Parlare, condividere idee fanno parte dell’allenamento. Molti atleti si lamentano che non sono ascoltati dai loro allenatori, che quando sbagliano si arrabbiano, che in allenamento li ignorano, che gli chiedono solo di allenarsi di più e quando forniscono prestazioni negative gli dicono che non hanno fiducia in se stessi o che devono concentrarsi di più.
Se l’essere umano potesse cambiare solo grazie a queste frasi nessuno incontrerebbe mai delle difficoltà, poiché al primo errore saprebbe subito cosa fare e si correggerebbe automaticamente. “Sei agitato? Calmati! Sei distratto? Concentrati! Hai paura? Pensa in positivo!”. Sappiamo tutti, grazie alle nostre esperienze quotidiane, che questo approccio non serve a niente, ma quando molti di noi assumono un ruolo di leader, di genitore, di insegnante o di allenatore ci si dimentica questa semplice verità e si pretende dagli altri che cambino i loro comportamenti grazie a queste semplici affermazioni.
Quando l’allenatore agisce in questo modo si comporta da persona che ignora il valore della componente psicologica della prestazione, ce cioè che avere la competenza per fornire una prestazione di livello elevato, non vuole dire saperlo fare se in quel momento si ha paura o si è poco convinti. Convinzione che non si acquisisce automaticamente solo aumentando il carico dell’allenamento.
Adrian Moorhouse, nuotatore inglese oro a Seoul e ora imprenditore di una grande azienda di consulenza, Lane4, dice “L’unica cosa che il mio allenatore non ha fatto per me è nuotare”.
Daniel Costantini, allenatore nazionale pallamano francese campione del mondo; ha detto “Ho sentito che dovevo cambiare non nella natura del mio allenamento ma nella natura delle mie relazioni con i giocatori … Ho lanciato questo modo partecipativo di condurre una squadra servendomi della maieutica di Socrate a mio tornaconto”.
Alex Ferguson ha scritto “A metà della partita sembravano spacciati, ma come dissi alla fine di quella stagione: In una situazione di crisi devi solo calmare le persone” Segnammo cinque gol e vincemmo”.
Si potrebbe continuare con altre testimonianze per confermare il valore del dialogo e della condivisione fra allenatore e atleta. Dur domande: come mai molti allenatori non si comportano in questo modo? Come mai non sono consapevoli della rilevanza del dialogo con l’atleta?
Consiglio di leggere l’ottimo libro di Hubert Ripoll, Le mental des coaches, 2102, Paris: Payot.
0 Risposte a “Per l’allenatore: parlare fa parte dell’allenamento”