La formazione degli psicologi: la popolarità della mindfulness

In questi giorni sto pensando alla popolarità che sta sempre più acquisendo la mindfulness nel miglioramento delle prestazioni e nella gestione dello stress. Non metto in discussione la sua validità e i dati di ricerca ne hanno dimostrato l’efficacia.

La questione per me è un’altra. Ho sempre pensato che l’uso da parte di uno psicologo di una strategia/tecnica psicologica, in questo caso la mindfulness, dovrebbe corrispondere a un interesse non tanto rivolto solo verso lo sviluppo di un’abilità tramite l’apprendimento di una tecnica. Dovrebbe, a mio avviso, costituire un modo per permettere di acquisire a uno psicologo un’ulteriore competenza in un ambito di suo interesse.

Mi sembra che questa strategia e tecnica rientri in quell’ambito di attività che riguardano anche il controllo respiratorio, la capacità di rilassarsi, la capacità di restare focalizzati sul presente rappresentato da uno stimolo semplice o complesso, esterno o interno all’individuo e la capacità di sapere servirsi dell’immaginazione per organizzare attività di visualizzazione di compiti e situazioni.

La mia impressione è che, invece, si corra il rischio di acquisire competenze “perché in ogni caso mi potrebbero servire, sono di moda e si possono acquisire facilmente senza un coinvolgimento personale diretto”.

L’idea che voglio sottolineare è, in breve, la seguente: l’acquisizione delle competenze professionali corrisponde allo sviluppo di un piano organizzato o avviene in modo più spontaneo sull’onda delle opportunità formative e degli interessi di questo momento?

 

 

 

 

 

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