La rabbia nel tennis

L’altro giorno stavo osservando in un circolo di tennis una partita fra quattro signore che hanno passato la maggior parte del tempo a chiedersi “Scusa.” Lo dicevano alla compagna di doppio dopo un errore, alle avversarie quando la palla prendeva la rete o dopo un colpo fortunoso. Vi era molta attenzione a controllare la situazione dal punto di vista emotivo, per evitare che l’altro, compagna o avversaria, s’irritasse. Emozioni anche se diverse le mostrano pure i più giovani, quando continuano a parlarsi insultandosi e dicendosi le peggiori cose su di sé e neanche i campioni sono immuni da queste espressioni emotive. Senza scomodare John McEnroe, basti ricordare che il tranquillo e educato Federer da ragazzo era molto indisciplinato in campo. L’episodio di violenza offerto da Nalbandian durante la finale del torneo londinese del Queens non è altro che una riprova estrema di quanto il tennis stimoli nei giocatori l’emergere di una condizione di fragilità emotiva che, alle signore di buona famiglia fa dire ripetitivamente “Scusa, scusa” mentre negli atleti determina veri e propri scoppi d’ira o naturalmente anche la condizione opposta, e cioè stati di catatonia fisica e mentale che portano a perdere i set a zero.
L’ira nel tennis ha un effetto devastante sulla prestazione, poiché nessuno è in grado di gestirla a proprio favore, è una condizione che annebbia la mente, con effetti sul fisico che portano a sentire il braccio rigido mentre la racchetta diventa una clava da agitare vorticosamente a vuoto. Non è un caso che i tennisti contemporanei emettano dei versi vocali o per meglio dire gridino nell’atto di colpire la palla. Infatti il grido svolge diverse funzioni:
• Determina nel giocatore la percezione di colpire più forte la palla. Attraverso l’urlo s’imprime più forza al colpo.
• Scarica la tensione emotiva che si sta provando in quel momento. Alzare il volume della voce di solito impedisce l’accumulo di stress.
• E’ un comportamento primitivo per affermare la propria dominanza su quel territorio. Vi ricordate il grido di Tarzan nella foresta?
• E’ un comportamento teso spaventare l’avversario. L’oggetto della propria aggressività è l’altro che va emotivamente dominato.
Da questi comportamenti emerge che il tennis è un gioco in cui bisogna mostrare quelle emozioni che sono utili per condurre il proprio gioco e, non a caso, servire bene è un fattore decisivo perché in esso si fondono insieme tecnica, forza e cattiveria agonistica. Se uno di questi tre aspetti è carente il tennista ha un problema importante da risolvere e il suo avversario se è bravo ne trarrà sicuramente vantaggio.
Quindi accanto al miglioramento tecnico è imprescindibile un significativo impegno a migliorare mentalmente quale che sia il livello di abilità che si possiede.  Tennis mentale: http://www.tennisworlditalia.com/?section=corso&id=14&pag=-1

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