Perdere fa parte del gioco

Perdere fa parte del gioco in cui gli atleti sono coinvolti. Tutti lo sanno, pochi lo accettano. Si chiudono per la vergogna di non essere stati capaci di vincere una gara, per evitare di valutare con freddezza cosa dovranno fare la prossima gara.

Perdere viene vissuto come una ferita alla propria persona: “Allora vuol dire che nonostante mi alleni, poi non riesco a fare ciò che so fare”. In questo modo, non si sviluppa fiducia in se stessi e questa spiegazione della sconfitta continua a pesare anche nella gara successiva. La mente non è libera, non è concentrata sul presente ma è presa da vedere cosa succederà questa volta: “Sarò capace di fare quello che so fare oppure cadrò di nuovo negli stessi errori?”.

Si stabilisce un circolo vizioso che limita l’atleta e le sue prestazioni, perché questo atteggiamento negativo non gli permette di stare concentrato sul compito e si vive in attesa della catastrofe che a un certo punto arriverà.

E poi le giustificazioni: ero stanco, non ho dormito bene, sentivo il peso della responsabilità, tutti si aspettano che faccia bene, “Sì, potrei … però è difficile … in quei momenti non reagisco”.

C’è una consolidata abitudine a trovare degli alibi alle proprie prestazioni negative e non c’è l’umiltà di dire a se stessi “Ok , ho sbagliato questo e quello; bene la prossima volta voglio impegnarmi trovare le soluzioni a queste difficoltà”.

Le gare non sono una passeggiata di salute. Per gli atleti le gare sono delle prove estreme e chi è più capace ad affrontare le difficoltà che la situazione estrema propone, di solito è vincente.

Noi psicologi dello sport possiamo svolgere un ruolo importante nel determinare questa consapevolezza e nell’insegnare modi positivi di vivere queste situazioni estreme. Non è un problema sbagliare, è un fatto fisiologico perché vince chi sbaglia di meno. Commettere errori è parte della gara, anche chi vince commette errori. Probabilmente ne commette di meno e si fa influenzare meno dai propri errori.

Non si può non sbagliare: solo chi è presuntuoso può pensare diversamente. Si sbaglia e l’istante dopo si pensa adesso mi correggo in questo modo. Quante volte si deve fare in questo modo? Non lo so, dipende dalla durata della gara ma una cosa è certa:

“Non importa quante volte cadi ma quanto in fretta ti rialzi”.

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