentino Mazzola si tirava su le maniche della maglia. a mio avviso l’Atalanta deve acquisire questa abitudine.