Tottenham e Atalanta prive di resilienza

Le partite di ieri di Champions League hanno messo in mostra un problema di resilienza in alcune squadre, quali il Tottenham (ha perso 7-2 con il Bayern) e l’Atalanta (2-1 con lo Shaktar). Ambedue queste squadre non hanno saputo reagire positivamente alle difficoltà della partita.

Infatti, la resilienza si riferisce proprio alla capacità di reagire immediatamente a un problema. E’ quell’abilità che permette alle persone reagire alle sconfitte, ritornando indietro più forti di prima. Queste persone, piuttosto che lasciarsi travolgere dall’insuccesso e blocchi la loro determinazione, trovano invece un modo per risorgere da quei momenti.

Diciamo anche le squadre che spesso perdono le partite, come in questo periodo (Spal, Sampdoria, Genia e Milan) e quelle che spesso giocano al di sotto del loro livello mostrano una carenza di resilienza. Lo stesso vale per gli allenatori che le guidano.

  • Conoscere le situazioni che si devono affrontare nel dettaglio
  • Avere un piano per fronteggiarle con successo
  • Essere disposti ad adattarsi immediatamente alle situazioni nuove e impreviste
  • Credere nelle proprie capacità personali e della squadra, impegnandosi al massimo per attuarle
  • Sapere reagire positivamente e immediatamente a un errore
  • Comunicare e sostenere i compagni per tutta la durata della prestazione
  • Scaricare la tensione quando è possibile e nelle pause di gioco
Sono competenze che si dovrebbero costantemente migliorare. La domanda che dovrebbero porsi gli allenatori sono::
  1. Sono consapevole dell’importanza della resilienza?
  2. Sono convinto che si possa allenare?
  3. Quanto spesso l’alleno nella mia squadra?

 

 

2 Risposte a “Tottenham e Atalanta prive di resilienza”


  • Paolo Jesus Olivari

    Gentile Prof Cei,

    Il mio nome è Paolo sono uno psicologo dello sport che la segue da tempo e ho letto con attenzione il suo articolo perché da qualche anno svolgo le mie ricerche sul tema della resilienza psicologica e di squadra perché sono appassionato dell’argomento. Se posso esprimere il mio modesto parere, credo che la definizione di resilienza psicologica la quale lei sta facendo riferimento non sia quella più idonea in questo caso. Quando lei parla di “reagire immediatamente a un problema” o “reagire positivamente alle difficoltà” si sta spostando il focus su una definizione prevalentemente reattiva in cui l’elemento principale siede nella capacità di coping positivo del atleta o la squadra quando la resilienza psicologica, secondo studi recenti, ha una natura più proattiva che mira più a proteggere l’individuo dall’effetto negativo dello stress:

    “Resilience is the role of mental processes and behavior in promoting personal assets and protecting an individual from potential negative stressors” (Fletcher & Sarkar , 2012)

    “Resilience influences how an event is appraised, whereas, coping refers to the strategies employed following the appraisal of a stressful encounter” (Fletcher & Sarkar, 2013)

    In sintesi riguardo a questo punto, si parla molto di bouncing back o recuperare ma questo credo sia perché la resilienza, semplicemente, è la capacità di resistere alla pressione mantenendo alti i livelli di performance e benessere dell’individuo. Certo, per “mantenersi” bisogna “recuperare velocemente” ma si parla per lo più di mantenere una storia/stato precedente in seguito a perturbazioni lievi o temporanee e non risollevarsi da una crisi o momenti difficili.

    “Resilience is not about responding to a one time crisis. It’s not about rebounding from a setback. It’s about having the capacity to change before the case of change becomes desperately obvious” (Hamel, & Valikangas, 2003).

    Un’altra cosa che si pensa spesso sulla resilienza è che faccia riferimento solo a problemi, difficoltà o avversità. Come evidenziato prima, penso sia meglio parlare di resilienza nello sport come capacità di resistere alla pressione (più precisamente l’effetto negativo degli stressors) piuttosto che parlare di problemi o sconfitte dal momento che eventi come un matrimonio, la nascita di un bambino, qualificarsi e giocare un girone di champions, essere convocati in rosa o una convocazione in nazionale non possono essere categorizzati come “problemi”, “difficoltà” o “avversità”. Essi però, sono comunque fattori che mettono a dura prova la resilienza sviluppata dall’individuo e, come lei ha segnalato, compromettono la performance (come vede viene superato il dualismo + vs -).

    Infine, credo che per parlare di resilienza si deva tenere in considerazione un arco temporale più ampio rispetto ai 90 minuti di una partita di calcio. Questo perché la resilienza un processo dinamico che si sviluppa nel tempo (mi trova molto d’accordo invece con quello che ha scritto nel paragrafo 3).

    Nel caso da lei riportato nel primo paragrafo “Ambedue queste squadre non hanno saputo reagire positivamente alle difficoltà della partita” , a mio parere, penso sia più esatto parlare di stress management o mental toughness perché altrimenti risulta difficile comprendere cosa sia e non sia la resilienza rispetto ai costrutti citati appena sopra o altri come la hardiness o l’abilità di coping che prendoro in cosiderazione eventi più prossimi.

    Per finire, in un tentativo di rispondere ai punti finali, vorrei segnalarle un ottimo articolo su un programma evidence based per sviluppare la resilienza in elite performers sul quale sto lavorando per una sua implementazione (credo lo troverà estremamente interessante).

    https://tandfonline.com/doi/abs/10.1080/21520704.2016.1255496?src=recsys&journalCode=uspa20

    Altri articoli che troverà interessanti potrebbero essere:

    - https://psycnet.apa.org/fulltext/2013-13184-003.html
    - https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S1469029212000544

    Questo è per quanto riguarda la resilienza psicologica. Se invece è interessato al concetto di resilienza di squadra potrebbe trovare interessante invece:

    - https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S2352250X16302238

    - https://onlinelibrary.wiley.com/doi/abs/10.1111/joop.12237

    - https://www.tandfonline.com/doi/abs/10.1080/02678373.2018.1529064

    Grazie per avermi dato l’opportunità di esprimere la mia opinione qui gentile Prof. Cei. Sperando di rivederla un giorno per ringraziarla ancora una volta dei consigli che mi diede in passato, auguro a lei una buona giornata.

    Paolo Jesus Olivari

  • Gentile Paolo,
    ti ringrazio per il commento che condivido pienamente. Certamente, l’obiettivo riguarda lo stress management di un match come di una stagione agonistica. Ho fatto questa riflessione perché sono convinto che come per molte competenze psicologiche ci siano anche per la resilienza aspetti di tratto e di stato. Una partita è più simile a una condizione di stato. Per cui se “la resilienza influenza il modo in cui un evento viene valutato, mentre il coping si riferisce alle strategie impiegate in seguito alla valutazione di un incontro stressante”. Il goal subito rappresenta l’evento da valutare e su cui confrontarsi. Lo stesso è valido per me anche con le due partite della Juventus contro Napoli e Atletico Madrid.
    Comunque, quello che scrivi e i vari concetti mi fanno pensare quanto sia difficile usare le parole e i concetti giusti quando si analizza ciò che succede in una gara.
    Buona fortuna,
    Alberto

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