Fare l’atleta o lo studente?

Sono stato invitato a parlare a un convegno che tratterà il tema di come conciliare durante la scuola media superiore le necessità dello studio con l’attività agonistica. La risposta è scontata, nel senso che un giovane deve riuscire in questo intento, poichè è indispensabile per il suo futuro che acquisisca quelle competenze culturali, metodologiche  e scientifiche/classiche/professionali che solo la scuola può offrire, indipendentemente dalla scelta dell’orientamento curriculare. Sto parlando non tanto di chi svolge un’attività a livello ricreativo, in cui può quindi scegliere la frequenza e l’intensità di partecipazione in funzione del tempo libero che è in grado di garantirsi ma di coloro che svolgono un’attività agonistica, che al contrario è regolata secondo ritmi e tempi che le sono propri e che sono contrattabili dal giovane in modo molto limitato. Fare sport agonistico e seguire un corso di studi impegnativo richiede un impegno totale che porta a escludere ogni altra attività in un contesto nel quale spesso gli insegnanti considerano l’altra attività come un ostacolo all’apprendimento. Una soluzione spesso tentata dai genitori e dalle società sportive e d’iscrivere questi giovani a scuole private o in istituti in cui vi è una più positiva considerazione dello sport. La fama e la popolarità del club sportivo (come nel caso di quelli di calcio) o il vivere in città di provincia possono essere fattori facilitatori. Nel nostro paese il sistema scolastico non si è mai interessato a come riuscire a coniugare questi due aspetti della vita, mentre per la musica vi sono i conservatori e il liceo artistico è un sistema per formare i ragazzi all’interno di un mondo che ha loro interessa. Un ragazzo o una ragazza devono quindi prevedere almeno tre ore di studio e altrettanto di allenamento; con l’aggiunta delle ore di scuola sono almeno 11 ore al giorno. A queste va aggiunto il tempo per gli spostamenti, minimo altre due ore al giorno (spesso sono di più per chi vive in una grande città). Sono pertanto 13 ore al giorno. A mio parere la questione sta in questi termini, chi non è disposto a seguire  questo tipo d’impegno, a mio avviso, dovrebbe lasciare lo sport. Perchè lo sport agonistico di alto livello è una carriera per pochissimi e in Italia non essendoci alcun supporto da parte delle istituzioni vige la regola della giungla, per cui pochi ce la fanno a dispetto dei tanti che periscono. Mi spiace essere così diretto ma non vedo altre soluzioni. I ragazzi e le ragazze devono acquisire un titolo di studio di scuola superiore ottenuto con il loro lavoro e non pagato dai genitori, perchè questo è indispensabile per il loro futuro professionale, se vi riescono coniugando insieme lo sport benissimo, altrimenti devono abbandonare lo sport inteso come possibile carriera e continuare questa loro passione a livello ricreativo. Le famiglie sono fondamentali nel sostenere i loro figli, soprattutto nell’insegnargli  a sviluppare una concezione realistica e non illusoria del loro futuro. I genitori non devono mai abdicare al ruolo di guida dei loro figli e figlie o pensare che il successo sportivo sarà la loro pensione.

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