Archivio mensile per dicembre, 2016

Quanti calciatori prevedono il Piano B prima di giocare

Spesso i giocatori si valutano per gli errori che hanno commesso. Meno spesso si valutano in relazione a ciò che avrebbero dovuto fare per essere più efficaci e ancora più raramente prevedono prima della gara un piano alternativo, il Piano B, nel caso in cui si trovino in difficoltà. Questo approccio passivo alla partita può essere determinato dal desiderio di seguire le indicazioni fornite dall’allenatore ma ciò avviene in modo schematico e poco partecipativo. In ogni caso evidenzia un atteggiamento di pigrizia mentale, determinato dal non pensare a soluzioni alternative.

In queste situazioni i calciatori dovrebbero essere in grado di attivare un modo di pensare alternativo, che abbia al suo centro la volontà di modificare in modo efficace i comportamenti che hanno condotto a commettere gli errori. Giocatori con un ridotto livello di consapevolezza personale e un basso livello di autostima tendono a essere i più influenzati negativamente da questo atteggiamento di accettazione passiva dei compiti ricevuti dall’allenatore. Sono inoltre individui con una limitante capacità di analizzare più informazioni nello stesso tempo. L’effetto sulla prestazione in partita consiste nel diventare impulsivi nell’azione, agendo così senza pensare. Un altro tipo di reazione inutile consiste nell’abbandonarsi all’idea di non sapere essere in grado di affrontare le situazioni, con conseguente tendenza a deprimersi o a assentarsi dal gioco.

Calcio integrato, autismo, AS Roma, Principessa Victoria di Svezia

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Il ranking mondiale delle Scuole e Dipartimenti di Scienza dello Sport: 4 italiane fra le prime 300

E’ stato pubblicato in questi giorni il Ranking Globale di ShanghaiRanking delle Scuole e Dipartimenti di Scienze dello Sport. E ‘il primo tentativo di classificare un gruppo di istituzioni e unità con la stesso soggetto.

L’industria dello sport del mondo è in fase di crescita enorme. Usando la Cina come esempio, sulla base di dati più recenti della Nielsen, la Cina mira a creare un settore sportivo  pari a 813.000.000.000$ entro il 2025 e le imprese cinesi e gli individui ricchi sono incoraggiati a investire pesantemente in eventi sportivi, squadre, strutture, agenzie e sponsorizzazioni, all’interno e all’esterno della nazione. Le Scuole di Scienze dello Sport dovranno fornire agli studenti le conoscenze e le competenze necessarie a soddisfare le esigenze di questo settore in rapida crescita, e anche per creare la conoscenza scientifica per sostenere e promuovere questo settore.

Una grande quantità di lavoro è dedicata per identificare le unità accademiche, come le Università, scuole, facoltà e dipartimenti, che si impegnano in modo significativo nella ricerca in questo ambito. Un totale di 110.000 indirizzi sono stati esaminati e centinaia di siti web sono stati esaminati per formare l’elenco definitivo di 361 università o circa 400 unità connesse allo sport che si impegnano attivamente nella ricerca. Le prime 300 università sono pubblicate in questa classifica in base alla misurazione delle pubblicazioni, citazioni, citazioni per pubblicazione, pubblicazioni nel 25% delle riviste top e pubblicazioni con collaborazioni a livello internazionale.

Le  università europee dominano la graduatoria di quest’anno. Ci sono 144 istituzioni europee nella parte superiore della lista. Più della metà di queste unità provengono dal Regno Unito, Spagna e Germania con 45 unità, 16 unità, e 15 unità. La Scuola dello Sport, Esercizio e Scienze della Salute di Loughborough University è l’unità più alta in classifica in Europa ed è al secondo posto nella classifica globale di ShanghaiRanking del 2016.
103 istituzioni hanno sede nel continente americano. 64 di queste unità sono degli Stati Uniti, che è il paese con il maggior numero di presenze nella classifica globale di ShanghaiRanking delle Scienze dello Sport. Seguono con 25 istituti il Canada e 14 il Brasile.

La Scuola di esercizio fisico e scienze della nutrizione della Deakin University, Australia, è al primo posto in classifica. 51 istituzioni hanno sede in Asia e Oceania e oltre il 90% di queste istituzioni hanno sede in Australia, Cina, Giappone e Nuova Zelanda. Le Università della Nuova Zelanda  hanno prestazioni eccezionali e 6 delle 8 università pubbliche del paese sono presenti tra le prime 30.
Due istituzioni provengono dall’Africa., l’università di Città del Capo, Divisione  di scienza dell’esercizio e di medicina dello sport è classificata 48 °.

Italia

Il nostro paese ottiene il 19° posto con l’Università di Verona, Facoltà di scienza dell’esercizio dello sport. Seguita: 184° Università di Milano, Dipartimento scienza della nutrizione e dello sport, 187° dall’Università di Tor Vergata, Scuola di scienze dello sport e dell’esercizio e 257° l’Università del Foro Italico, Dipartimento del movimento umano e scienze dello sport.

Vinci se non ci pensi

Sono in molti  pensare che per vincere bisogna entrare in campo con l’idea di vincere. Quando spiego che invece bisogna gareggiare, in qualsiasi sport, restando concentrati su ciò che serve per competere al meglio di se stessi, molti pensano che sia sbagliato. E’ vero il contrario. Se si pensa a vincere ci si mette addosso un compito che non è realizzabile, poiché anche se si fornisce la migliore prestazione di cui si è capaci non è detto che l’avversario non si dimostri ancora migliore e quindi ottenga il successo. Ora consiglio di vedere il video in cui Arrigo Sacchi spiega in modo brillante questo stesso concetto.

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Come segnare o sbagliare un rigore

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15 anni fa Totti faceva il cucchiaio a Van der Sar – GUARDA IL VIDEO

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PELLE E ZAZA – RIGORE SBAGLIATO ITALIA – GERMANIA – EURO 2016

Cosa fai quando la tua squadra fa goal?

Cosa fai  quando la tua squadra segna una rete? Se sei un tifoso di hockey su ghiaccio è il momento di lanciare degli orsacchiotti di peluche.

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Scopo dell’allenamento: insegnare a reagire immediamente a un momento negativo

Insegnare lo sport a giovani che si allenano più ore tutti i giorni, significa insegnare ad affrontare le difficoltà. Diventare un atleta esperto vuol dire conoscere meglio se stessi, e ciò avviene solo nelle situazioni che ci costringono a essere totalmente focalizzati sulla prestazione da fornire in un dato momento.

Chi pratica un’attività ricreativa ha lo scopo di impegnarsi per essere nell’immediato soddisfatto di ciò che sta facendo, una corsa in un parco o una passeggiata in montagna si fanno per scelta personale e per il piacere immediato che queste attività determinano, in ogni momento ci si può fermare per poi riprendere se si ha voglia.

L’atleta vive una situazione completamente differente anche se svolge un’attività che ha scelto e che gli fornisce soddisfazione. L’atleta è essenzialmente un esploratore di se stesso. Deve conoscere e ridurre i propri limiti e lavora per raggiungere la vetta che sarà in grado di conquistare attraverso questo lavoro di esplorazione. Non conosce a priori il risultato e neanche il punto di arrivo, ammesso che ve ne sia uno. Si dispone, infatti,  a correre il rischio di fallire mentre impegna tutto se stesso nel riuscire a soddisfare le sue aspirazioni.

Un atleta ha sviluppato questo atteggiamento nei confronti dello sport e delle sue prestazioni, quando si accorge che è in grado di accettare gli errori e i momenti negativi che incontra sul suo cammino. A nessuno piace sbagliare ma deve sapere che l’errore è parte di qualsiasi prestazione. Ciò che conta è fornire una reazione costruttiva all’errore. In questi momenti, è decisivo il lavoro interiore che conduce per parcheggiare da una parte della mente quanto è appena avvenuto, per concentrarsi nuovamente sul presente.

Molti atleti falliscono perché non s’impegnano abbastanza in questo lavoro di ri-focalizzazione sul futuro immediato. In altri termini, non si allenano a passare da giusto a sbagliato nel tempo più breve possibile. Quindi, l’allenamento deve essere organizzato in modo da sviluppare al meglio questa abilità, in caso contrario l’atleta penserà che i suoi limiti sono gli errori. Non è vero! Il limite principale di un atleta è, invece, la non sufficiente e rapida reazione all’errore.

Il nostro obiettivo deve essere conoscerci meglio

“Non conquistiamo la montagna, ma noi stessi” Sir Edmund Hillary

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Mangiare meglio, meno, tutti

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Francia. E poi Giappone e Canada. Sono i tre Paesi dove il cibo è il più “buono” del mondo. Non per il semplice gusto, ma perché sono risultati – tra i 25 Paesi analizzati, rappresentanti oltre i 2/3 della popolazione mondiale e l’87% del PIL globale – i più virtuosi nel produrre, distribuire e consumare il cibo. Sono i Paesi cioè dove l’agricoltura è più sostenibile, si spreca meno il cibo (e si adottano politiche innovative per combattere lo spreco) e si mangia in modo più equilibrato, senza eccessi e carenze, attenti alla propria salute e a quella del pianeta. La Francia guadagna il primo posto soprattutto per le sue innovative politiche contro lo spreco e per l’approccio equilibrato all’alimentazione. Giappone e Canada si collocano al secondo e terzo posto, grazie alle loro politiche in tema di agricoltura sostenibile e nella diffusione di regimi alimentari corretti ed equilibrati. In fondo alla classifica, India, Arabia Saudita ed Egitto, che si trovano ad affrontare la doppia sfida dell’obesità e della malnutrizione.

Il nostro Paese si piazza a un onorevole sesto posto. È tra i primi 10 Paesi per agricoltura sostenibile – con ottime performance per la diversificazione nel settore agricolo e la gestione dei consumi idrici – ed è il Paese europeo che segna la migliore performance per emissioni di gas serra in agricoltura. Inoltre, l’Italia è indicata tra i Paesi che stanno facendo di più per contrastare lo spreco di cibo, come dimostra anche la legge promulgata lo scorso agosto (insieme alla Francia, l’Italia è uno dei pochi Paesi ad avere una legge che affronta questo problema).

Meno positiva la performance sugli aspetti nutrizionali. In estrema sintesi mangiamo troppo: siamo il terzo Paese per ipernutrizione e al secondo posto per sovrappeso e obesità nella fascia di età tra i 2 e i 18 anni. Ci salva, però, la consapevolezza – ampiamente diffusa nella popolazione – di quanto sia importante seguire una dieta equilibrata e salutare, come la “nostra” dieta Mediterranea. Eppure, proprio quando il resto del mondo celebra questa dieta come la migliore del pianeta, i dati mostrano che i nostri connazionali la stanno abbandonando, soprattutto le generazioni più giovani.

A cura di Filomena Fotia da http://www.meteoweb.eu/2016/12/food-sustainability-index/800895/

 

Le regole e gli obiettivi dello sport