Psicologia della maratona

E’ iniziata la stagione delle maratone, ecco alcuni consigli per affrontare questa corsa nel modo migilore.

A causa dell’enorme sforzo fisico e della lunghezza della gara, correre una maratona costituisce indubbiamente  una delle sfide più impegnative che si possano affrontare nello sport. Oltre a cimentarsi in una corsa estenuante dal punto di vista fisico, chi corre la maratona deve fare i conti con la necessità di gestire i pensieri che scorrono nella mente durante il lungo percorso e che possono riguardare i dolori muscolari che si avvertono e le preoccupazioni circa il rischio di non arrivare alla fine e non raggiungere i propri obiettivi. Poiché la maratona richiede specifiche abilità mentali, gli psicologi dello sport hanno ideato una serie di tecniche di mental training che possono aiutare gli atleti di diversi livelli di abilità a rendere tale esperienza sportiva più gratificante e a superare i propri limiti. Da queste tecniche si traggono suggerimenti che si possono applicare per affrontare con successo gli allenamenti e le competizioni.

Mantenere alti i livelli di motivazione e impegno per i lunghi periodi di allenamento può rappresentare un compito molto difficile. È per questo che è utile strutturare un piano di allenamento realizzato da un allenatore.  Qualora non si abbia questa opportunità ci si può opportunamente informare sui libri e con il confronto con chi abbia più esperienza riuscendo a stabilire obiettivi personali realistici, chiari e specifici come correre un certo numero di chilometri a settimana o mantenere un passo costante durante le ripetute. È importante che tali obiettivi siano scritti nel dettaglio e alcuni psicologi consigliano di inserirli in slogan o segnali di incitamento che siano sempre visibili per casa in modo tale da tenere costante l’attenzione su di essi. Una volta definiti, gli obiettivi devono essere svolti con perseveranza perché il loro raggiungimento o superamento aiuterà l’atleta ad aumentare la fiducia in se stesso e a porsi mete più ambiziose. Tuttavia è controproducente stabilire obiettivi troppo impegnativi o porsene un numero eccessivo, mentre, anche per evitare di incorrere in infortuni, è indicato mantenere un atteggiamento paziente e saper aspettare il momento in cui si realizzeranno i primi successi. Durante le sedute di allenamento è possibile prepararsi mentalmente creando delle routine da inserire nel riscaldamento, facendo degli esercizi di simulazione della gara e sviluppando un piano mentale con cui affrontare i 42 km. Simulare la gara durante alcune fasi dell’allenamento significa anche allenarsi a rimanere concentrati quando subentrano fatica e dolori muscolari. Rispetto a questo, gli psicologi sportivi hanno studiato le strategie cognitive dei fondisti distinguendo la strategia associativa da quella dissociativa. Nella prima condizione gli atleti si focalizzano sulle sensazioni provenienti dal loro corpo e sono consapevoli dei fattori fisici fondamentali per quel tipo di prestazione. Nella strategia di dissociazione, invece, i pensieri dell’atleta sono concentrati su qualsiasi cosa, eccetto che sulle sensazioni corporee. Alcune ricerche hanno evidenziato una tendenza dei podisti più abili ad utilizzare una strategia associativa, mentre una preferenza per la strategia dissociativa da parte dei podisti di medio livello. Altri studi hanno sottolineato l’opportunità di utilizzare una strategia più flessibile nel corso della maratona, ed in particolare ad utilizzare quella associativa nelle fasi iniziali e finali della gara e quella dissociativa nella fase centrale. Un’altra tecnica suggerita dagli psicologi dello sport consiste nella produzione volontaria di immagini mentali in cui l’atleta cerchi di ricreare lo scenario della gara, immagina di affrontare con successo alcune fasi del percorso e superare gli ostacoli e le difficoltà incontrate nel percorso (per esempio una salita, un momento di particolare fatica o di condizioni atmosferiche avverse) fino a tagliare il traguardo. Una delle più utili tecniche psicologiche da introdurre nel proprio allenamento è l’uso del self-talk positivo, cioè il ripetersi mentalmente delle parole chiavi positive che possono aiutare a rimanere concentrati sul compito e a “caricarsi” evitando invece di soffermarsi su pensieri disfunzionali come “non ce la farò mai”, “mi sento male”, “sono lento”, “le gambe sono pesanti”. L’atleta deve scegliere frasi espresse in positivo che gli inducano sicurezza riguardo alle proprie possibilità (“posso farcela” “ce la farò” “ancora 1 kilometro”) o singole parole che possano costituire un auto-incitamento o riassumere un indicazione tecnica (“fluido!”, “facile!”, “passo!”, “vai!”, “fine!”). E’ importante che l’atleta sperimenti in allenamento tale tecnica e che scelga le parole e le frasi che gli sono più congeniali e di maggioraiuto in modo tale da rendere automatico l’uso del self-talk e l’effetto positivo che comporta in alcune fasi della prestazione.

Il giorno della competizione prestare attenzione ad alcune semplici regole può ridurre di molto il dispendio di energie nervose preziose per affrontare al meglio l’impegno agonistico. Per esempio preparare tutto il materiale necessario la sera prima, individuare e predisporre i rimedi per i problemi che potrebbero verificarsi, arrivare alla partenza ampiamente in orario, organizzare anticipatamente anche il ritorno a casa dopo la gara e, soprattutto, mettersi nelle condizioni di poter vivere la giornata in modo piacevole.

È utile inoltre “familiarizzare” con il posto e la manifestazione, usufruendo anche del materiale che viene fornito prima della gara e immaginando il percorso anche se non lo si conosce bene. L’attenzione alla partenza deve essere rivolta soprattutto ad evitare di farsi “imbottigliare”, a dosare le energie e a non farsi prendere dall’eccitamento iniziale sapendo che può portare a strafare prematuramente.

I maratoneti più esperti sono in grado di riconoscere nella sensazione di “sbattere contro un muro” che si prova durante le fasi più dure della corsa, una componente mentale e ritengono pertanto di potere abbattere questa barriera. L’importante è riconoscere i segnali corporei di fatica senza cercare di evitarli, accettandoli e non interpretandoli come indicatori di crisi imminenti o di impossibilità di andare avanti e fare bene. Quando si vivono questi momenti di difficoltà è facile che si entri in uno stato di panico , che aumenti ulteriormente la sensazione di fatica e che si faccia viva nella mente degli atleti la parola “stop”. È proprio in questi momenti che il self-talk sperimentato in allenamento si può rivelare un valido alleato, sostituendo i pensieri disfunzionali e innescando un meccanismo che può aiutare a superare il momento di crisi e a continuare a correre. L’atleta deve concentrarsi sulla propria falcata, il proprio respiro, l’appoggio dei piedi a terra o su altri aspetti della sua corsa. Una volta superate queste fasi può essere utile d’altra parte anche una strategia dissociativa che porti l’atleta a concentrarsi sulle sensazioni che proverà dopo l’arrivo, a pensare al premio che riceverà o addirittura a contenuti che niente hanno a che fare con la competizione e che hanno la funzione di distrarlo dalla fatica.

Anche durante la gara, come in allenamento, è importante suddividere la fatica ponendosi dei sotto-obiettivi che, una volta raggiunti, daranno la spinta per arrivare fino alla fine. Per esempio è utile concentrarsi di volta in volta sui prossimi 5 kilometri da percorrere in un certo tempo o sulla prossima mezz’ora di gara, poiché confrontarsi mentalmente con i42 kmpuò essere percepito come qualcosa di difficilmente realizzabile.

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