Essere creativi richiede molto lavoro

Oggi un interessante articolo di Carlo Rovelli su Repubblica parla di cosa sia la creatività scientifica. Afferma che provenga dall’immersione totale nella conoscenza presente “Dal farla propria intensamente, fino a viverci immersi”. Addentrandosi nei problemi sino a trovare degli spiragli che nessuno ha notato sino a quel momento e aprire una porta verso una conoscenza nuova. In altre parole, le idee nuove vengono solo a chi ha lavorato molto. E’ l’affermazione che il premio nobel Subrahhmanyan Chandrasekhar esprime a Rovelli durante una cena “Per fare della buona fisica non è essere particolarmente intelligenti . Quello che serve, è lavorare molto”.

È strano, spiega Carlo Rovelli – ma forse la più bella descrizione di come funziona la scienza, e dei suoi tempi lunghi, l’ha data Platone, nella sua “settima” lettera, inviata a Siracusa ai familiari di Dione, quando descrive l’attività del vero “cercatore di verità”: «Dopo molti sforzi, quando nomi, definizioni, osservazioni e altri dati sensibili, sono portati in contatto e confrontati a fondo gli uni con gli altri, nel corso di uno scrutinio e un esame cordiale ma severo fatto da uomini che procedono per domande e risposte, e senza secondi fini, alla fine con un improvviso lampo brilla, per qualunque problema, la comprensione, e una chiarezza di intelligenza i cui effetti esprimono i limiti estremi del potere umano».

Lo stesso pensa Alain Connes, matematico, sempre riportato da Rovelli nel suo articolo: “Si studia, si studia, si studia ancora, poi un giorno, studiando, c’è una strana sensazione: «ma non, non può essere così, qui c’è qualcosa che non torna». Da quel momento, sei uno scienziato”.

Ognuno di noi dovrebbe riflettere su queste parole che da Platone a oggi si ripetono con convinzione, chiedendoci se talvolta le nostre delusioni e risultati al di sotto delle nostre aspettativee non derivano semplicemente dal non esserci preparati molto.

 

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