Perché e come è cambiata la preparazione psicologica in questi 50 anni

Vorrei parlare di come è cambiato, a mio avviso, la preparazione psicologica in questo trent’anni. Certamente sono state introdotte nuove strategie e tecnologie ma non è su questo che voglio soffermarmi.

Inizialmente la preparazione psicologica si è diffusa specialmente fra gli atleti di alto livello e in particolare fra quelli che partecipavano alle Olimpiadi e alle manifestazioni sportive più importanti. Se si pensa ai programmi psicologici introdotti negli anni ’70  e diffusi in tutto il mondo negli anni ’80 e ’90 si evidenzia che tendevano a sviluppare alcune abilità psicologiche connesse essenzialmente alla gestione dello stress agonistico. Dai primi programmi proposti da Richard Suinn e da Lars Eric Unestahl alla maggior parte di quelli realizzati in quegli anni, questi progetti erano principalmente centrati sull’apprendimento del rilassamento, delle tecniche di ripetizione mentale, del goal setting e delle tecniche per l’allenamento dell’attenzione. Il mio libro del 1987 “Mental training per atleti” propone le stesse strategie all’interno di un programma di otto settimane.

In quegli anni collaborando con atleti che gareggiavano per ottenere il massimo successo, non si prendeva in considerazione l’atteggiamento nei confronti dell’allenamento o mindset. Mi ricordo Ennio Falco, oro ad Atlanta 1996 nello skeet, disciplina del tiro a volo, che quando faceva un errore su una pedana, prendeva 500 cartucce e si allenava su quei due piattelli fino a che non considerava corretto quell’errore. Dall’altra parte quando nel 1995 ho iniziato a lavorare con il tiro a volo la maggior parte di loro erano atleti che avevano vinto molte gare internazionali ma volevano imparare a essere ancora più concentrati e a gestire meglio lo stress in alcuni momenti della gara per alzare di un piattello la loro media. In sostanza per almeno 20 anni ho lavorato con atleti che volevano massimizzare competenze che già possedevano, che si allenavano ogni giorno in modo motivato e che volevano rispondere immediatamente alle difficoltà che incontravano. Lo stesso comunque è valido per la maggior parte degli psicologi di quel periodo. John Salmela, che ha costruito un questionario pr la valutazione delle abilità mentali, mi disse che consideravano sufficienti le abilità se su scala da 1 a 5, gli atleti mostravano una media di 4!

Mi sembra che oggi la condizione si sia abbastanza modificata, non solo perchè la preparazione mentale si è diffusa anche tra i giovani adolescenti e atleti di livello inferiore rispetto a quelli di vertice mondiale.

Trattando di queste tipologia di atleta mi sembra che sia emersa in modo più evidente la necessità di comprendere e di potenziare la motivazione e la mentalità orientata alla crescita, permettendo così di imparare ad accettare gli errori e di rispondere alle difficoltà in modo rapido ed efficace. Questi aspetti mi sembra non siano stati così importanti fra gli atleti di vertice mondiale e quindi non venivano presi in considerazione. Lo studio di dimensioni psicologiche come l’ottimismo, la tenacia e la resilienza mi sembra che possa essere spiegata anche perchè siamo diventati consapevoli della carenza di queste caratteristiche in molti atleti, come si può intendere abbiamo a che fare con l’atteggiamento e con la spiegazione dei risultati ottenuti.

Impossibile approfondire questo tema nelle poche righe di un blog ma credo che andrebbe studiato come la preparazione psicologica si è sviluppata dagli anni ’70 ad oggi soprattutto volendo capire quali sono stati i cambiamenti nella mentalità degli atleti e nel mondo dello sport che potrebbero avere orientato la scelta di nuovi indirizzi di studio e di applicazione.

 

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