L’Italia senza senso di appartenenza: tre sport, tre storie

Tre notizie che ho letto oggi sui giornali provenienti da sport diversi mi sembra abbiano un comune denominatore che rispecchia la carenza nel nostro paese del senso di appartenenza.

  1. La prima riguarda Alessio Cerci, giovane attaccante del Torino che va a giocare con l’Atletico Madrid campione Spagna. Così un altro giovane calciatore italiano lascia il paese (come Verratti, Immobile, Balotelli e altri) senza che nessuna squadra abbia fatto il possibile per trattenerlo. Certamente lui sarà molto soddisfatto, come gli altri, per la possibilità di giocare in una delle squadre europee più forti e per il salario percepito ma resto convinto che un paese che vuole essere vincente debba trattenere i talenti anziché lasciarli andare. Si può dire che i nostri club non fanno certo la guerra per avere i migliori.
  2. La seconda riguarda la nazionale di pallavolo che ha perso nella partita di esordio del mondiale 3-1 contro l’Iran. L’Italia è apparsa demotivata e poco aggressiva, ciò ha portato a percentuali di errori imbarazzanti. L’Iran ha mostrato l’atteggiamento opposto e ha meritato la vittoria. Si può vincere o perdere una partita ma dopo mesi di collegiali non si può iniziare un match importante con l’atteggiamento tipico di chi è destinato a subire. Gli italiani pensavano di vincere? Non credo, avevano già perso con l’Iran. In campo non si è visto  un leader capace di tenere unita e aggressiva la squadra, che facesse sentire l’importanza dell’impegno che dovevano affrontare. Dovrebbero essere atteggiamenti ormai ovvi;  gli atleti dovrebbero sapere a memoria come affrontare questi momenti negativi stimolando a vicenda il senso di appartenenza.
  3. La terza riguarda Daniele Meucci, vincitore della maratona agli europei di atletica leggera di quest’anno. Per continuare a studiare, ha dato 60 esami  d’ingegneria in 5 anni, e corre 180km la settimana. All’università non ha mai detto che era in nazionale perché probabilmente non l’avrebbero capito, e per correre esce al mattino alle 6 e poi di nuovo la sera sino alle 20, con il custode del campo che si lamenta con lui perché vorrebbe chiudere la pista prima dell’orario previsto. Un altro esempio di come l’Italia non aiuti lo sport, non c’è comunità con gli atleti e non viene stimolato neanche in questo caso il senso di appartenenza.  E giustamente Meucci dice: “Farò l’ingegnere: l’atletica passa, la vita resta”.

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