Lo sport può curare la crisi della sanità

Pubblico l’articolo che Mauro Berruto, allenatore della nazionale di pallavolo, ha scritto per La Stampa a favore della pratica sportiva come mezzo per ridurre le spese sanitarie

Un euro investito per favorire la pratica, ne farà risparmiare 3 allo Stato
L’allarme lanciato dal premier Monti sulla futura insostenibilità del sistema sanitario nazionale è stato un cazzotto nello stomaco. Ha colpito duro, facendoci presente che per la concausa di tre fattori (crisi economica, invecchiamento della popolazione e conseguente aumento di richiesta di salute) un nostro diritto costituzionale rischia di diventare utopia. Per affrontare questo tema serve oggi uno sguardo orientato al futuro, che provi a vedere quello che altri non vedono: chi si concentra sui problemi non vede mai le soluzioni!
Esiste uno strumento potentissimo, un farmaco miracoloso: la pratica sportiva. Se un’azione politica, che è l’arte del definire la gerarchia delle cose importanti, considerasse le migliaia di pagine di evidenze scientifiche che dimostrano che una regolare pratica sportiva riduce l’incidenza e i relativi costi delle più classiche patologie del terzo millennio in maniera quantificabile, la soluzione sarebbe evidente.
La pandemia di inattività fisica che apre la porta a malattie cardiovascolari, obesità, diabete, a forme di patologie oncologiche, a disturbi della personalità è il vero nemico. Il rapporto fra investimento in pratica sportiva e conseguente risparmio del servizio nazionale non è un’opinione ma un dato scientifico: un euro investito ne fa risparmiare almeno tre, nel lungo periodo, al sistema sanitario nazionale. Oggi si parla di tagli lineari o di tasse sulle bibite gassate ma il vero investimento sul nostro futuro è quello di appassionarci, insieme ai nostri figli, all’attività fisica come consuetudine quotidiana. Succede, senza andare troppo lontano, in tutti i Paesi scandinavi. Sarà un caso che questi sono fra i pochi Stati europei con la AAA delle agenzie di rating? Immaginate la bellezza di una via italiana al wellness, fondata sui principi della nostra cultura alimentare e dello sport praticato, non solo guardato.

Il nostro Paese avrebbe le caratteristiche per diventare una start-up mondiale, un punto di riferimento globale. Serve un atto rivoluzionario che collochi l’educazione alla pratica sportiva nella gerarchia delle cose importanti a partire dalla scuola primaria, il luogo dove si imparano le passioni. Una regolare attività fisica non è oggi solo un atto individuale. È dovere civile, esprime rispetto nei confronti della comunità. È il modo più efficace di difendere il nostro diritto costituzionale alla salute. Il parametro per misurare il grado di civiltà di un paese è l’eccellenza che si vede nei suoi ospedali, scuole e nello sport. Potremmo essere quel tipo di Paese, se solo lo credessimo e volessimo. Lo sport è strumento di socializzazione, integrazione, è palestra di regole, scuola di fatica, disciplina, merito. Tutti d’accordo: queste sono parole chiave di cui oggi l’Italia ha fame.

Tuttavia c’è una novità dirompente: lo sport è un investimento economico che può salvare il nostro sistema sanitario nazionale. Non c’entrano, per una volta, le parole agonismo, prestazione, vittoria: saranno meravigliosi effetti collaterali di un numero aumentato di sportivi praticanti. La priorità è migliorare il nostro capitale umano e convincerci che l’ennesimo Rinascimento del nostro Paese, in termini economici ed emozionali, passerà anche attraverso la cultura sportiva.

 

 

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