Il calcio è un gioco semplice, tribale, s’insegue una palla che è l’arma con cui colpire la preda che è la porta. E’ uno sport che tutti, almeno fra i maschi, hanno giocato da bambini; averne avuto esperienza diretta consente a tutti di capire quanto è difficile spedire la palla dove si vuole. Le squadre piacciono se sono combattive, se corrono e se almeno qualcuno è così bravo da farci stare a bocca aperta per le sue giocate. E’ un gioco in cui il goal è un evento raro, non si vince 87 a 65 come nel basket, infatti 1 a 0 è il punteggio finale più frequente. Per questa ragione la fortuna svolge un ruolo talvolta importante, come in Brasile-Cile partita in cui il Cile ha preso un palo in pieno a pochissimi minuti dalla fine e allo stesso modo ha perso ai rigori; due pali hanno eliminato il Cile. Un centimetro a sinistra e il risultato sarebbe stato diverso. D’altra parte nello sport si vince e si perde per un centimetro e anche per il calcio vale questa regola non scritta. Il calcio ci piace anche perché alla maggior parte di noi sopra i 40 anni ci ricorda di quando ogni momento libero era un’occasione per giocare a pallone: a scuola durante l’intervallo con il cancellino o con palle di carta, nel cortile di casa, all’oratorio, ai giardini facendo le porte con il cappotto. Il calcio è nei nostri ricordi: dal Grande Torino, a Rivera e Mazzola, a Italia-Brasile nel 1970, ai Mondiali vinti in Spagna e in Germania, a Paolo Rossi e Schillaci, e tanto altro in funzione della squadra di cui siamo/siamo stati tifosi e naturalmente ci sono anche gli scandali che ancora oggi continuano a rovinarlo. Il calcio è tutte queste cose e per questo continuerò a vedere le partite del mondiale.
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