Almeno 10 anni fa in una pubblicazione del settote giovanile e scolastico della FIGC dedicata a calcio, scuola e educazione abbiamo scritto.
Qualunque sia il mio ruolo nello sport, anche quello di spettatore, mi impegno a:
- Fare di ogni incontro sportivo, poco importa la posta in palio e la rilevanza dell’avvenimento, un momento privilegiato, una sorta di festa
- Conformarmi alle regole e allo spirito dello sport praticato
- Rispettare i miei avversari come me stesso
- Accettare le decisioni degli arbitri e dei giudici sportivi, sapendo che, come me, hanno diritto all’errore ma fanno di tutto per commetterlo
- Evitare l’aggressione nei miei atti, nelle mie parole e nei miei scritti
- Non usare artifizi nè inganni per ottenere il successo
- Restare degno nella vittoria come nella sconfitta
- Aiutare gli altri sportivi, con la mia presenza, la mia esperienza e la mia comprensione
- Soccorrere ogni sportivo ferito, la cui vita è in pericolo
- Essere realmente ambasciatore dello sport, aiutando a far rispettare intorno a me i principi qui affermati
Ora invece si sente dire che dire “M….a” è solo una parola come un’altra perchè è ampiamente usata nel linguaggio comune e quindi non è offensiva. E’ chiaro, i ragazzi che insultano i giocatori non sono deliquenti come quelli che il calcio ci ha abituato a vedere e che non vengono perseguiti. Ciò non toglie che ai bambini vada insegnata l’educazione e a comportarsi in pubblico, in primis dai genitori.
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