Archivio mensile per ottobre, 2019

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Eliud Kipchoge sfida i limiti umani

Eliud Kipchoge

  • Keniano
  • 35 anni, 1m67, 52 Kg
  • Maratoneta, 230km settimana
  • Sposato, 3 figli
  • Oro Olimpico e world recordman sulla maratona in 2h1m39s

OBIETTIVO: Correre la maratona in 1h59m a Vienna nei prossimi giorni 

Atteggiamento mentale (mindset)

  • Allenamento, passione e autodisciplina
  • Scrive tutto quello che fa su quaderni
  • Scrive le sue sensazioni per ricordarle
  • Legge Aristotele, Confucio e Paolo Coelho
  • Corre con la mente rilassata
  • “Rispetta una legge, quella di non dirti mai bugie”
  • “Solo le persone disciplinate sono libere, le altre sono schiave di umori e passioni”
  • “Quando mi alleno, cerco di sentire il mio corpo e di dare sempre di più. Non credo nei limiti”.
  • “Bisogna avere una grande convinzione e un team che creda in te e ti sostenga. Anche le scarpe sono importanti. E poi bisogna essere più forte di qualunque altro corridore del passato. Tutto è possibile”
  • “La maratona è vita. Se vuoi essere felice devi goderti la vita e io mi diverto a correre la maratona. Per questo sorrido”

Conduce una vita spartana:

  • Si alza sempre alle 5 a Kaptagat (Kenya)
  • Il weekend torna dalla famiglia
  • Pulisce la sua stanza e il bagno
  • Lava maglia e calze in una bacinella che poi stende come gli altri
  • Nel pomeriggio beve una tazza di te e mangia una fetta di pane
(Fonte: Emanuela Audisio, Repubblica e correre.it)

Perdere fa parte del gioco

Perdere fa parte del gioco in cui gli atleti sono coinvolti. Tutti lo sanno, pochi lo accettano. Si chiudono per la vergogna di non essere stati capaci di vincere una gara, per evitare di valutare con freddezza cosa dovranno fare la prossima gara.

Perdere viene vissuto come una ferita alla propria persona: “Allora vuol dire che nonostante mi alleni, poi non riesco a fare ciò che so fare”. In questo modo, non si sviluppa fiducia in se stessi e questa spiegazione della sconfitta continua a pesare anche nella gara successiva. La mente non è libera, non è concentrata sul presente ma è presa da vedere cosa succederà questa volta: “Sarò capace di fare quello che so fare oppure cadrò di nuovo negli stessi errori?”.

Si stabilisce un circolo vizioso che limita l’atleta e le sue prestazioni, perché questo atteggiamento negativo non gli permette di stare concentrato sul compito e si vive in attesa della catastrofe che a un certo punto arriverà.

E poi le giustificazioni: ero stanco, non ho dormito bene, sentivo il peso della responsabilità, tutti si aspettano che faccia bene, “Sì, potrei … però è difficile … in quei momenti non reagisco”.

C’è una consolidata abitudine a trovare degli alibi alle proprie prestazioni negative e non c’è l’umiltà di dire a se stessi “Ok , ho sbagliato questo e quello; bene la prossima volta voglio impegnarmi trovare le soluzioni a queste difficoltà”.

Le gare non sono una passeggiata di salute. Per gli atleti le gare sono delle prove estreme e chi è più capace ad affrontare le difficoltà che la situazione estrema propone, di solito è vincente.

Noi psicologi dello sport possiamo svolgere un ruolo importante nel determinare questa consapevolezza e nell’insegnare modi positivi di vivere queste situazioni estreme. Non è un problema sbagliare, è un fatto fisiologico perché vince chi sbaglia di meno. Commettere errori è parte della gara, anche chi vince commette errori. Probabilmente ne commette di meno e si fa influenzare meno dai propri errori.

Non si può non sbagliare: solo chi è presuntuoso può pensare diversamente. Si sbaglia e l’istante dopo si pensa adesso mi correggo in questo modo. Quante volte si deve fare in questo modo? Non lo so, dipende dalla durata della gara ma una cosa è certa:

“Non importa quante volte cadi ma quanto in fretta ti rialzi”.

Nuovo presidente AASP: Natlie Durand-Bush

Tottenham e Atalanta prive di resilienza

Le partite di ieri di Champions League hanno messo in mostra un problema di resilienza in alcune squadre, quali il Tottenham (ha perso 7-2 con il Bayern) e l’Atalanta (2-1 con lo Shaktar). Ambedue queste squadre non hanno saputo reagire positivamente alle difficoltà della partita.

Infatti, la resilienza si riferisce proprio alla capacità di reagire immediatamente a un problema. E’ quell’abilità che permette alle persone reagire alle sconfitte, ritornando indietro più forti di prima. Queste persone, piuttosto che lasciarsi travolgere dall’insuccesso e blocchi la loro determinazione, trovano invece un modo per risorgere da quei momenti.

Diciamo anche le squadre che spesso perdono le partite, come in questo periodo (Spal, Sampdoria, Genia e Milan) e quelle che spesso giocano al di sotto del loro livello mostrano una carenza di resilienza. Lo stesso vale per gli allenatori che le guidano.

  • Conoscere le situazioni che si devono affrontare nel dettaglio
  • Avere un piano per fronteggiarle con successo
  • Essere disposti ad adattarsi immediatamente alle situazioni nuove e impreviste
  • Credere nelle proprie capacità personali e della squadra, impegnandosi al massimo per attuarle
  • Sapere reagire positivamente e immediatamente a un errore
  • Comunicare e sostenere i compagni per tutta la durata della prestazione
  • Scaricare la tensione quando è possibile e nelle pause di gioco
Sono competenze che si dovrebbero costantemente migliorare. La domanda che dovrebbero porsi gli allenatori sono::
  1. Sono consapevole dell’importanza della resilienza?
  2. Sono convinto che si possa allenare?
  3. Quanto spesso l’alleno nella mia squadra?

 

 

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Salazar, Nike coach, è stato squalificato per doping

L’americano Alberto Salazar, controverso allenatore dell’atleta britannico Mo Farah fino al 2017 e di altri atleti impegnati ai Mondiali di Doha, è stato sospeso per quattro anni per “incitamento al doping”, ha annunciato l’Usada, l’agenzia antidoping americana. Salazar, 61 anni, è l’ideatore dell’Oregon Project, gruppo di allenamento di alto livello con base nel nord est degli Stati Uniti e finanziato dalla Nike, che accumula successi da diversi anni nel fondo e nel mezzo fondo. La superstar britannica Mo Farah, 4 volte campione olimpico e sei volte mondiale nei 5000 e 10000, ha fatto parte del gruppo fino al 2017 insieme all’americano Galen Rupp (doppia medaglia olimpica). Alberto Salazar, chiacchierato da diversi decenni per la sua capacità di giocare ai limiti del regolamento, ha negato tutte le accuse e annunciato il ricorso.

Guarda questo video: un’indagine educativa e informativa sul presunto doping nell’atletica leggera.Risultati immagini per salazar doping documentary